Quando si vedono fantasmi

Questa poesia scritta a Roma da Nuccio Romano narra dell’incontro con un fantasma. Il racconto lascia pensare che il fatto sia vero e che sia stato oggetto di racconto nella piazza del nostro paese per molto tempo. Io per la verità non lo conoscevo. La poesia è inserita nel giornale lu CASALE del 28 luglio del 1968 e si riferisce a un fatto accaduto almeno una ventina d’anni prima direi verso il 1950. Vi auguro buona lettura.

Personaggi della storia 
Nuccio Romano che era con Lucio quella sera
Lucio figlio "te lu NTONI Battaria
Ferruccio
Jalla
Mesciu Ninicchiu


Quando si vedono fantasmi

Era di sera verso l’imbrunire
E Ferruccio disse risoluto
Andiamo e torniamo adesso da casa mia
E lui tutto quanto stretto a se
Da casa e dal bar andava e veniva
Seduto davanti alla bicicletta
C’era Lucio figlio di “Ntoni Batteria”
E insieme andarono nella campagna di Ferruccio
Per poco non ci venne un colpo
Dopo aver finito di mangiare dei fichi d’india
Ma quando tornammo al paese
Prendemmo nella faccia tutti
I pomodori da serbo (te mpisa)
Eravamo tutti a metà strada
Le zolle di terra a terra e non si vedeva nulla
E un fantasma ci venne davanti
A Lucio figlio di “NTONI Batteria”
Ohi me cosa gli accadde adesso vi racconto
Si voltava per terra e così noi lo trovammo
Sotto un albero di fico selvatico
Immediatamente tutti quanti lo prendemmo e lo alzammo da terra
Ed era divenuto di colorito giallo come di cera
Chi imprecava contro quel giorno e chi contro i Santi
Che ancora si ricordano di quella sera
Tornammo indietro e poi cosa ci accadde
Ci tiravano addosso le pale di fico d’india
Tutte piene di spine peggio delle punes
E andammo a finire tutti sulle scale
Ma quando arrivammo tutti pieni di paura
Si sentì un rumore di catene
Eravamo tutti bagnati di sudore
Ed eravamo diventati rissi come peperoni
Il nostro amico JALLA che aveva preso coraggio
Salì sul terrazzo incoscientemente
Ma aveva perso il colore della faccia
E poi lo trovammo tutto impaurito al punto da farsi sotto per la paura
Ci è rimasto il ricordo di quella sera
E Lucio è rimasto da allora pieno di paura
Suo padre buonanima che era un costruttore di canestri
Ci disse che Lucio era ammalato
Aveva la febbre più alta di un mulo
Il medico gli prescrisse le supposte
Poverino dovette mettersele nell’ano
E allora non fece più proposte
Adesso che è adulto ed è sposato
Non parla mai di quella sera
Però lui si è spaventato
E se vede un ombra dice che si tratta di una farfalla
Mesciu NINICCHIU però lo sfotte sempre
E gli racconta le storie degli spiriti
La sera però torna lesto a casa
E ancora adesso non può vedere le camicie
Che sul terrazzo vengono messe ad asciugare
Sono i pomodori da serbo (te mpisa)
Che lo fanno ancora adesso impaurire
Poverino mi dispiace ma che posso fare?
So che è rimasto un po’ provato da questo
Ma è una cosa che si può riparare
Facendosi un lavaggio al cervello

Traduzione di Antonio Bruno







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