La Domenica andando alla messa nel paese più bello del Mondo


Se non riesci a dormire di notte
è perché sei sveglio nei sogni di qualcuno.
(Vecchia leggenda indiana)
In Chiesa ci sono andato sin da piccolo. Mi portava la mamma la domenica e la nonna Memmi durante la settimana di pomeriggio all’ora del Rosario.
Quando andavo con mia madre ricordo che le chiedevo se si dovesse pagare per partecipare alla messa e lei mi diceva che era completamente gratis. Non so perché ma ero scettico, non credevo che tutta quello splendore di paramenti sacri, statue ed altari fosse a disposizione di tutti gratis.
Quando arrivò l’età in cui potevo muovermi con i ragazzini con cui andavo alle scuole elementari finalmente partecipai alla messa in loro compagnia, smettendo di andarci “accompagnato dai genitori”. L’unica cosa che mi chiedeva mia madre era una sintesi del Vangelo della domenica per verificare se ci fossi andato davvero.
La Chiesa Madre di San Cesario negli anni 60

La Chiesa era quella della Piazza, il Duomo. Il paese più bello del Mondo aveva un’unica parrocchia, quella della Chiesa Madre. C’erano molte messe la domenica mattina a partire dalla messa del fanciullo, quella dei giovani e quella degli adulti. I maschi erano disposti sulla destra mentre le donne erano a sinistra. Le donne adulte avevano il velo nero, mentre le ragazzine e le giovani avevano in testa un velo chiaro che le veniva dato dopo la prima comunione.
Sono andato a messa con gli amici delle elementari per tutti gli anni 60, sempre alla stessa, quella delle undici e sempre allo stesso banco, il terzo a destra partendo dall’altare.
Da casa mia sino alla piazza era una bella passeggiata ci voleva tempo per arrivare che noi impiegavamo facendo grandi discorsi tra di noi. In genere di sognava, si sognava tanto.
Poi negli anni 70 nel rione delle case popolari in cui abitavo arrivò don Giuseppe Tondo che s’era messo in testa di fondare una nuova parrocchia. E ci riuscì. Costruì prima un salone e poi una vera e propria chiesa che può essere ammirata ancora oggi.
Questo prete mi aveva preso a ben volere dalla prima ora. Mi faceva leggere la lettura nel salone chiesa. Avevo una paura folle di parlare in pubblico ed ero sopraffatto dall’ansia ogni volta che il buon don Giuseppe mi annunciava che avrei dovuto leggere. Ma ripeto, lui era talmente gentile e dolce, che per me era impossibile rifiutare il suo invito.
Tutto questo avvolgente corteggiamento mi impedì di continuare a frequentare il Duomo così come invece avrei desiderato. Pur sentendo forte il richiamo della Chiesa della mia infanzia non me la sentivo di dire di no a don Giuseppe. Mio padre invece proprio non riusciva a venire nella nuova parrocchia. Lui diceva che sarebbe continuato ad andare a messa dove era sempre andato. Solo che aveva una certa propensione anticlericale. Era allergico ai preti. Avrei scoperto poi la ragione che risiedeva nella circostanza che il prete di allora gli aveva negato uno di quegli incarichi che vengono affidati ai cuccioli che vanno al catechismo come fare il chierichetto o cantare nel coro. Lui affermava che i preti facevano quello che volevano e per collaboratori si sceglievano chi volevano loro. Come potevo dargli torto?
La messa nella nuova parrocchia era alle 10.00 e io ci andavo ogni domenica. Ma non ci andavo solo per la messa, andavo alle prove del coro e poi per le riunioni che convocava don Giuseppe con un biglietto scritto a macchina che faceva recapitare nella mia casa dalle donne che collaboravano con lui.
Feci nuove amicizie in quegli anni che mi avrebbero accompagnato sino all’Università e che però sarebbero finite proprio in quegli anni di studio. Erano giunte nuove suggestioni e soprattutto le frequentazioni lontane da San Cesario mi permettevano di esprimermi liberamente, senza più condizionamenti e quindi inevitabilmente, preferì questa possibilità alla consuetudine.

Antonio Bruno

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