Francesco Barbieri di San Cesario, ha costruito l'orologio più grande del mondo

 Francesco Barbieri di San Cesario, ha costruito l'orologio più grande del mondo



Il sole batteva forte su Piazza Sant’Oronzo, come sempre. E lì, al centro di tutto, si ergeva l’Orologio delle Meraviglie, fiero come un vecchio soldato che non ha mai abbandonato il suo posto. Dall’alto del Palazzo di quella che fu la sede di Lecce della Banca Commerciale Italiana, dall'inizio degli anni '50, l’orologio dominava la piazza con dignità e un pizzico di superbia. Non era solo un segnatempo; era un’opera d’arte, una dichiarazione di grandezza.

Francesco Barbieri, l’uomo che lo aveva forgiato nel 1955 su commissione della Banca Commerciale Italiana, aveva infuso in quel pezzo di metallo tutta la sua anima. Tre anni e sei mesi di lavoro, un numero che suonava come una marcia costante. Cinquantadue fusioni, venti quintali di bronzo e rame smaltato, dieci metri di altezza e tre metri di larghezza. Non erano solo numeri, erano segni di una grandezza che voleva sfidare il tempo. Alla fine dell'impresa, La Domenica del Corriere celebrò l’artista con una tavola illustrata da Walter Molino, annunciando orgogliosamente: “Dopo tre anni e sei mesi di lavoro, Francesco Barbieri di San Cesario, ha costruito l'orologio più grande del mondo, per Piazza Sant'Oronzo di Lecce” .

L’Orologio delle Meraviglie non è solo un oggetto; è esso stesso una particolarità. Una variante sul tema barocco che si inserisce nell’architettura urbana con la stessa naturalezza con cui un papavero rosso spunta in un campo di grano dorato. Non chiede di essere ammirato, ma sarebbe giusto, in segno di rispetto e gratitudine, concedergli almeno uno sguardo fugace, un tributo alla sua presenza imponente.


Osservandolo da vicino, si può notare che la sua base rettangolare è composta da un mosaico e smalti veneziani, incorniciata in rame. La struttura dell’orologio è divisa in tre parti: inferiore, centrale e superiore. Nella parte inferiore, si trova il quadrante, un vero e proprio occhio che scruta la città. La sua pupilla, uno smalto azzurro magnifico, ospita numeri romani intervallati da figure prese in prestito dai tarocchi: l’amore, la giustizia, la fortezza, il diavolo, e molti altri. L’iride di un rosso affascinante è attraversata dalle lancette. L’estremità di quella delle ore è decorata con la Stella Polare e un Serafino, mentre il gallo canterino e la prima fase della luna ornano quella dei minuti. L’orbita, infine, è una conchiglia che accoglie Eolo, una bussola e stelle, accompagnati dalle fasi lunari.

Sopra questo occhio, si innalza il grande ventaglio centrale, ispirato all’astrologia. Qui, in una volta celeste terrena, si trovano la Costellazione dell’Orsa Maggiore e la Stella Polare, con dodici caselle smaltate che rappresentano i mesi dell’anno, ciascuna come un piccolo rifugio celeste. Gli elementi floreali che adornano i lati del ventaglio riportano alla realtà, un tocco di barocco che rassicura e riporta all’armonia.

La parte superiore dell’orologio è altrettanto affascinante. Rende omaggio allo stemma della Terra d’Otranto, ma con una variazione: oltre al delfino e alla mezzaluna, vi compaiono anche il sole e rami di olivo e melograno, simboli di una terra florida e feconda. Qui, il richiamo astrologico della parte centrale si fonde con elementi divini: i dodici segni zodiacali sono posti in una cornice semicircolare, mentre ai lati, a sinistra l’Arcangelo Gabriele e a destra la Vergine che riceve l’Annuncio completano il quadro. Al centro, un sole esplode con il suo smalto giallo e i raggi in bronzo, riportando l’attenzione verso il Carro del Sole, con la sua quadriga di cavalli che trasporta Febo, il dio del sole.

Ma il tempo, quel nemico invisibile, aveva fermato le lancette dell’orologio. La polvere si era accumulata, coprendo la sua magnificenza. Tuttavia, qualche anno fa, il Banco di Napoli e un team di restauratori della ditta Emilio Colaci di Alessano decisero di riportarlo all'antico splendore. Lo fecero rinascere, come un’araba fenice, e grazie al potere dei media, l’Orologio delle Meraviglie divenne nuovamente un simbolo, una meta turistica degna di attenzione.

E così, anche oggi, l’Orologio delle Meraviglie continua a guardare la città, un gigante silenzioso che, nonostante tutto, non ha mai smesso di raccontare la sua storia. Una storia che merita di essere ascoltata, anche solo per un attimo, anche solo con uno sguardo fugace.

Antonio Bruno


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