Otto MODI in cui il tuo INCONSCIO ti IMPEDISCE di vivere la VITA dei tuoi SOGNI

 Otto MODI in cui il tuo INCONSCIO ti IMPEDISCE di vivere la VITA dei tuoi SOGNI


Ogni generazione manifesta una propria «monocultura»: una forma di governo o un sistema di convinzioni che vengono accettati inconsciamente come verità assoluta. Non è difficile, per esempio, intuire quale fosse la monocultura dominante nella Germania degli anni Trenta o nell'America del 1776. A quei tempi e in quei luoghi, a nessuno sarebbe venuto in mente di mettere in dubbio cosa fosse giusto o sbagliato, anche se, con il senno di poi, in alcuni casi sarebbe stato meglio farlo.

Sviluppare uno sguardo oggettivo sugli effetti della monocultura prevalente, però, è un altro paio di maniche. Quando un'idea viene assimilata come «verità assoluta», è difficile coglierne la natura culturale e soggettiva. Senza neanche accorgercene, tutti noi abbiamo interiorizzato una versione ben precisa di ciò che è considerato «normale» e «ideale», finendo per adattarci a un modello che non corrisponde ai nostri desideri: da qui deriva gran parte del nostro malessere.

BRIANNA WIEST, 101 riflessioni che cambiano il tuo modo di pensare



Lo scritto che segue è di Antonio Bruno

Questa riflessione ci porta a considerare la monocultura dei nostri giorni: la cultura patriarcale della competizione. Humberto Maturana, nel suo lavoro, ha approfondito come la visione del mondo basata sulla competizione, la dominazione e l'individualismo sia profondamente radicata nella nostra società, al punto da diventare un modello di pensiero dominante e accettato acriticamente.

Secondo Maturana, il patriarcato è "una configurazione culturale che si fonda sulla negazione dell'altro" (Maturana, El sentido de lo humano). In questo sistema, la competizione non è solo incoraggiata, ma diventa la lente attraverso cui vengono giudicate le relazioni umane e il successo personale. In altre parole, la nostra cultura patriarcale della competizione impone un modello di vita basato sulla lotta per il potere e la supremazia, in cui l'altro viene percepito come un avversario da superare, piuttosto che un partner con cui collaborare.

Maturana evidenzia anche come questa visione distorca profondamente il nostro modo di relazionarci e vivere, poiché "la competizione rompe le reti di cooperazione che rendono possibile la vita" (Maturana, La biología del amor). La competizione, vista come il motore della vita sociale e individuale, non solo ci allontana dalla nostra umanità, ma ci condanna a un'esistenza di insoddisfazione e conflitto, in cui l'altro diventa una minaccia piuttosto che una fonte di arricchimento e crescita reciproca.

In questo senso, la cultura patriarcale della competizione può essere considerata una monocultura, nel senso che pervade ogni aspetto della nostra vita, dall'educazione al lavoro, dalle relazioni personali alle politiche sociali. Essa ci costringe a conformarci a un modello che non solo è disumanizzante, ma che nega la nostra stessa natura biologica e culturale come esseri cooperativi e relazionali.

Maturana ci invita a riconoscere e mettere in discussione questa monocultura, sottolineando che "solo attraverso la riflessione e la consapevolezza possiamo liberarci delle trappole della cultura patriarcale e costruire una società basata sull'amore, la cooperazione e il rispetto reciproco" (Maturana, Transformación en la convivencia). Il suo messaggio è un appello a superare la visione limitata e distruttiva della competizione come valore centrale, riscoprendo invece il valore della convivenza e della cooperazione come fondamenti di una vita piena e autentica.

Antonio Bruno

Qualsiasi monocultura tende ad appropriarsi degli aspetti che danno maggior significato all'esistenza umana (il patriottismo, la religione, il senso di sé), ed è possibile individuare diversi modi in cui il sistema nel quale viviamo ci condiziona nel profondo, tanto che siamo noi stessi a metterci i bastoni fra le ruote non appena cerchiamo di uscire dai suoi ingranaggi.

Eccone otto esempi fra i più comuni:

01. Credi che per realizzarti sia necessario capire cosa vuoi davvero e poi cercare di ottenerlo, ma in realtà la tua struttura psicologica non ti permette di prevedere cosa ti renderebbe felice.
Come spiega Daniel Gilbert in Stumbling on Happiness, il cervello umano è in grado di percepire solo ciò che conosce già: quando pensi di sapere cosa vuoi dal futuro, in realtà stai solo cercando di riprodurre una soluzione o un ideale che ha funzionato nel passato. E quando le cose non vanno come vorresti, ti abbatti e senti di aver fallito solo perché la situazione non corrisponde esattamente alle tue aspettative. È però probabile che la realtà sia migliore di come l'avevi immaginata, ma in un modo nuovo e sconosciuto, che il tuo cervello etichetta come «sbagliato». Morale della favola: vivere il presente non è un'utopia riservata ai maestri zen e agli illuminati; anzi, è l'unico modo per non lasciarsi sopraffare dalle illusioni. Solo così il tuo cervello imparerà a capire davvero.

02. Pensi che il successo sia un «punto di arrivo», quindi potrai considerarti davvero felice solo quando riuscirai a scattare l'istantanea perfetta della tua vita.
Tendiamo a convincerci che un momento isolato della nostra vita possa rappresentarla nel suo complesso. Siamo talmente abituati a credere che il successo sia un punto d'arrivo (un traguardo in cui abbiamo raggiunto tutti i nostri obiettivi) da usare lo stesso parametro per il presente: potremo dirci felici solo se gli affari andranno a gonfie vele o se il nostro discorso di presentazione farà colpo sugli ascoltatori. Dimentichiamo che ogni cosa è transitoria, e che un singolo istante non potrà mai racchiudere in sé tutte le sfaccettature dell'insieme. Non dobbiamo «arrivare» da nessuna parte. È inutile affannarsi lungo la strada, perché in fondo ci attende una sola, inevitabile meta: la morte. Il successo non consiste nel realizzare i nostri obiettivi, ma nel crescere mentre ci impegniamo per realizzarli.

03. Pensi che seguire l'istinto significhi cercare solo la felicità ed evitare a tutti i costi la paura e il dolore.
Se stai pensando di fare qualcosa che ami davvero e che ti coinvolge anima e corpo, è naturale provare paura e dolore: quando ti esponi, ti rendi vulnerabile. Non farti frenare dai sentimenti negativi: sono soltanto segnali del fatto che stai intraprendendo una strada che ti spaventa, e che quindi vale la pena di percorrere. Se non desiderassi davvero farlo, non proveresti alcuna emozione. Paura = interesse.

04. Tendi a creare drammi e problemi inutili perché hai paura di vivere appieno la vita.
Andare in crisi senza un reale motivo è una vera e propria strategia di evitamento, un modello di comportamento messo in atto per proteggere se stessi e fuggire dalle proprie paure. Pensi di provare rabbia o tristezza per un problema di cui tu stesso sei artefice, ma non è così: in realtà, dietro al tuo desiderio di creare complicazioni si nasconde semplicemente la paura di lasciarti andare e vivere la vita che vorresti.

05. Ritieni che per cambiare le tue convinzioni sia necessario adottare una nuova linea di pensiero, anziché creare situazioni che le confermino.
Una convinzione è un pensiero in cui credi perché un'esperienza vissuta lo ha reso evidente. Se vuoi cambiare la tua vita, devi cambiare le tue convinzioni. Se vuoi cambiare le tue convinzioni, prendi coraggio e vivi esperienze che le rendano inconfutabili ai tuoi occhi. Non il contrario.

06. Consideri i problemi come ostacoli che ti impediscono di raggiungere i tuoi obiettivi, mentre invece ti indicano il cammino.
L'imperatore e filosofo Marco Aurelio scrisse: «Un impedimento all'azione è uno stimolo all'azione. L'ostacolo sulla via diventa esso stesso la via.» Ovvero: incappare in un problema ti obbliga a fare qualcosa per risolverlo. Questo ti conduce inevitabilmente a pensare e a comportarti in modo diverso, a fare scelte inusuali. Il problema diventa un catalizzatore che ti permette di realizzare la vita che hai sempre desiderato: una bella spintarella che ti farà uscire dalla tua zona di comfort!

07. Sei convinto che il tuo passato definisca chi sei oggi e, peggio ancora, che sia una realtà immutabile. In verità, la percezione che hai di te stesso cambia insieme a te.
Le esperienze vissute nel passato hanno molteplici sfaccettature e sei tu a decidere quali far prevalere: un determinato ricordo, una sensazione, un'emozione, i fatti nudi e crudi... è ciò che provi in quel momento a farti compiere la scelta. In molti rimangono prigionieri del proprio passato, lasciando che li incaselli o li perseguiti, semplicemente perché non sono consapevoli del fatto che è proprio il passato ad averli condotti fino a qui, alla vita che desideravano. Questo non vuoi dire minimizzare eventi dolorosi e traumatici o far finta che non siano mai accaduti; significa piuttosto accettare quei momenti e riuscire a collocarli nella cronologia della propria evoluzione personale.

08. Ti lamenti, ti accanisci o tenti in tutti i modi di cambiare gli altri, le situazioni e le cose, ma arrabbiarsi significa riconoscersi.
Il più delle volte ci alteriamo quando identifichiamo nell'altro un aspetto di noi stessi che non riusciamo ad accettare. A un certo punto della tua vita sei stato indotto a credere che alcuni tuoi comportamenti (in particolare quelli dettati dall'inconscio) non fossero accettabili, quindi li hai repressi e hai fatto di tutto per tenerli a bada. In fin dei conti, però, non si può dire che questi comportamenti ti dispiacciano. Perciò, quando riconosci in un'altra persona un atteggiamento che tu hai dovuto imbrigliare, perdi le staffe: non perché lo disapprovi, ma perché devi lottare contro il desiderio di assecondarlo. Gli aspetti che amiamo negli altri sono quelli che amiamo in noi stessi. Gli aspetti che odiamo negli altri sono quelli che non riusciamo a vedere in noi stessi.

BRIANNA WIEST, 101 riflessioni che cambiano il tuo modo di pensare


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