"Il Richiamo di Lecce" (racconto)
"Il Richiamo di Lecce"
C’era un profumo nell’aria, come di zagara e caffè appena fatto. Ero a Lecce, di nuovo. Non ci tornavo da anni, ma questa città aveva un richiamo a cui era impossibile resistere. Le strade strette del centro storico, con le loro pietre bianche consumate dal tempo e dalle storie, sembravano sussurrarmi qualcosa. Come se volessero ricordarmi chi ero e chi avevo amato.
Era autunno, e l’aria aveva quella freschezza che ti accarezza la pelle e ti fa venire voglia di un maglione leggero e di un abbraccio. I colori del barocco leccese, con le sue sfumature dorate e i dettagli quasi esagerati, si stagliavano contro il cielo azzurro, così limpido che sembrava quasi irreale. Era come se tutto avesse più vita, più colore.
Pensavo a Laura. Era sempre nei miei pensieri, come una canzone che non riesci a toglierti dalla testa. Mi chiedevo se lei fosse ancora in questa città, se camminasse per queste stesse strade con quella sua leggerezza che sembrava sfidare la gravità. La sua risata mi ronzava nelle orecchie, quel suono che aveva il potere di farmi dimenticare tutto, anche chi ero.
“In tempi di crisi, dobbiamo tutti continuare a decidere chi amiamo”, mi ripetevo. Era una frase che avevo letto in un libro, non ricordo quale, ma mi era rimasta impressa. Forse perché era vera. Amare qualcuno, scegliere di amare qualcuno, non è mai una decisione facile. Soprattutto quando la vita ti lancia contro tutte quelle difficoltà, quei momenti in cui tutto sembra in frantumi.
Camminavo per il centro, i miei passi riecheggiavano tra le pareti di pietra, e i ricordi mi avvolgevano come una coperta. C’era un tempo in cui io e Laura ci sedevamo sui gradini della Basilica di Santa Croce, con una bottiglia di vino e un sacchetto di taralli, a parlare della vita. Lei diceva sempre che il mondo era troppo grande per restare fermi in un posto, ma io sapevo che il suo posto era qui, a Lecce. La sua anima apparteneva a questa città, a questi colori, a queste voci.
Mi fermo davanti a un bar, il sole del pomeriggio scalda la facciata e io decido di sedermi. Ordino un caffè e il cameriere mi guarda con un sorriso familiare, come se ci conoscessimo da sempre. In effetti, qui a Lecce, è facile sentirsi a casa. La gente ha quel modo di accoglierti, di farti sentire che sei parte di qualcosa di più grande, di una storia che va avanti da secoli.
Mentre sorseggio il caffè, guardo il viavai della gente. Le coppie che si tengono per mano, i bambini che corrono, le signore anziane che chiacchierano davanti ai negozi. Mi chiedo se anche Laura si trova in mezzo a questa folla, se magari sta camminando proprio dietro l’angolo. Un pensiero che mi conforta e mi fa sorridere.
Sei con me nel sonno di ogni autunno, sei con me nella passione di ogni primavera, penso. E mi rendo conto che, in fondo, non importa dove sia Laura o cosa stia facendo. Perché l'amore non è un luogo fisico, ma un modo di sentire. E io la sento con me, in ogni respiro, in ogni sguardo che lancio al cielo limpido di Lecce, in ogni pietra che tocco.
E forse è proprio questo il segreto. Continuare a scegliere, ogni giorno, chi amiamo. Anche quando non ci sono, anche quando le strade della vita ci portano lontano. Perché l’amore, come Lecce, trova sempre il modo di riportarti a casa.
Antonio Bruno
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