"Ossessioni d'Amore" (racconto)

 

"Ossessioni d'Amore"



Lo ammetto: non consideravo mai se provavo dei sentimenti, se mi accorgevo che una donna era interessata a me, eccomi pronto a conquistarla per portarmela a letto. Per me, l'amore era solo un gioco, un modo per sentirmi vivo. Vedevo ogni incontro come una sfida, ogni sguardo incrociato come un segnale di via libera, ogni parola sussurrata come un invito a entrare nel loro mondo. E io entravo, senza pensarci due volte, senza badare alle conseguenze. Il mio unico obiettivo era il momento, l'adrenalina del qui e ora, il brivido della conquista.

Ma c'è stato un momento in cui tutto è cambiato, un momento che non avevo previsto, un momento che ancora oggi non riesco a dimenticare. Era una serata come tante altre, un locale affollato, la musica che riempiva l'aria, luci soffuse che creavano un'atmosfera intima. E lei era lì, seduta al bancone, un bicchiere di vino rosso tra le mani, lo sguardo perso chissà dove. Bella in un modo che non riuscivo a definire, ma che mi attraeva come una calamita. Le mie gambe si mossero quasi automaticamente verso di lei, e prima che potessi rendermene conto, ero al suo fianco, le parlavo, le sorridevo.

Non era difficile conquistarla. Il suo sorriso era timido, i suoi occhi sembravano curiosi di sapere di più su di me. Ci parlammo per ore, la sua voce era come una melodia che non volevo smettere di ascoltare. Mi raccontò di sé, dei suoi sogni, delle sue paure. Io, da parte mia, giocai la parte del seduttore esperto, capace di ascoltare, di affascinare con le parole giuste al momento giusto. E funzionò. Quando ci baciammo, fu come se il mondo intorno a noi scomparisse. La portai a casa mia, e quella notte fu l'inizio di qualcosa che non avrei mai potuto immaginare.

Ma non fu solo una notte, non per me almeno. Nei giorni e nelle settimane che seguirono, pensai a lei più di quanto avrei voluto ammettere. La cercavo in ogni donna che incontravo, sperando di ritrovare quella scintilla, quella connessione. E più cercavo, più mi rendevo conto di quanto mi mancasse. Era come un'ossessione, un pensiero fisso che mi accompagnava in ogni momento della giornata. Non mi importava di chi altro avrei potuto incontrare, di quante altre donne avrei potuto conquistare. Volevo solo lei. Ero caduto nella trappola del transfert, senza nemmeno accorgermene.

E non fu la sola. Un'altra volta accadde la stessa cosa. Un'altra donna, un'altra serata, un'altra notte di passione. E poi, di nuovo, l'ossessione. Mi resi conto che quelle donne, che in un primo momento non significavano nulla per me, avevano lasciato un segno profondo, un marchio indelebile. Mi ero illuso di poter giocare con i sentimenti degli altri senza mai compromettere i miei, ma ora capivo che mi sbagliavo. Quei momenti di passione, quelle notti di amore apparentemente senza conseguenze, avevano scavato dentro di me un vuoto che non riuscivo a colmare.

E così passai anni, forse decenni, a rincorrere quelle sensazioni, a cercare di rivivere quei momenti, a inseguire un'ombra che non avrei mai più potuto afferrare. Mi ero condannato a una vita di insoddisfazione, di rimpianti, di sogni non realizzati. Eppure, non potevo fare a meno di continuare a cercare, di sperare che un giorno, in un altro bar, in un'altra serata, avrei potuto ritrovare quella magia, quell'amore che, senza saperlo, avevo sempre desiderato.

Forse è questo l'amore, mi dissi. Forse è solo un eterno inseguimento, una corsa disperata verso qualcosa che non possiamo mai davvero afferrare. Ma, anche se così fosse, vale comunque la pena di provarci. Perché, in fondo, non è l'amore ciò che ci rende vivi?

Invece l’amore, lo sapevo bene, non è mai ossessione. Era una lezione che avevo imparato a mie spese, attraverso una serie di incontri e scontri che avevano segnato la mia vita. Cresciuto in una città frenetica e rumorosa, avevo sempre visto le relazioni come un gioco, un modo per dimostrare il mio valore, un campo di battaglia dove la vittoria era sinonimo di conquista.

Ma tutto cambiò quando incontrai Laura. Era un pomeriggio d’estate, il sole si rifletteva sul lungomare di Roma, e lei era seduta su una panchina, un libro in mano e un sorriso che sembrava illuminare tutto intorno. Non era una bellezza appariscente, ma c’era qualcosa di magnetico in lei. La mia attenzione fu catturata da quel sorriso sincero, e nonostante il mio solito atteggiamento di seduttore, qualcosa in me cominciò a cambiare.

Iniziai a frequentare Laura. Non era come le altre, non era un gioco da conquistare e abbandonare. La nostra conversazione fluiva naturale, i suoi occhi brillavano di intelligenza e curiosità, e io mi trovavo a desiderare qualcosa che non avevo mai cercato prima: una connessione profonda e sincera. Ma proprio quando mi sembrava di aver trovato qualcosa di autentico, qualcosa di vero, le cose presero una piega inaspettata.

Laura, sebbene fosse affascinata da me, aveva delle riserve. Aveva vissuto una delusione amorosa che le aveva lasciato ferite profonde, e non era pronta a concedere il suo cuore senza una certezza. Io, da parte mia, non riuscivo a comprendere perché non riuscisse a fidarsi di me, perché non potesse vedere al di là delle mie cicatrici e delle mie vulnerabilità. La mia frustrazione crebbe, e iniziai a cadere in una trappola pericolosa: l’ossessione.

L’ossessione, mi accorsi troppo tardi, non era amore. Era il desiderio di vendetta contro chi mi aveva scartato, la voglia di dimostrare che ero capace di farla innamorare per poi lasciarla, di rispondere al suo scetticismo con un trionfo personale. Ogni sms non risposto, ogni incontro rinviato, era una ferita che si aggiungeva alla mia delusione. Iniziai a cercare la sua attenzione con ogni mezzo possibile, ma la mia determinazione si tramutò in una spirale di gelosia e rancore.

Laura, dal canto suo, non reagì come speravo. Non si fece trascinare in un gioco di vendetta. Invece, decise di mettere fine alla nostra relazione, non per mancanza di sentimenti, ma per preservare la sua integrità e il suo benessere. La mia reazione fu violenta: mi chiusi nel mio mondo di autoindulgenza, cercando conforto in altre avventure senza futuro.

Fu solo quando mi ritrovai solo, immerso in una solitudine che mi sembrava infinita, che iniziai a riflettere su quanto era successo. L’amore non è mai ossessione, capii finalmente. L’ossessione è il frutto di una delusione mal gestita, un desiderio di vendetta travestito da romanticismo. Laura non era mai stata una preda da conquistare o un trofeo da esibire; era una persona con sentimenti autentici e una storia complessa.

Quella lezione mi segnò profondamente. Decisi di cambiare il mio approccio verso l’amore, di smettere di giocare e iniziare a vivere le relazioni con la serietà e la sincerità che meritano. Non era facile, ma sapevo che era l’unico modo per trovare ciò che cercavo davvero.

E così, mentre il sole tramontava sul lungomare di Roma, mi ritrovai a guardare le onde del mare con una nuova consapevolezza. L’amore non è mai ossessione. È comprensione, è rispetto, è accettare l’altro per quello che è, senza cercare vendetta o conferme. E forse, in quel momento di calma e riflessione, iniziai a capire cosa significasse veramente amare.


Antonio Bruno


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