La Stanza del Tempo (racconto)

La Stanza del Tempo




Aspettare è doloroso. Dimenticare è doloroso. Ma non sapere quale decisione prendere è la peggiore delle sofferenze. Questo pensiero ronzava nella testa di Marco, come un’ape imprigionata in un barattolo di vetro. Era seduto al tavolo della cucina, la tazza di caffè davanti a sé ancora intatta, mentre fuori dalla finestra un raggio di sole lottava per farsi strada tra le nuvole.

Era una giornata come tante altre, ma il peso di una scelta non fatta rendeva tutto più opprimente. Marco aveva sempre creduto di essere una persona decisa, uno di quelli che non perdono tempo in esitazioni. Eppure, eccolo lì, immobile come una statua di marmo, con il cuore che batteva all’unisono con il ticchettio dell’orologio a muro. Un secondo, un altro secondo. E ogni secondo era un granello di sabbia che cadeva, inesorabile, nella clessidra della sua indecisione.

La questione era semplice, almeno in apparenza. Tre nomi, tre volti, tre vite che si intrecciavano con la sua. Da un lato c’era Anna, il primo amore, quella che conosceva ogni piega del suo carattere, che condivideva con lui ricordi d’infanzia e sogni mai sopiti. Stare con lei significava scegliere la sicurezza del conosciuto, il calore di un abbraccio che sapeva di casa.

Dall’altro lato c’era Marta, la fiamma recente, l’energia di un sentimento nuovo e travolgente. Marta era un vento di passione che scuoteva ogni sua convinzione, che lo spingeva a essere migliore, a uscire dalla sua zona di comfort. Con lei si sentiva vivo, desiderato, capace di affrontare il mondo a testa alta.

E poi c’era Laura, l’amica di sempre, quella che c’era stata nei momenti bui e in quelli di luce, che con uno sguardo sapeva capire tutto di lui. Era una compagna silenziosa, una presenza discreta, ma il loro legame aveva cominciato a prendere una piega diversa. Laura era quella che conosceva le sue fragilità e lo amava anche per quelle, con una dolcezza che sapeva di eternità.

Aspettare è doloroso. Marco lo sapeva bene. Ogni mattina si svegliava con il cuore pesante, come se il sonno non fosse bastato a liberarlo dai pensieri. Ogni sera, si addormentava sperando che la notte portasse consiglio, ma al risveglio la nebbia della confusione era ancora lì, più densa che mai.

Dimenticare è doloroso. Avrebbe voluto ignorare i propri sentimenti, mettere a tacere il cuore e lasciar parlare solo la ragione. Ma come si fa a dimenticare tre sguardi che ti hanno guardato come se fossi l'unico al mondo? Come si fa a seppellire tre sorrisi che hanno illuminato anche i suoi giorni più bui?

E poi c’era quella terza sofferenza, quella che gli stringeva il cuore come una morsa ogni volta che il telefono squillava, ogni volta che un messaggio illuminava lo schermo. Era il dolore di non sapere quale decisione prendere. Era la consapevolezza di essere fermo a un bivio, con lo sguardo rivolto al passato e il futuro che lo chiamava con una voce incerta, lontana. Marco si sentiva come un funambolo sospeso su un filo sottile, tra tre grattacieli. Sotto di lui, il vuoto.

Alla fine, si alzò. Lasciò la tazza di caffè intatta e si avvicinò alla finestra. Il raggio di sole aveva vinto la battaglia con le nuvole e ora illuminava la stanza con una luce calda, rassicurante. Marco chiuse gli occhi e respirò profondamente. La verità, si disse, è che non esistono decisioni giuste o sbagliate, solo percorsi da scegliere. E forse, quello che conta davvero non è dove si arriva, ma come si cammina.

In quel momento, sentì il peso sulle sue spalle alleggerirsi, anche solo di un poco. Forse non aveva ancora una risposta, ma per la prima volta dopo tanto tempo si permise di sorridere. Il futuro avrebbe portato nuove sfide e nuove scelte, ma ora sapeva che, qualunque cosa fosse successa, lui avrebbe trovato la sua strada. Aspettare era doloroso. Dimenticare era doloroso. Ma c’era una luce in fondo al tunnel della sua indecisione, e quel giorno, decise di iniziare a camminare verso di essa.

Antonio Bruno

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