"La Valigia del Tempo" (racconto)

 "La Valigia del Tempo"



Me l'aspettavo, ma non mi aspettavo di vederla proprio così. Era una figura in lontananza, un’ombra che ricordava i suoi tratti familiari, un contorno che evocava ricordi confusi e a tratti sbiaditi. Man mano che si avvicinava, ogni passo sembrava riportarla indietro nella mia vita, come un’onda che ti investe senza preavviso. Dopo venticinque anni, un quarto di secolo, eccola lì, proprio davanti ai miei occhi.


"Non ci posso credere," dissi, più a me stesso che a lei. "Non è possibile che tu sia qui."


Lei si fermò a pochi passi da me, il volto segnato dal tempo, ma riconoscibile in ogni linea, in ogni espressione. I suoi occhi, che un tempo avevano brillato di una luce giovane e sognatrice, ora avevano un’intensità diversa, più profonda e riflessiva. Sembrava cercare le parole giuste, quelle che potessero spiegare tutto, che potessero riempire quel silenzio che ci separava.


"Ti vedo… e non so se sono felice o arrabbiato," dissi, scuotendo la testa. "Cosa vuoi da me dopo tutto questo tempo?"


"Non lo so nemmeno io," rispose, la voce tremante. "Avevo bisogno di dirti qualcosa. Avevo bisogno di chiudere un cerchio."


"Un cerchio? Dopo venticinque anni? Non è un po’ tardi per questo?"


Le parole erano uscite brusche, forse più di quanto avessi voluto, ma non riuscivo a frenarmi. La rabbia, che avevo pensato fosse sopita, tornava a galla, forte e inaspettata.


"Ti ricordi quando mi chiedesti cosa avrei fatto se un giorno fossi tornata con una valigia? Te lo avevo detto chiaramente. Avevo detto che ti avrei sbattuto la porta in faccia," dissi, citando la domanda che mi aveva fatto in passato, un ricordo che mi era rimasto impresso come un tatuaggio. "E adesso? E adesso che sei qui, con la valigia metaforica, cosa dovrei fare?"


"Non ho una valigia," rispose lei, "ma ho tante cose da dire. Non posso cancellare il passato, ma posso cercare di spiegarti perché sono andata via, perché ho fatto quella scelta. Mi è sempre pesata questa decisione."


"Senti," dissi, cercando di mantenere la calma, "le spiegazioni non cambieranno quello che è successo. Non cambieranno il fatto che mi hai lasciato per un’altra vita, per una famiglia che non ero io."


La sua espressione era di pura rassegnazione. "Lo so. E mi dispiace. Mi dispiace davvero tanto. Ma pensavo che, se almeno potessimo parlare, forse…”


"Forse cosa?" la interruppi. "Forse potresti ritrovare un pezzo del tuo passato? Forse potresti sentirti meglio con te stessa?"


"Non lo so," disse, gli occhi lucidi. "Magari è solo che avevo bisogno di affrontare i miei demoni, di chiedere scusa."


Le parole che si susseguivano tra di noi erano cariche di emozione e di tempo. E io, in fondo, non sapevo se le scuse bastassero a riempire il vuoto che c’era tra noi. Non ero più lo stesso di un tempo.


"Guarda," dissi, "il tempo ha il potere di cambiare le cose, ma non può cancellare tutto. Se davvero vuoi chiarire qualcosa, devi sapere che il prezzo potrebbe essere molto alto."


"Ho accettato questo rischio," rispose lei, "ma spero solo che tu possa trovare la pace, e magari anche un po’ di comprensione."


"Comincio a pensare," dissi, "che la vita non è altro che una serie di incontri e di addii, e che ogni scelta che facciamo ci porta su un sentiero diverso. Gli aforismi dicono che ‘siamo il risultato delle scelte che facciamo.’ Forse è vero."


"Possibile," ammise lei. "Ma forse è anche vero che a volte possiamo provare a correggere il corso delle cose, anche se a distanza di anni."


Restammo in silenzio per un momento, entrambi persi nei pensieri. La mia rabbia non era completamente svanita, ma iniziavo a percepire che la chiusura del cerchio che lei cercava non era solo per lei, ma anche per me.


"Parliamone allora," dissi infine, "ma solo se possiamo farlo senza illusioni. Solo se siamo pronti ad affrontare le verità che ci aspettano."


E così, con la consapevolezza che il tempo e le scelte avevano tracciato linee invisibili tra di noi, iniziammo a parlare, a cercare di costruire un ponte tra due mondi che sembravano lontani, ma che erano, in fondo, sempre stati parte dello stesso destino.


Antonio Bruno

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