"La Strada Giusta"

 


"La Strada Giusta"


C'è un vecchio detto, scritto su un pezzo di legno sbiadito, appeso sopra il bancone di una osteria che frequento da anni. Ci vado solo il lunedì, quando so che il barista è ubriaco e non farà domande. Sopra c’è scritto: “Aspettiamo e speriamo di trovare la strada giusta, e ci dimentichiamo che la strada giusta si trova camminando e non aspettando”.

Mi sono sempre chiesto perché qualcuno abbia scelto proprio quella frase, come se potesse davvero fare la differenza. Come se leggendo quelle parole tu ti alzassi e, improvvisamente, iniziassi a camminare senza guardarti indietro. Io cammino da sempre. Cammino da quando ricordo di essere stato un bambino, quando mio padre mi spingeva verso la strada sterrata e mi diceva di non fermarmi mai. Cammino, ma la strada non finisce mai. Cambia solo forma, cambia colore, e io cambio con lei. Non ho mai smesso di camminare perché ho capito che l'unica realtà che esiste è quella che vedo camminando, non c'è altro che la strada che sto percorrendo. È la mia realtà, è il mio destino. Significa che quella strada, per quanto incerta, è la strada giusta.

Ma c’è un dettaglio che non si può ignorare, un dettaglio che mi si è infilato nel cervello come un chiodo arrugginito. Si chiama Lara, con la sua risata che sembra la campana di una chiesa lontana, le sue mani fredde come se avesse sempre appena immerso le dita nel fiume. Mille volte le ho scritto, messaggi in cui le dicevo che volevo parlare con lei. Non facevo altro che mandarle e-mail. Lei, invece, mi rispondeva con poche parole. “Non voglio sentire la tua voce, non mi cercare. Lo scambio di e-mail è l’unico contatto che posso sopportare.”

Sono passati più di quindici anni dall'ultima mail. Quindici anni, e ogni volta che apro la casella di posta e non trovo niente, il chiodo si conficca un po' più a fondo. Nemmeno per caso la incontro. Non nei supermercati, non alle fermate degli autobus, non in quei bar che frequentiamo entrambi. Viviamo nella stessa città, camminiamo per le stesse strade, respiriamo la stessa aria inquinata, eppure è come se esistessimo in due universi paralleli, separati da un vetro opaco.

La verità è che desidero ancora avere una conversazione con lei. Non lo nego. Non è un desiderio che si dissolve come la nebbia del mattino. È un desiderio duro e freddo, come una pietra che tengo in tasca e che stringo nei momenti in cui la strada si fa troppo buia.

Ma ci ho rinunciato. Non faccio più nulla. Non le scrivo, non cerco di incontrarla. Ho accettato il silenzio come parte del paesaggio. Eppure, nel buio della notte, mentre cammino per le vie deserte della città, c’è una parte di me che la cerca ancora. La cerca nei volti che passano sotto i lampioni tremolanti, nelle finestre illuminate dei palazzi, nei riflessi delle pozzanghere.

Quella parte di me continua a camminare, perché sa che la strada giusta si trova solo camminando. E forse, un giorno, la troverò all'angolo di una strada, appoggiata a un muro, con le mani infilate nei capelli. E allora, senza una parola, sapremo che la strada giusta era quella che ci aveva separato per tutti questi anni.

Antonio Bruno

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