E te ne vai con amore

 



E te ne vai con amore 
Sei rimasto a lungo, come chi si siede su una panchina in un giorno di pioggia, sperando che il sole torni. Hai aspettato, paziente e fragile, come il filo d’erba che cresce tra le crepe del cemento, aspettando cambiamenti che non sono mai arrivati, parole che non sono state dette, gesti che non hanno mai sfiorato.

Eppure, amavi. Amavi di quel bene che ti stringe forte al petto, che ti fa pensare che domani sarà diverso, che forse basta solo resistere ancora un po’. Ma rimanere, restare immobile, è stato come camminare scalzo su una strada di vetro: ogni passo ti ha ferito di più, ogni silenzio è diventato un colpo di vento che ha aperto ferite che non volevano più richiudersi.

Hai iniziato a capire che restare significava perdere te stesso, come una foglia che si stacca dall'albero in autunno e non sa più dove cadere. E così, con dolcezza e un dolore leggero, hai scelto di andare via. Non per mancanza di amore, ma perché quell’amore, quel tuo amore per l’altro, era diventato un amore per te stesso.

Te ne vai non perché non ami più, ma perché hai imparato ad amare te, quella persona che hai dimenticato dietro a un “forse”, dietro a un “vedremo”. Ti allontani con il cuore pieno, con le mani piene di cicatrici e sogni, perché hai capito che a volte l’addio è una carezza per l’anima.

E te ne vai. Ma te ne vai con amore, lo stesso amore che un giorno credevi fosse destinato a qualcun altro, e invece hai scoperto essere per te.

E poi ti ritrovi
Te ne sei andato come fa il vento quando cambia stagione, silenzioso, ma deciso. E pensavi che andare via sarebbe stato come perdersi, un volo senza destinazione, come quelle nuvole che vagano senza mai sapere dove finiranno. E invece, andando, hai trovato strade nuove, ma soprattutto hai trovato te.

All'inizio è stato strano: il vuoto lasciato dalla sua assenza pesava come un cielo senza stelle, e le notti erano lunghe, piene di pensieri che ti giravano in testa come vecchi dischi che non volevi più ascoltare. Ti sei seduto accanto a quel silenzio, come si fa con un amico che non sa parlare, e lentamente hai iniziato a sentirti. Non più a sentirlo, non più a sentire voi, ma finalmente te.

E hai scoperto che, nel buio, le stelle tornano. Piano, una alla volta, cominciano a brillare dentro di te. Hai riscoperto cose che avevi dimenticato, piccoli piaceri nascosti sotto strati di compromessi. Camminare sotto la pioggia senza voler cercare riparo. Sentire il profumo di un libro nuovo e sapere che nessuno lo leggerà con te, ma va bene così. Ridere di un vecchio film senza dover spiegare a nessuno il perché.

E in quel silenzio, hai cominciato a sentir crescere un suono diverso. Il suono di una voce che non ascoltavi da tempo, la tua. Hai iniziato a parlare con te stesso, a farti domande nuove, a chiederti dove stavi andando, non più per qualcun altro, ma per te. Hai capito che il viaggio non era mai stato verso una meta lontana, ma sempre verso di te.

Ogni passo, ogni respiro, era un ritorno. E alla fine, dopo tanto vagare, hai capito che non ti eri perso affatto. Ti eri solo lasciato indietro. Adesso, invece, sei qui, intero, con le mani che tremano meno e il cuore che batte più forte. Non c’è più quel bisogno di correre verso qualcuno, né di fuggire. Ci sei tu, e basta. E scopri che è abbastanza.

E poi sorridi, perché in fondo, andando via, non hai mai smesso di andare incontro a te.

Antonio Bruno

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