Quello strano gusto nel guardare i leader che si picchiano con le parole


 Quello strano gusto nel guardare i leader che si picchiano con le parole

Da ragazzo, quando c'era una rissa tra due compagni di classe, ci radunavamo tutti intorno. Chi tifava per l'uno, chi per l'altro. L'importante era incitare, alimentare la tensione. "Dagli, più forte!" si gridava, quasi per aggiungere carburante a quel fuoco.

Ieri sera, in televisione, due uomini in giacca e cravatta si picchiavano. Non fisicamente, certo, ma con le parole. E intorno a loro, in un altro tipo di capannello, c'eravamo noi. A guardare, a scegliere un lato, a sperare che uno "vincesse". Sembra che le cose non siano cambiate molto, nemmeno ora che siamo adulti.

Oggi, sui giornali, ci sono già i resoconti. Chi ha prevalso? Chi ha saputo "colpire" più duro con le parole? Un po' come negli sport, nei match di boxe o calcio: c'è sempre qualcuno che vince e qualcuno che perde. Ma qui non si tratta di sport. Si tratta di persone che dovrebbero guidarci, che dovrebbero decidere per noi. Eppure ci troviamo a guardarli come se fossero pugili sul ring.

Mi domando: cosa ci guadagniamo davvero da tutto questo? Che beneficio trae la nostra società da un leader che "uccide" l'altro con le parole, che lo distrugge in diretta televisiva? In che modo, tutto questo teatrino, migliora la nostra vita quotidiana?

Forse, quando saremo tutti un po' più stanchi di guardare queste "risse verbali", ci rendiamo conto che ciò di cui abbiamo davvero bisogno non è chi riesce a sconfiggere l'altro, ma chi è capace di costruire qualcosa insieme agli altri.

Io mi faccio delle domande. Forse dovremmo farcele tutti.

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