Lettera da Giove (racconto)

 


Lettera da Giove

Ti ho scritto una lettera dal pianeta Giove, un luogo lontano, freddo e desolato, dove la gravità è così forte che sembra schiacciare ogni emozione, tranne una: l’amore. L’ho spedita con un missile, come una missione impossibile, perché, a dirla tutta, qui le parole non scorrono così facilmente come sulla Terra. Mille cuori in tumulto, battiti forti, mi rimbombano dentro. Sai, sulla Terra mi manca l’ispirazione, e quando mi sento perso, vengo qui, tra le stelle, in cerca di consolazione. È come se dovessi allontanarmi dal mondo per capire cosa sento davvero per te.

Ho scritto una poesia d’amore per te, parola per parola, come un fiume in piena che travolge ogni resistenza. Ti ho sognata ancora, sai? Non era un’illusione, eri lì, davanti a me, come quella volta al mare. Il sole giocava con i tuoi capelli, il tuo corpo si stiracchiava lentamente sulla sabbia, ed io, immobile, restavo senza fiato. È in quei momenti che capisco davvero quanto ti voglio. Ti voglio adesso, per una volta ancora, come un desiderio impossibile da soffocare.

Lei non era bellissima, dicono. Ma non è forse l’arte stessa a non dover essere bella? Deve farti provare qualcosa, deve prenderti l’anima e scuoterla. E tu lo fai, ogni volta. Quando ti vedo, sento quel brivido, come davanti a un capolavoro, e capisco che, anche se le cose non sono andate come avrei voluto, è stato meglio così. Meglio lasciarci, che non esserci mai incontrati.

Accettare non è rassegnazione. Ho imparato che è una postura adulta, una prospettiva matura sulla vita. Da bambini non accettiamo il “no”, ma crescere significa comprendere che l’altro ha il diritto di dirlo, e noi di rispettarlo. Con dignità, il dolore diventa sopportabile, quasi trasformativo.

Io non sono qui per rispondere ai tuoi bisogni, né per cercare di essere l’uomo che vuoi. Non sei mia figlia, non sono qui per prendermi cura delle tue aspettative. Ci si incontra davvero solo nel movimento spontaneo delle anime. Io sono qui per essere me stesso, naturalmente, senza sforzi o maschere. E se tu saprai accettarlo, e io saprò fare lo stesso con te, allora avremo quella magia. Essere che diventa esserci.

Gli antichi saggi dicevano che quando ci si trova a un bivio, bisogna fare tre giri su se stessi, disorientarsi, e poi scegliere la direzione in cui si trova il nostro volto dopo il terzo giro. È così che trovo la mia strada, non seguendo la logica, ma l’istinto, lasciando che sia il caso o forse il destino a indicarmi la via.

E forse, alla fine, è davvero questo che ci ha separato. Un bivio. Quante volte mi sono chiesto se avrei dovuto lanciare una moneta per decidere: testa o croce? Ma la verità è che non ne ho avuto bisogno. La strada da prendere la conoscevo già, solo che non volevo vederla. La resistenza non era nel cuore, ma nella mente. E ora lo so. Se mai un giorno tornerò a incontrarti, non sarà più con la domanda sospesa di un bivio, ma con la certezza di chi ha scelto.

Quando ricevette la lettera, il cuore di lei sussultò, come se un vecchio eco fosse tornato a galla dal passato. Non era preparata. Non lo era mai stata, non per lui, non per quello che significava. Si sedette in silenzio, con il foglio tra le mani, e iniziò a leggere. Ogni parola sembrava scendere lenta, come una goccia che cade da una foglia, e per un attimo il suo respiro si fermò.

"Ti ho scritto una lettera dal pianeta Giove". Un sorriso amaro le attraversò il volto. Giove, un luogo così distante, freddo, lontano. Era esattamente lì che lo immaginava: distante. Lui era sempre stato lontano, anche quando erano vicini, anche quando i loro corpi si erano toccati e avevano condiviso tutto. Eppure, anche da quella distanza siderale, riusciva ancora a colpirla. Ogni sua parola arrivava come una piccola scintilla nel buio della sua quotidianità.

Continuò a leggere, e il ricordo di quel giorno al mare la colpì come un’onda. Lei, distesa sulla sabbia, che si stiracchiava al sole. Non aveva mai saputo che lui la guardava così. Lo immaginava distratto, perso nei suoi pensieri, e invece era lì, presente, ad assaporare ogni suo gesto. Il pensiero le fece venire un nodo alla gola, un misto di nostalgia e dolcezza. Era stato così anche per lei, ma non l'aveva mai detto. Forse non aveva avuto il coraggio.

Ma poi arrivò la parte più dura. "Meglio lasciarci che non esserci mai incontrati." Quelle parole le si attorcigliarono dentro come spine. Loro due non erano mai stati facili, lo sapeva bene. Ma il pensiero che lui accettasse così la fine, che ne parlasse come di un fatto ormai risolto, le fece male. Lei non sapeva ancora se aveva accettato tutto. Non con la stessa calma, non con quella lucidità che lui sembrava ostentare.

Accettare non è rassegnazione. Lo sapeva anche lei, o almeno ci provava. Ma c’era una parte di lei che non voleva accettare. Che ancora lo desiderava, che ancora cercava quella magia che avevano sfiorato solo per un momento. Forse non era mai stata abbastanza coraggiosa per lottare davvero per loro. Forse si era sempre chiesta se fosse la scelta giusta. E ora, leggendo quella lettera, si sentiva di nuovo al bivio che l’aveva tormentata per mesi.

"Io non sono qui per rispondere alle tue aspettative." Questo la colpì come un colpo secco. Lui aveva sempre avuto questa capacità, di essere così... disarmante. Così vero. Ma non era per questo che si erano allontanati? Lui era troppo se stesso, troppo libero, e lei aveva bisogno di ancore, di certezze. Eppure, nonostante tutto, lo amava ancora per quella sua libertà. Forse era proprio quella la magia di cui parlava: accettare l'altro per quello che è, senza cercare di cambiarlo.

Il passaggio sul bivio le diede i brividi. Disorientarsi... quante volte si era sentita così con lui? Quante volte aveva cercato una direzione, senza mai trovarla? Forse non c'era mai stata una vera scelta, forse avevano sempre saputo che quella era la loro strada. Ma ora, con la lettera tra le mani, si sentiva sospesa tra passato e futuro, tra il desiderio di lasciarlo andare e quello di tenerlo ancora.

Al termine della lettera, lei restò seduta a lungo. Il silenzio della stanza le riempì le orecchie, mentre il cuore le martellava nel petto. Quella lettera era un addio? O era una possibilità? Non sapeva dirlo con certezza. Lui parlava di distanze, di accettazione, ma anche di una magia che solo loro due avevano toccato.

Con un respiro profondo, chiuse gli occhi. In quel momento capì una cosa: non era pronta a chiudere la porta del tutto. Forse era disposta ad accettare, come lui aveva detto, ma non a dimenticare. Lui non era mai stato solo un ricordo, e quella lettera lo aveva riportato alla luce. Era disposta a scoprire se, in quel movimento spontaneo delle anime di cui lui parlava, poteva ancora esserci un nuovo inizio.

 

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