Intervista a Antonio Bruno sul libro “Se noi bruciamo. Dieci anni di rivolte senza rivoluzione” di Vincent Bevins

 

Intervista a Antonio Bruno sul libro “Se noi bruciamo. Dieci anni di rivolte senza rivoluzione” di Vincent Bevins 


Intervistatore: Oggi siamo qui con Antonio Bruno, attivista e pensatore dei movimenti sociali contemporanei. Antonio, grazie per essere con noi. Partiamo subito dal tema centrale di questa intervista. Negli ultimi decenni abbiamo visto proteste in tutto il mondo, dalla Tunisia a Hong Kong. Nel libro “Se noi bruciamo. Dieci anni di rivolte senza rivoluzione” di Vincent Bevins emerge una certa delusione per l'esito di queste mobilitazioni. Cosa pensi di questa riflessione? Qual è la tua opinione riguardo al fallimento dei movimenti di protesta globali?

Antonio Bruno: Grazie a voi. Bevins ha ragione nel sottolineare la frustrazione legata al mancato successo di questi movimenti. Tuttavia, credo che il vero problema non sia stato il fallimento delle proteste, ma l’idea stessa di cambiamento che ha guidato quei movimenti. Molte di queste rivolte si sono organizzate senza leader, ma non sono riuscite a costruire una nuova visione di mondo, proprio perché mancava una vera coesione. E qui è dove la mia proposta si discosta dalla tesi del libro. Credo fermamente che il futuro del cambiamento risieda nella co-creazione di un mondo senza leader, basato non sulla lotta contro il potere, ma sul reciproco riconoscimento di legittimità e rispetto.

Intervistatore: È una visione interessante e innovativa. Ci puoi spiegare meglio cosa intendi con "co-creazione del mondo senza leader"? Come potrebbe funzionare un sistema senza una figura guida?

Antonio Bruno: Certo. Quando parlo di "co-creazione", mi riferisco a un processo in cui ogni individuo, ogni gruppo, è considerato legittimo e degno di rispetto, indipendentemente dalle differenze culturali, politiche o sociali. Non c'è bisogno di un leader, ma di un riconoscimento reciproco. Questo riconoscimento non deriva da un potere imposto dall’alto, ma dalla volontà condivisa di costruire insieme una società in cui vivere. È un sistema in cui il rispetto reciproco nasce dal desiderio di coesistenza e dalla consapevolezza che nessuno può prevalere sull'altro. Questo approccio si basa su una relazione di collaborazione, in cui le persone si riconoscono come uguali, non come avversari.

Intervistatore: In altre parole, non ci sarebbe una leadership tradizionale, ma un modo di governare che si basa su relazioni orizzontali, in cui ognuno ha un ruolo attivo?

Antonio Bruno: Esattamente. La chiave è proprio il superamento della struttura verticale del potere. Le rivolte recenti sono spesso fallite perché, pur essendo orizzontali nelle forme, mancavano di una base solida di reciproco rispetto. Erano mosse da una necessità di abbattere, più che di costruire. Io credo che per creare un vero cambiamento, dobbiamo passare da una logica conflittuale a una logica costruttiva. Non si tratta solo di togliere il potere a qualcuno, ma di ridistribuire il potere in modo che ognuno possa partecipare attivamente. Questo richiede un riconoscimento reciproco della legittimità di ciascuno, senza il bisogno di imporre un'unica visione o un solo leader.

Intervistatore: Questo richiama il concetto di democrazia partecipativa, ma portato a un livello più profondo, dove il rispetto e la convivenza sono centrali. Come si può costruire questo tipo di società in pratica? Non ci sono rischi di anarchia o caos?

Antonio Bruno: È una domanda lecita. Il rischio di caos c’è quando manca il rispetto reciproco. Ma se partiamo dal presupposto che la base di ogni società sia il desiderio comune di vivere insieme, la dinamica cambia completamente. Non parlo di anarchia, bensì di una forma di organizzazione che nasce dalla cooperazione. Pensiamo alle comunità locali, ai gruppi che già oggi si organizzano dal basso. Sono esempi di come si possa creare ordine senza un leader imposto. Certo, richiede uno sforzo collettivo, ma la coesione si costruisce attraverso il dialogo continuo e il riconoscimento della dignità di tutti.

Intervistatore: In questo scenario, come vedi il ruolo delle nuove tecnologie, che hanno giocato un ruolo cruciale nelle proteste degli ultimi anni, ma spesso sono state anche accusate di creare divisioni?

Antonio Bruno: Le tecnologie possono essere un potente strumento di co-creazione, se usate correttamente. Il problema che abbiamo visto finora è che, invece di unire, spesso dividono, perché amplificano le differenze e polarizzano le discussioni. Tuttavia, se le tecnologie fossero utilizzate per facilitare il dialogo, per creare spazi virtuali di confronto e collaborazione, potrebbero diventare fondamentali in questo processo di co-creazione. Piattaforme digitali orizzontali, in cui le persone non competono per prevalere, ma collaborano per costruire insieme, potrebbero essere la chiave per superare molte delle difficoltà attuali.

Intervistatore: Il testo di Bevins ci mostra come molti movimenti, nonostante il loro iniziale slancio, non siano riusciti a raggiungere i loro obiettivi. In che modo la tua proposta può evitare lo stesso destino?

Antonio Bruno: La differenza sta proprio nel passare da un'idea di movimento di protesta a un'idea di movimento costruttivo. Le rivolte di cui parla Bevins erano spesso reazioni a regimi oppressivi, ma non sempre avevano una visione chiara di come costruire qualcosa di nuovo. Nella mia proposta, il focus è sul costruire insieme, sulla creazione di una nuova società attraverso il dialogo nelle conversazioni collaborative e il rispetto reciproco, e non semplicemente sull'abbattere l’esistente. Questo cambia completamente la dinamica: non si lotta contro, si lavora per. Se il cambiamento è basato su una collaborazione autentica, non ci sarà il rischio di ripetere i fallimenti del passato.

Intervistatore: Per concludere, c’è un messaggio che vorresti lasciare ai nostri lettori riguardo al futuro dei movimenti sociali e del cambiamento globale?

Antonio Bruno: Sì, il mio messaggio è che il cambiamento è possibile solo se iniziamo a riconoscerci l’un l’altro come legittimi e degni di rispetto. Dobbiamo abbandonare l'idea che ci sia un unico modo giusto di vivere o di governare, e aprirci alla possibilità di costruire insieme, attraverso la cooperazione e il desiderio di coesistenza. Il futuro non è nella lotta tra leader e popoli, ma nella collaborazione tra persone, basata su una profonda consapevolezza della nostra interdipendenza. Se possiamo farlo, possiamo creare un mondo più giusto e inclusivo.

Intervistatore: Grazie, Antonio, per questa visione illuminante. Le tue parole ci offrono una prospettiva diversa su come possiamo affrontare le sfide globali in modo costruttivo.

Antonio Bruno: Grazie a voi, è stato un piacere condividere queste riflessioni.

 

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