Il Potere, la Democrazia e la Collaborazione: una Riflessione Sistemica sul desiderio di cooperare
Il Potere, la Democrazia e la Collaborazione: una Riflessione Sistemica sul desiderio di cooperare
Nella nostra
esistenza come esseri umani, siamo costantemente immersi in un tessuto
relazionale che definiamo come cultura. La politica è uno dei tanti ambiti
della vita in cui tale tessuto si manifesta, e in essa vediamo l'eterna
tensione tra la conquista del potere e l'ideale di partecipazione democratica.
In questo contesto, possiamo osservare come i partiti politici, che si
presentano come portatori di speranza e cambiamento, ricadano frequentemente in
dinamiche di dominio e sottomissione.
È
interessante notare che molti si illudono di poter partecipare attivamente alla
vita democratica, fidandosi di quei partiti che promettono il potere ai
cittadini. Tuttavia, una volta che il potere è stato conquistato, spesso si
scopre che la democrazia partecipativa rimane un miraggio lontano. Come chi,
candidandosi alle elezioni Comunali di Lecce e poi delusi, mi ha sentito dire
loro: "Hai pensato che un partito, che ha l'obiettivo di conquistare il
potere per gestirlo come se fosse un potere assoluto, potesse darti la
possibilità della partecipazione democratica. Poi hai realizzato che la Democrazia
non era prevista". Questo tradimento non è solo una caratteristica di un
singolo partito, ma è strutturale al sistema politico in cui viviamo.
Come esseri
umani, siamo biologicamente predisposti a creare significato attraverso le
nostre interazioni sociali. Il potere, tuttavia, distorce queste interazioni perchè
viene gestito come un fine assoluto. Ogni partito, una volta arrivato al
governo, riproduce le stesse dinamiche che aveva criticato quando era
all’opposizione, alimentando così un circolo vizioso che ho chiamato
"l'illusione del cambiamento". Questo perché il potere, nella sua
forma attuale, si basa su una logica di competizione e non di cooperazione.
Il concetto
di competizione è profondamente radicato nella nostra cultura. "Viviamo in
una cultura patriarcale, una cultura della dominazione, che si manifesta in
ogni aspetto della nostra vita sociale" (Maturana, Il senso del umano,
1995, p. 132). In questo tipo di cultura, la collaborazione viene sovrastata
dall'idea che per avanzare, per avere successo, si debba necessariamente
sconfiggere l'altro. In politica, vediamo questa dinamica quando i partiti si
sforzano di demonizzare gli avversari, etichettandoli come un
"regime", solo per poi diventare essi stessi il nuovo regime una volta
conquistato il potere.
Il problema
è strutturale. La cultura della competizione si riflette non solo nei partiti,
ma anche nel mercato, che cancella fabbriche e posti di lavoro. Questo avviene
perché, nella nostra società, il valore primario è l'accumulazione di potere e
denaro, non la creazione di reti di cooperazione. Ma cosa accadrebbe se invece
abbracciassimo una logica diversa, una logica fondata sulla collaborazione?
"Le relazioni di dominio portano alla disintegrazione del sociale; le relazioni
di collaborazione portano alla sua integrazione" (Maturana, La realtà:
una costruzione sociale, 1997, p. 87).
Se, come
società, scegliessimo di conservare la collaborazione anziché la competizione,
il nostro sistema politico potrebbe trasformarsi radicalmente. La
collaborazione permette la co-creazione di mondi, una pratica che si basa sulla
reciproca comprensione e sulla fiducia, non sull'imposizione di un'unica
visione del mondo. Eppure, sembra che siamo costantemente intrappolati in una
narrazione di sottomissione e ubbidienza, come ho detto ai candidati delusi
delle ultime elezioni Comunali a Lecce: "Avresti avuto un qualche regalo
in cambio della tua sottomissione ed ubbidienza". Questa è una dinamica
profondamente disfunzionale, che non solo limita la nostra libertà, ma ci
allontana dalla possibilità di una vera partecipazione democratica.
Infine la
domanda fondamentale che dobbiamo porci è: cosa scegliamo di conservare?
Conservare la collaborazione significa riconoscere che la nostra esistenza è
intrinsecamente legata agli altri e che solo attraverso relazioni basate sulla
fiducia e sul rispetto reciproco possiamo costruire una società equa e giusta.
Come ho scritto altrove: "La cooperazione si fonda su relazioni
orizzontali, in cui non esiste il dominatore e il dominato, ma solo partner che
collaborano per il bene comune" (Maturana, Etica e biologia della
conoscenza, 1989, p. 43).
In questo
senso, la riflessione apre uno spazio di possibilità: possiamo decidere di
rompere con le dinamiche di dominio e competizione che ci imprigionano, e
abbracciare invece una visione della politica e della società basata sulla
cooperazione e la mutua comprensione. Io ho deciso di conservare questo
comportamento. E’ possibile farlo, lo possiamo fare tutti, è solo una questione
di desiderio.
Antonio
Bruno
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