Il Riconoscersi di Isabella e Pietro
Il Riconoscersi di Isabella e Pietro
Lecce, con
le sue strade di pietra dorata e le ombre danzanti delle palme al tramonto, era
una città che raccontava storie. Isabella camminava lungo via Vittorio
Emanuele, il suo passo leggero accompagnato dal profumo dei fiori di gelsomino
che si mescolava all’odore della pizza appena sfornata. I suoi occhi, due
scintille di curiosità, si posavano su ogni angolo, come se ogni sasso fosse un
pezzo di un puzzle che attendeva di essere risolto.
Pietro, dall’altro
lato della piazza, la osservava senza che lei se ne accorgesse. Era un ragazzo
semplice, con i capelli scompigliati e un sorriso che sembrava sempre pronto a
illuminare i momenti più bui. Quando i loro sguardi si incrociarono per la
prima volta, il mondo si fermò. Non era stato un incontro fortuito; era stato
un riconoscersi.
«Enea», Pietro
pensava al monologo di Luisa Ranieri
in Nuovo Olimpo di Ferzan Ozpetek , mentre il cuore batteva forte nel petto. Chi
si è voluto bene non si lascia mai. Questo pensiero lo accompagnava in quel
momento come una melodia sottile. C’è sempre, si ripeteva, anche se
non lo vedi. Non si erano frequentati, certo. Si erano incrociati in un
modo che sembrava casuale, eppure c’era una forza invisibile che li legava.
L’intensità di quel primo sguardo era stata sufficiente per farli sentire
uniti, come due anime che si erano già promesse qualcosa in un’altra vita.
Il tempo
passava, e Lecce continuava a danzare attorno a loro. Le piazze si animavano di
risate, i bar si riempivano di amici che brindavano alla vita, ma per Isabella
e Pietro esisteva solo quel momento, quel battito di cuore in più quando si
trovavano nei luoghi che frequentavano, come il Caffè Alvino, dove i loro
sguardi si incrociavano furtivamente. Ogni attimo di presenza dell’altro era un
regalo che si scambiavano, un segreto custodito tra le pieghe del quotidiano.
Isabella si
chiedeva come fosse possibile sentirsi così vicina a qualcuno che non conosceva
affatto. Le sue giornate erano costellate da pensieri di Pietro: la sua voce
che risuonava nella sua mente, le risate che condividevano in silenzio, i sogni
che si intrecciavano in un labirinto di emozioni. «E che vuol dire?» ripeteva
tra sé e sé, mentre il sole calava sul mare, tingendo il cielo di colori
impossibili. Non era il quanto, era il come, il modo in cui il loro mondo si
era avvolto in un abbraccio silenzioso, una danza segreta che solo loro
potevano comprendere.
Un giorno,
mentre il sole tramontava dietro il Duomo, Pietro si decise a parlare. La sua
voce tremava leggermente mentre si avvicinava a Isabella. «Ti ho vista», disse,
il cuore in gola, «e ho capito che c’era qualcosa tra noi, anche se non ci
siamo mai parlati davvero.» Isabella lo guardò, e nei suoi occhi vide riflesso
lo stesso pensiero che l’aveva accompagnata da tanto tempo. Non c’era bisogno
di parole elaborate, bastava il semplice riconoscersi. La magia di quel momento
era palpabile.
«Non è il
quanto, è l’intensità», rispose Isabella, e un sorriso si dipinse sul suo viso.
Enea, pensò, c’è sempre, anche se non lo vedi. Da quel giorno, la
loro storia d’amore non fu più un’idea vaga, ma un racconto scritto tra le
strade di Lecce, tra le risate e le promesse silenziose. Si scambiarono
sguardi, parole, e persino silenzi pieni di significato. La loro connessione
divenne un canto, una melodia che si diffondeva nell’aria, avvolgendo la città
con una dolce nostalgia.
E così,
mentre Lecce continuava a vivere nel suo ritmo vibrante, Isabella e Pietro
scoprirono che l’amore non ha bisogno di frequenze elevate o di lunghe
chiacchierate. Bastava uno sguardo, un sorriso, un riconoscersi. Si amavano con
una profondità che superava il tempo, come se avessero sempre saputo che il
loro destino era di incontrarsi in quella città che li accolse con le braccia
aperte.
Enea,
pensava Isabella, c’è sempre, anche quando non lo vedi. E Pietro, mentre
guardava Isabella all’orizzonte, sapeva di aver trovato qualcosa di eterno. La
loro storia era un canto dolce, un eco di amore che risuonava tra le strade di
Lecce, e ogni giorno si rinnovava, come il sole che sorgeva all’orizzonte,
portando con sé promesse e speranze, un attimo dopo l’altro.
Antonio
Bruno
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