Da studente del paese più bello del Mondo a rappresentante del Consiglio d’Istituto


Non ho mai capito le elezioni per il Consiglio d’Istituto durante la scuola superiore. Nel 1971 quando iniziai a frequentare il superiore non avevamo diritti, non potevamo fare assemblee né potevamo dire la nostra in qualità di studenti su ciò che si faceva a scuola. Decidevano tutto il preside e i professori. Meglio sarebbe affermare che decideva tutto il preside e i professori che non mettevano in discussione quello che diceva il preside.
Nel 1974 per la precisione il 31 maggio, con decreto del Presidente della Repubblica n. 416, venivano istituiti a livello di circolo, di istituto, distrettuale, provinciale e nazionale gli Organi Collegiali “…al fine di realizzare, nel rispetto degli ordinamenti della scuola dello Stato e delle competenze e delle responsabilità proprie del personale ispettivo, direttivo e docente, la partecipazione della gestione della scuola dando ad essa il carattere di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica”.
Io ormai ero giunto al quarto anno ma mio cugino Maurizio Colucci era al quinto anno e siccome era un militante della Dc organizzò una lista con lui stesso a capo e io al secondo posto e il mio amico Gianni Bruno al terzo posto. 
Si trattava di eleggere il rappresentante degli studenti in seno al Consiglio d’Istituto. La nostra era la lista dei Cattolici democratici (che poi era la Dc) ma c’era anche la lista dell’estrema sinistra extraparlamentare del Movimento studentesco e quella di destra del Fronte della Gioventù.
Stravincemmo le elezioni che siccome si facevano ogni due anni videro nel 1974 - 75 la partecipazione di mio cugino Maurizio ai Consigli d’Istituto mentre invece l’anno successivo, che anche per me sarebbe strato l’ultimo ovvero il 1975 – 76, ero io a interpretare quel ruolo perché avevo preso più preferenze del mio amico Gianni.
Ero entrato nella stanza dei bottoni. Prima di andarci avevo pensato che da quella postazione avrei potuto interpretare le esigenze degli studenti della scuola. Una volta che ci andai non trovai nessun  bottone da schiacciare, trovai solo delle noiose e lunghe riunioni per decidere se acquistare dei libri per la biblioteca o per le spese della scuola oppure per qualche visita guidata che si sarebbe dovuta fare. Una delusione grandiosa.

Per conquistare quel diritto dal 1968 gli studenti scioperavano un giorno si e l’altro pure per i motivi più svariati e in genere per solidarietà, c’era sempre questa parola prima della ragione dello sciopero: per solidarietà agli operai oppure per solidarietà al popolo vietnamita.
Mio padre mi diceva che gli operai scioperando perdevano il salario di quel giorno invece io perdevo un giorno di scuola e le informazioni nonché la formazione che ne consegue. Il mio era un investimento sbagliato. Dopo quel discorso limitai gli scioperi all’essenziale ovvero scioperavo solo quando nessuno, ma proprio nessuno entrava a scuola.
Mi ricordo che commentai in piazza a San Cesario questa cosa che era accaduta. Intanto nel 1975 ero l’unico a San Cesario ad essere rappresentante degli studenti, ma siccome c’era stata in tutte le scuole l’affermazione o della sinistra del Movimento studentesco o della destra del Fronte della Gioventù suonava a tutti un po’ stonata l’affermazione della lista dei cattolici democratici.
Anche su questa storia della lista cattolica c’era qualcosa di stonato. Mica eravamo solo noi ad essere credenti! Mica gli altri erano di fede musulmana o buddista. Erano credenti quelli del Movimento studentesco e altrettanto quelli del Fronte della Gioventù.
Ma c’era da parte della gerarchia ecclesiastica un attivismo diretto in tutte le elezioni persino in quelle del Consiglio d’Istituto delle scuole superiori.
Allora mi sembrava naturale che dietro le quinte delle elezioni di ogni tipo nei paesi ci fossero i preti e che in quelle delle scuole superiori e dell’università i vescovi. Io frequentavo le sagrestie e quindi quel Mondo per me era naturale che fosse una specie di sezione di partito politico, ci facevamo di tutto, passavamo il tempo e facevamo riunioni che invece di approfondire la parola di Dio servivano a parlare nella migliore delle ipotesi di sociologia e che invece più spesso spiaggiavano nella politica.
Ma adesso, dopo aver gustato la bellezza della spiritualità, non riesco a capire tutto quell’attivismo politico dei preti. E’ assolutamente incomprensibile perché la fede è un dono di Dio e non può essere ottenuta attraverso un proselitismo fatto di medaglie di cartone da assegnare. Non serve a nulla appuntarsi sul petto una medaglia di cartone, soprattutto non serve a indicare Gesù agli altri. Anzi nel caso di mio padre quelle medaglie di cartone l’allontanarono da ogni chiesa d’Italia e del Mondo.
Ma allora era così che andavano le cose e siccome non si muove foglia che Dio non voglia era tutto perfetto com’era, così come oggi è tutto perfetto com’è.


Antonio Bruno

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