"Il Cammino della Fontana" (racconto) Antonio Bruno ANNA E MARCO

"Il Cammino della Fontana"

C'era una volta Anna, una donna che aveva passato gran parte della sua vita a cercare di capire gli altri, come una spugna che assorbe tutto. Aveva imparato, fin da bambina, che doveva essere sempre disponibile per gli altri, pronta a offrire un orecchio attento e una spalla su cui piangere. Ma, dentro di sé, si sentiva sempre più vuota, esausta, come se il peso delle storie altrui avesse cancellato le sue.

Poi un giorno, incontrò Marco. Lui era diverso. Non perché fosse perfetto, ma perché aveva fatto pace con sé stesso. Aveva attraversato tempeste, aveva chiuso porte e riordinato i cassetti del suo passato. Non c'erano scheletri nascosti o ombre in agguato. Era una di quelle persone che avevano trovato il proprio equilibrio, quel raro stato di grazia che si ottiene solo dopo aver accettato il caos della vita.

Marco non era in un periodo di transizione, e non cercava qualcuno per riempire un vuoto. E soprattutto, non aveva bisogno di Anna come psicologa o assistente sociale. Le sue giornate non erano una giostra di emozioni confuse, e non era un fantasma che appariva e scompariva a seconda del suo umore. Con lui, Anna non si sentiva un'opzione, ma una scelta consapevole.

Si incontrarono una sera, in una di quelle serate dove l'aria ha il profumo dell'autunno e la città sembra respirare lentamente. Anna lo ascoltava parlare e, per la prima volta, si rese conto di non essere lì solo per assorbire. Era come se qualcosa in lei si fosse trasformato. Non era più una spugna, ma una fontana. L'acqua scorreva, dolce, senza bisogno di trattenere nulla.

Non era la passione sfrenata dei film, quella che ti brucia le ali e ti lascia a terra senza fiato. Era una cosa più semplice, ma infinitamente più profonda. Ogni gesto, ogni parola, aveva il peso e la leggerezza del presente. Non c'era fretta, non c'erano aspettative irrealistiche. Solo la consapevolezza che l'amore, quello vero, succede. Non si compra, non si vende, non si può forzare.

Anna aveva imparato, a sue spese, che il voler bene non si deve mendicare. Se qualcuno ci tiene a te, il tempo lo trova. Non esistono scuse, solo verità. E Marco era lì, pienamente presente, senza paura di mostrarsi per quello che era. Non cercava di impressionarla con parole vuote, né di nascondere le sue cicatrici. Anzi, le mostrava con orgoglio, come testimoni del cammino che lo aveva portato fino a lei.

Col passare del tempo, Anna capì che non era più necessario farsi comprendere da chiunque. Solo chi aveva un’anima simile alla sua poteva davvero capire il suo silenzio, i suoi sorrisi sospesi tra una parola e l'altra. Marco non cercava di riempirla di promesse, ma di momenti. E quei momenti, vissuti appieno, erano tutto ciò che contava.

Un giorno, mentre camminavano fianco a fianco, Marco si fermò e le disse: "Sai, anch'io mi sono innamorato due volte nella vita. Pensavo che sarebbe stato per sempre, ma entrambe le volte è finita. Eppure, non sono morto."

Anna sorrise, perché anche lei aveva creduto, tante volte, che l'amore fosse una linea retta, destinata a non spezzarsi mai. Ma adesso sapeva che la vita è fatta di curve inaspettate, di svolte improvvise. E che, se qualcuno fa di tutto per perderti, non ha senso rincorrerlo. Bisogna solo accompagnarlo allo svincolo più vicino e lasciarlo andare.

La loro storia non aveva bisogno di grandi dichiarazioni, di promesse eterne. Era fatta di attimi, di piccoli gesti quotidiani. Di risate improvvise e silenzi condivisi. E in quei momenti, Anna capiva che l'amore, quello vero, è come una fontana: scorre senza trattenere, offre senza chiedere nulla in cambio.

E così, in quella semplicità che aveva cercato per tutta la vita, Anna si sentì finalmente a casa. Con Marco, con sé stessa. E, per la prima volta, capì che l’amore non è una destinazione, ma il cammino stesso.

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