"Il Sereno di Mezzo Secolo" (racconto) Antonio Bruno SERENO E' Drupi 1974
Mezzo secolo fa...
Era l'autunno del millenovecentosettantaquattro, l'aria velata da un sereno inquieto, quello che solo il tempo sa plasmare. La canzone di Drupi, "Sereno è", scivolava nell'aria come un eco di giorni lontani, come una brezza che ci riportava indietro, ma con la dolcezza di chi non ha mai davvero lasciato il proprio passato. Mi sono ritrovato in quella melodia, come se fosse una macchina del tempo, e io, diciassettenne, ero ancora lì, esattamente come sono ora. Come se il mio essere di allora, i miei sogni, le mie inquietudini giovanili, non mi avessero mai davvero abbandonato.
Era il tempo in cui, entrando nel quarto anno, mi preparavo a lasciare le spalle alle materie che mi avevano accompagnato fin dalle medie. Ricordo bene quel momento preciso, quel senso di distacco da una parte di me. La matematica, che con il severo professor Renna era stata compagna fedele, scompariva dalla mia vita. Scompariva come una stagione che si chiude, mentre nuove materie prendevano il suo posto: Patologia Vegetale, Zootecnia, Coltivazioni erbacee, insegnate da volti familiari come il professor De Nitto e il professor Calasso.
Ed io, giovane, ma già proteso verso il futuro, verso la professione, abbandonavo con noncuranza la scia dei miei studi medi. Solo la letteratura resisteva, con la voce autorevole del professor Rollo, mio paesano, che mi parlava di parole antiche e significati eterni.
Eppure, in quel dolce autunno, la vita era completa, intera, immensa. La scuola mi riusciva bene, e bastava l'impegno delle ore mattutine per lasciare spazio, nei pomeriggi, al dolce abbandono della vita, quella vera. Quella fatta della compagnia di mamma e papà, della musica che riempiva ogni angolo di casa, della TV che illuminava la sera e del cinema che spalancava finestre su mondi lontani. E il paese, con le sue abitudini lente, come un rifugio sicuro, mi avvolgeva. Lecce? Sarebbe diventata un'abitudine solo l'anno successivo, quando l'ultimo anno di scuola, con l'Esame di Stato all'orizzonte, avrebbe richiesto la mia presenza più costante.
Ma oggi, a mezzo secolo di distanza, capisco che quegli anni mi hanno insegnato la serenità, quella stessa serenità che Drupi cantava nell'autunno del '74. Ho vissuto per tornare a quel sereno, a quel dolce vivere che, in fondo, non mi ha mai abbandonato.
Così, il tempo scorre in cerchi perfetti, e ciò che ero, ciò che sono, non è che un riflesso di quello che sarò.
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