"Il Coraggio di Volare" (racconto) Antonio Bruno INNAMORATO Jovanotti
"Il Coraggio di Volare"
Mi ricordo ancora quella sera, quella in cui tutto è iniziato. Sai, non è
tanto quello che è successo, ma il modo in cui lo ricordo che fa la differenza.
Come se i dettagli fossero un po' sfocati, ma la sensazione fosse lì, chiara,
limpida, dentro di me. Eravamo in un bar, uno di quei posti dove si entra quasi
per caso, e finisci per rimanerci ore a parlare, a guardarti negli occhi. Io
non cercavo niente, forse solo un po' di pace, e tu? Tu eri lì, a ridere di
qualcosa che non ricordo, e tutto sembrava improvvisamente avere un senso.
Nessuno ci prepara davvero all'amore. Siamo abituati a cercare risposte,
soluzioni, e alla fine ci accorgiamo che la vita non è altro che un insieme di
attese. Aspettiamo l'autobus, una telefonata, una svolta. Aspettiamo qualcuno
che ci dica che andrà tutto bene. E in quel bar, quella sera, non mi importava
più di aspettare. Tu eri lì e io ero lì. Il resto del mondo poteva aspettare.
Mia madre una volta mi ha detto: "Non cercare chi ti completi, cerca
qualcuno che ti ispiri." E tu eri proprio così, un'ispirazione. Non perché
fossi perfetta, ma perché, accanto a te, mi sentivo libero. Libero di essere
chi sono, libero di sognare, di cadere e di rialzarmi, libero di spiccare il
volo. Amami, ma non fermare le mie ali, dicevi. E io non le ho fermate. Anzi,
le ho aperte ancora di più.
Ogni volta che penso a noi, mi rendo conto che è tutto lì, in quel sottile
equilibrio tra il lasciarsi andare e il tenersi stretto. Come quando insegni a
tua figlia che non ha bisogno di nessuno per essere felice, ma che è bello
avere qualcuno con cui condividere il viaggio. O quando insegni a tuo figlio a
non dipendere da nessuno, a essere autonomo, a cercare una compagna e non una
cameriera.
L'amore vero, quello che dura, è fatto di spazi. Di silenzi pieni di
significato e di abbracci che non soffocano. È come il mare, che ti porta
lontano e poi ti riporta indietro, sempre. E noi eravamo così. Due anime che si
sfioravano, si cercavano, si ritrovavano. Forse perché aspettare, alla fine,
significa sperare. E io speravo in te, in noi, ogni giorno.
Ma la vita, lo sai, non è lineare. Ci sono i giorni in cui ti sembra di
poter toccare il cielo con un dito, e poi ci sono quelli in cui senti di essere
sospeso, in bilico tra sogno e realtà. Mi ricordo una notte in particolare,
quando ci siamo messi a parlare di tutto quello che ci faceva paura. Tu mi hai
detto: “Non temere di attraversare gli sterminati campi dell'irrazionalità”. E
io ti ho creduto. Mi hai insegnato che va bene avere paura, che va bene non
avere tutte le risposte.
E forse è proprio questo che rende tutto così speciale. Non la perfezione,
non la certezza, ma il coraggio di camminare insieme anche quando la strada è
buia. Di rimanere, anche quando sarebbe più facile andare. Di volare, anche
quando sembra che il cielo sia troppo lontano.
Alla fine, è sempre questione di ricordi. Quelli che scegliamo di
conservare, quelli che decidiamo di lasciare andare. E io, tra tutti i ricordi,
terrò stretto questo: la sensazione di averti accanto, di camminare mano nella
mano, di guardarci e sapere che, ovunque andremo, ci troveremo sempre.
Antonio Bruno
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