Intervista al Dott. Antonio Bruno sull'importanza della cooperazione rispetto alla competizione

 

Intervista al Dott. Antonio Bruno sull'importanza della cooperazione rispetto alla competizione


Intervistatore: Dott. Bruno, ha recentemente scritto un editoriale in cui sottolinea l'importanza della cooperazione rispetto alla competizione. Può spiegare meglio questo concetto?

Dott. Antonio Bruno: Certamente. La cooperazione, secondo me, è l'unica strada per risolvere i problemi complessi che affrontiamo, sia a livello nazionale che internazionale. Nella mia riflessione, riprendendo il pensiero della professoressa Nadia Urbinati, che ha sottolineato l'importanza di una riforma del sistema di Dublino per gestire la questione migratoria in Europa. Tuttavia, come affermo nel mio editoriale, la cooperazione è possibile solo se si desidera abbandonare la competizione. Questo non riguarda solo la politica internazionale, ma tutte le sfere della nostra vita, incluse l'economia e la società.

Intervistatore: A cosa si riferisce quando si parla di "cultura patriarcale della competizione"? Come possiamo superarla?

Dott. Antonio Bruno: La cultura patriarcale della competizione è quel sistema di valori che mette al centro la lotta per la supremazia e il controllo, sia a livello personale che istituzionale. È una cultura che ci insegna a vedere gli altri come avversari, anziché come partner. Superarla non è semplice, perché è radicata profondamente nelle nostre strutture sociali. Tuttavia, sono convinto che il cambiamento possa partire dal desiderio individuale di collaborare invece che competere. È un cambiamento interiore, una trasformazione del modo in cui vediamo il mondo e le relazioni con gli altri.

Intervistatore: Il suo approccio sembra piuttosto radicale. Crede davvero che sia possibile abbandonare completamente la competizione?

Dott. Antonio Bruno: Non si tratta di eliminare la competizione in ogni aspetto della vita, ma di trasformare il nostro atteggiamento predominante verso la cooperazione. Pensiamo al concetto di massima occupazione in Italia, un obiettivo che richiede l'unione di forze diverse, politiche, sociali ed economiche. Senza cooperazione, ogni sforzo è destinato a fallire. Lo stesso vale per la gestione delle crisi globali, come i cambiamenti climatici o la migrazione. Se i singoli Stati continuano a sostenere solo i loro interessi nazionali, non arriveremo mai a soluzioni sostenibili.

Intervistatore: Nel suo editoriale ha parlato anche della sfida di riformare il sistema di Dublino per gestire la migrazione. Come possiamo mettere in pratica la cooperazione a livello politico, considerando le diverse ideologie tra gli Stati membri dell'Unione Europea?

Dott. Antonio Bruno: Questo è un punto cruciale. La professoressa Urbinati ha evidenziato come la cooperazione sia la chiave per riformare il sistema di Dublino, ma non ha specificato come realizzarla concretamente. A mio avviso, tutto inizia con un cambiamento culturale. Dobbiamo abbandonare l'idea che ogni Stato debba fare da solo, difendere i propri confini a scapito degli altri. Gli Stati devono desiderare di cooperare, di riconoscere che siamo tutti parte di un sistema interconnesso. Questo non può essere imposto per legge, né essere il programma di un partito politico. È una consapevolezza che deve emergere nelle persone, nei cittadini che poi influenzeranno la politica.

Intervistatore: Lei ha parlato di una "buona notizia" e di una "cattiva notizia" riguardo alla possibilità di coltivare questo desiderio di cooperazione. Ci può spiegare meglio cosa intende?

Dott. Antonio Bruno: La buona notizia è che questo desiderio di cooperazione può nascere a livello personale, come una scelta consapevole di ciascuno di noi. Può essere coltivato attraverso l'educazione, il dialogo e la riflessione personale. La cattiva notizia è che non si può imporre per legge o attraverso la religione. Nessun governo o partito politico può forzare le persone a desiderare la cooperazione. È un cambiamento che deve avvenire in modo spontaneo, dalla base.

Intervistatore: In conclusione, quali sono i prossimi passi che dovremmo intraprendere, secondo lei, per promuovere questa cultura della cooperazione?

Dott. Antonio Bruno: Credo che il primo passo sia diffondere la consapevolezza di quanto la cooperazione sia essenziale per affrontare i problemi globali e locali. È importante che leader politici, intellettuali e cittadini delle comunità inizino a promuovere il dialogo e la collaborazione tra nazioni, organizzazioni e individui. Dobbiamo creare spazi in cui la cooperazione sia non solo possibile, ma anche valorizzata. È un cambiamento culturale, lento e complesso, ma essenziale per il nostro futuro.

Intervistatore: Grazie, Dott. Bruno, per il suo contributo e per aver condiviso queste riflessioni con noi.

Dott. Antonio Bruno: Grazie a voi. Buona riflessione.

 

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