"La Scatola di Mogano" (racconto) Antonio Bruno Ferro MENTRE ASPETTO IL TUO RITORNO
"La Scatola di Mogano"
Lui era un uomo abituato alla solitudine, ma non per scelta forzata, bensì
per una consapevolezza tranquilla che la vita è fatta per essere condivisa con
pochi, pochissimi. Era convinto che gli incontri veri, quelli che cambiano il
corso dei giorni e delle notti, avvenissero solo una volta, per volere del
destino. Così, in attesa di quel giorno, scriveva. Ogni mattina prendeva in
mano la penna e riempiva fogli di pensieri, racconti, desideri. Non aveva un
volto da immaginare, né un nome da pronunciare, ma sentiva che lei esisteva da
qualche parte. E quelle lettere, anche se non spedite, erano per lei, per la
donna che un giorno avrebbe incontrato.
"Ti aspettavo", le avrebbe detto, mettendole tra le mani una
scatola di mogano piena di quei messaggi. Lei avrebbe sorriso, forse scosso la
testa, chiamandolo matto. E in quel sorriso avrebbe capito tutto: non era la
follia a guidare l’amore, ma la delicatezza di chi sa aspettare, di chi sa
vivere nel tempo sospeso tra un sogno e la realtà.
Ma la realtà, quella vera, quella che lui conosceva, non era fatta solo di
attese e dolcezze. Era fatta anche di assenze, di silenzi che scavano l’anima,
di promesse mai mantenute. Così, quando pensava al passato, si accorgeva che
non era lei, quella che gli mancava, ma l’idea che aveva di lei. Quel ricordo
sbiadito di un amore che non c’era mai stato, se non nella sua mente, dove
tutto era perfetto, privo di difetti, luminoso come una stella che brilla da
lontano. La realtà, però, era un’altra cosa: era amore, sì, ma fatto di gesti
concreti, di attenzioni, di gentilezze quotidiane. E lei, quella vera, non era
mai stata in grado di donargliele.
Un giorno, forse stanco di aspettare, capì che non aveva bisogno di
sostituire quella mancanza con un altro volto, un altro amore. Perché
dimenticare qualcuno con qualcun altro era come voler fotografare il sole e
sperare che quella foto potesse scaldarlo nelle notti fredde. Così smise di
cercare fuori ciò che poteva trovare solo dentro di sé.
La verità era semplice e dolorosa: il loro tempo era finito. E,
accettandolo, lui si sentì libero. Libero di rinascere, di guardare avanti
senza più portarsi dietro il peso di quel passato che, in fondo, non poteva
essere stato diverso. Era così com’era, altrimenti sarebbe stato qualcos’altro.
Nelle sue riflessioni, lui capiva che l’amore non è mai solo sopportazione.
Amare è prendersi cura dell’altro, ma anche di sé stessi. È sapere quando è il
momento di lasciar andare qualcuno che non ci vede, che non ci nutre, che non
ci fa brillare. E se ogni tanto, ancora, si rammaricava per quel destino che
sembrava giocare con lui, si consolava con la consapevolezza che un giorno,
chissà quando, sarebbe arrivata. Lei. Quella donna che avrebbe riconosciuto non
dal volto, ma dal modo in cui avrebbe saputo amarlo. Interamente, senza mezze
misure, senza rimpianti.
Nel frattempo, continuava a scrivere. Per lei, per sé, per non dimenticare
che l’amore è un ricominciare continuo, un viaggio che non finisce mai. E
forse, alla fine, quello era il segreto più grande: sapersi amare abbastanza da
non accontentarsi mai. Mai di meno di quello che meritava davvero.
Antonio Bruno
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