Tra Sogno e Pietra (racconto) Antonio Bruno HO IMPARATO A SOGNARE Negrita
Tra Sogno e Pietra
Io non faccio che sognare. Non ricordo quando accadde la prima volta, né
così come abbia fatto a iniziare. Ma i sogni sono tutto ciò che ho, e da
qualche parte, lungo la strada, sono diventati il mondo in cui vivo. Un mondo
fatto di praterie sconfinate e foreste piene di misteri. Un mondo dove ogni
istante porta con sé qualcosa di nuovo. E chi può dire, davvero, che questo
mondo non sia un sogno?
La mattina a Lecce era chiara e calda. Il sole si infilava tra le persiane
come un'ombra dorata. Camminavo per la strada, le mani in tasca, cercando
qualcosa che non riuscivo a definire. Forse era solo il vento del sud o l'odore
della pietra antica riscaldata dal sole. Lecce, con i suoi vicoli stretti e le
sue piazze che sembravano stanche di aspettare, si muoveva lenta. E io
camminavo, senza fretta. Non c'era motivo di averne.
Passai davanti a una piccola bottega, una di quelle dove vendono ancora le
cose fatte a mano, cose che non ti servono ma che ti fanno fermare a guardare.
Forse era questo che cercavo. Forse no. Continuai a camminare.
Arrivai in Piazza Sant'Oronzo e mi sedetti su una panchina. Non c'era molto
da vedere, se non la vita che scorreva intorno. Le persone si muovevano
lentamente, come se sapessero che la fretta non porta mai nulla di buono. Mi
chiesi se anche loro sognavano. Se camminavano come me, in bilico tra due
mondi.
Il sole batteva forte sul bianco degli edifici barocchi. Il calore faceva
tremolare l'aria e, per un attimo, mi sembrava di vedere le pietre muoversi,
quasi respirare. Non c'era niente di magico in questo. Era solo la realtà che
si confondeva con i miei pensieri.
Andai verso l'anfiteatro romano. Le pietre lì erano più antiche, più dure.
Mi chiesi cosa ha visto nel corso dei secoli. Quante vite, quanti sogni, quanti
uomini si erano seduti su quei gradini, aspettando qualcosa che non sarebbe mai
arrivato. Sfiorai una delle pietre. Era calda sotto la mano, solida. Ma, nello
stesso tempo, sapevo che anche quel calore sarebbe svanito. Tutto lo fa, prima
o poi.
Mi voltai verso la Basilica di Santa Croce, con i suoi leoni di pietra che
sembravano guardare lontano. Mi chiesi cosa sorvegliavano davvero. Non c'era
niente di particolare lì, solo il vento che soffiava leggero tra gli ulivi.
Forse aspettavamo il cambiamento. O forse, come me, si limitavano a osservare.
La città era una distesa di luce e ombre, di sogni e storie che nessuno
raccontava. Continuai a camminare, senza una meta precisa. Forse il segreto era
proprio quello: non cercare di capire tutto. Lasciarsi andare e vedere dove ti
porta il sogno.
Arrivai fino a Porta Napoli e mi fermai. Guardai il cielo azzurro sopra di
me, così vasto, così aperto. Il vento caldo accarezzava la pelle. Chiusi gli
occhi e per un momento mi sentii solo con il mio respiro. Il mondo reale era
fatto di piccole cose. Il mondo dei sogni, invece, non aveva confini. Ma in
fondo, cosa cambiava?
Riapri gli occhi. Lecce era ancora lì, immutabile, con la sua storia e il
suo sole implacabile. Non c'era alcuna differenza tra il sogno e la realtà.
Erano entrambi parte di ciò che ero. E così, con il vento che mi accompagnava,
continuai a camminare.
Antonio Bruno
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