"La Rinuncia Necessaria" (racconto)

 "La Rinuncia Necessaria"




C'è un silenzio stasera che taglia, lo senti? Quella pausa di mondo tra il tuo cuore e il cielo, l’interruzione improvvisa di tutto il rumore che ti abita dentro. Eppure sei tu, come sempre, che cammini con lo stesso passo, la stessa domanda in testa. Solo che adesso c’è una risposta che conosci, ma non vuoi dire a voce alta.

Ti guardi indietro e lo vedi, quel bambino che piangeva senza sapere di cosa avesse bisogno. Una carezza, forse, una parola che sciogliesse quel nodo che nessuno ha sciolto mai. Te l'hanno promesso tante volte, a volte anche con gli occhi, senza parlare. Ma le mani rimanevano ferme, gli abbracci solo un pensiero. E tu, aspettavi. Hai aspettato tanto, per poi capire, un giorno che nemmeno ricordi, che l'attesa non era altro che un vuoto. Un vuoto che porti ancora con te, a ogni passo.

Ma ora ascolta, ti dico: devi smettere di cercare. Non c’è niente più da mendicare, niente da recuperare. L’amore che ti è mancato da piccolo, quell’amore lì, non tornerà. Lo capisci? Nemmeno chi oggi ti ama con tutto il suo possibile potrà mai darti quel pezzo che è rimasto indietro. Perché loro ti vedono adesso, con le tue spalle dritte, la tua voce da grande. Ti amano per ciò che sei diventato, non per quel bambino che eri e che ancora grida.

È una rinuncia, sì. E fa male come tutto quello a cui bisogna dire addio. Ma finché non deciderai di lasciare andare quell'attesa, tutto l'amore che proverai sarà come una richiesta, una supplica. Chiederai sempre qualcosa che nessuno può darti, come un’elemosina che non arriverà mai. E anche quando amerai tu, sarà un amare che implora, che cerca di riprendersi qualcosa che è stato perso tanto tempo fa. Non sarà amore adulto, sarà il pianto disperato di chi cerca di tornare indietro nel tempo.

Ti devi dire addio, lo capisci? Devi salutare quella parte di te che non ha mai avuto l’amore che avrebbe meritato e che non avrà mai. Solo allora potrai iniziare ad amare come chi sa restare, senza chiedere altro che il presente.

Antonio Bruno

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