Intervista al Dott. Antonio Bruno sulla costruzione di una collaborazione per il Governo dell’Italia
Intervista al Dott. Antonio Bruno sulla costruzione di una collaborazione per il Governo dell’Italia
Intervistatore: Dottor Bruno, partiamo dal
paradosso di Popper sulla tolleranza: "Se estendiamo l'illimitata
tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, la tolleranza stessa sarà
distrutta." Come si applica questo principio nel contesto attuale della
politica italiana? La destra viene spesso accusata di intolleranza, ma anche a
sinistra ci sono forti tensioni interne. Possiamo dire che la sinistra sia
esente da intolleranza?
Dott. Bruno: Il paradosso di Popper mette in
luce un punto cruciale della politica contemporanea, soprattutto in un paese
polarizzato come l'Italia. La destra italiana, specie quella rappresentata da
Meloni e Fratelli d'Italia, è spesso accusata di intolleranza verso minoranze,
immigrati e, più in generale, verso chi promuove un'apertura culturale.
Tuttavia, questo non significa che la sinistra ne sia completamente immune.
Anche all'interno del centrosinistra, vediamo forme di intolleranza più
ideologica, che si manifestano nelle forti resistenze a includere forze come
Italia Viva, Azione e, in alcuni casi, persino il M5S e Sinistra Italiana. In
un certo senso, la sinistra combatte per mantenere la purezza ideologica, e ciò
la porta a escludere o emarginare chi si discosta dai suoi principi
fondamentali.
Intervistatore: Il recente dibattito sulla
costruzione di un’ampia coalizione di centrosinistra, che includa il Partito
Democratico, M5S, Sinistra Italiana, Italia Viva e forse Azione, ha evidenziato
molte criticità. Vediamo accuse di incoerenza reciproca, come quelle tra M5S e
Italia Viva. Qual è, secondo lei, il principale ostacolo alla creazione di una
coalizione ampia e stabile?
Dott. Bruno: L'ostacolo principale è proprio la
mancanza di coerenza politica, ma anche la diffidenza reciproca tra questi
partiti. Ogni forza politica ha una storia e un’identità che la distingue dalle
altre. Il Movimento 5 Stelle, ad esempio, si è sempre posizionato come una
forza antisistema, ma ha governato con il PD e ha persino sostenuto un governo
tecnico guidato da Draghi. Ora, però, il M5S si oppone fortemente a chi ha
contribuito a far cadere il governo Conte, come Italia Viva. Le accuse di
Leonardo Donno, che sottolinea come IV abbia votato spesso in sintonia con la
destra, sono emblematiche di questa frattura.
D’altra
parte, anche Azione di Carlo Calenda ha una posizione ambigua: sebbene si
dichiari progressista e moderata, le sue politiche economiche liberiste e la
sua vicinanza a Renzi lo rendono un alleato difficile da gestire per il resto
della sinistra. Il PD si trova nel mezzo di queste tensioni, cercando di
mantenere una coesione, ma è evidente che le differenze sono profonde.
Intervistatore: Sinistra Italiana, d’altra parte,
sembra essere una forza particolarmente intransigente, come dimostrato dal
commento di Nico Bavaro riguardo all’estromissione della giunta Emiliano. In
che modo questa intransigenza da parte di SI contribuisce alle tensioni nella
coalizione?
Dott. Bruno: Sinistra Italiana rappresenta
un’anima più radicale e ideologicamente pura del centrosinistra, spesso più
vicina ai movimenti sociali che non alle logiche di compromesso parlamentare.
La critica di Bavaro nei confronti di Emiliano per aver estromesso SI dalla
giunta regionale è sintomatica di come Sinistra Italiana percepisca un senso di
esclusione, non solo politica ma anche valoriale. SI, insieme al M5S, ha fatto
della difesa del reddito di cittadinanza e della lotta per i diritti sociali il
suo cavallo di battaglia, e questo la rende una forza meno disposta a
compromessi, soprattutto con chi, come Italia Viva, viene percepito come
traditore di questi principi.
Inoltre,
l'intransigenza di SI rende difficile costruire un’alleanza ampia che includa
partiti più moderati. Loro chiedono chiarezza sui temi fondamentali, come
lavoro, redistribuzione economica e giustizia sociale, e non vedono di buon
occhio chi, come IV o Azione, propone soluzioni che considerano troppo vicine
al neoliberismo.
Intervistatore: Parlando di Azione, Calenda ha
spesso espresso la sua distanza sia dalla sinistra radicale che dal populismo
del M5S. Può una forza come Azione, che punta molto su pragmatismo e competenza
tecnica, integrarsi in un'alleanza con partiti che puntano invece su un forte
radicamento sociale e popolare?
Dott. Bruno: Azione ha una visione politica
molto orientata al pragmatismo e alla gestione tecnico-economica dello Stato,
cosa che la distingue nettamente dalle forze più ideologiche. Questo è,
paradossalmente, sia la sua forza che la sua debolezza. Da un lato, può
attirare un elettorato che non si riconosce né nelle politiche radicali di
sinistra né nel populismo del M5S. Dall'altro, proprio questo posizionamento la
rende difficile da integrare in un’alleanza con forze che vedono il
neoliberismo come una delle principali cause di disuguaglianza.
Calenda ha
espresso più volte la sua diffidenza verso il M5S e la sinistra più radicale,
ritenendo che il loro approccio sia basato su un assistenzialismo che non può
essere sostenibile a lungo termine. Tuttavia, senza un compromesso sui temi
economici e sociali, diventa difficile immaginare una coalizione in cui Azione
possa collaborare con forze come SI e M5S, che vedono nella redistribuzione
delle risorse e nel sostegno ai più deboli il cuore della loro politica.
Intervistatore: Tornando al PD, come può questo
partito, con Elly Schlein alla guida, fungere da mediatore tra forze così
diverse, che vanno dai moderati di Italia Viva e Azione ai più radicali di
Sinistra Italiana e M5S?
Dott. Bruno: Il Partito Democratico si trova in
una posizione complessa, essendo il partito di riferimento del centrosinistra,
ma anche quello che deve trovare un equilibrio tra sensibilità molto diverse.
Elly Schlein ha un profilo progressista e ha cercato di spingere il PD verso un
maggiore impegno su temi sociali, ambientali e di giustizia economica,
avvicinandolo di più a forze come il M5S e SI. Tuttavia, il PD è storicamente
un partito ampio, con una base elettorale che include anche moderati e riformisti,
il che rende difficile soddisfare tutti.
Schlein
dovrà cercare di costruire un progetto politico che sia abbastanza inclusivo da
tenere insieme queste diverse anime, senza perdere di vista la necessità di
battere la destra. Tuttavia, come abbiamo visto anche nel caso delle tensioni
con Renzi e Bellanova, l’inclusione di forze più moderate rischia di alienare
quella parte della sinistra che vuole un chiaro distacco dal neoliberismo e
dalle politiche che considerano di destra.
Intervistatore: In conclusione, come vede il
futuro del centrosinistra italiano? Crede che queste forze possano superare le
loro differenze per costruire un fronte comune contro la destra?
Dott. Bruno: Guardando alla situazione attuale,
credo sia difficile pensare che i partiti, per come sono strutturati e per i
comportamenti che osserviamo, abbiano l'attitudine a superare le reciproche
delegittimazioni. Le critiche e i conflitti interni sono troppo radicati, e le
dinamiche politiche sembrano privilegiare la difesa delle singole identità e
l'autoconservazione, piuttosto che un reale sforzo di collaborazione.
Proprio per
questo motivo, la soluzione non può essere lasciata solo nelle mani dei
partiti. Ritengo sia fondamentale avviare un processo che parta direttamente
dai cittadini. Assemblee popolari aperte, dove chiunque possa partecipare e
discutere liberamente, potrebbero essere il vero motore per la creazione di un
progetto comune. Solo attraverso un dialogo ampio e inclusivo, basato su
conversazioni collettive e trasparenti, si possono far emergere le priorità
condivise e gli accordi necessari per costruire un’alternativa solida alla
destra.
I partiti
dovrebbero, a loro volta, impegnarsi a partecipare a questo processo
democratico, dichiarando pubblicamente la loro disponibilità a collaborare
sulla base delle proposte che emergeranno da queste assemblee. In questo modo,
si darebbe voce ai cittadini e si potrebbe costruire una piattaforma che non
sia frutto di accordi di potere tra leader, ma che rappresenti veramente le
istanze della popolazione. Solo così si può sperare di creare un fronte comune
che riesca a superare le divisioni e a presentarsi come un’alternativa
credibile e unita.
Intervistatore: Grazie per questa proposta e la
sua analisi, Dottor Bruno.
L'intervista
si conclude con una riflessione su come il cambiamento debba partire dalla base
della società, attraverso un processo di coinvolgimento diretto dei cittadini,
con i partiti che partecipano in modo collaborativo a un progetto comune.
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