Intervista al Dott. Antonio Bruno, sull’economia e le politiche europee

 Intervista al Dott. Antonio Bruno, sull’economia e le politiche europee


Intervistatore: Dottor Bruno, la Commissione Europea ha chiesto a Mario Draghi di redigere un rapporto su come mantenere l'economia europea competitiva in un contesto globale sempre più complesso. Come giudica lei questo documento?

Dott. Bruno: Il "Draghi Report" è un documento molto significativo. Va oltre la mera analisi economica, proponendo una visione integrata e complessiva per il futuro dell'Europa. Il rapporto mette in evidenza come la competitività europea non possa basarsi solo su dinamiche di mercato, ma debba coniugare innovazione tecnologica e sostenibilità sociale, cercando un equilibrio tra efficienza economica e riduzione delle disuguaglianze. È un approccio profondamente europeo, in contrasto con le soluzioni più liberiste che vediamo altrove.

Intervistatore: Draghi pone l'accento su tre condizioni esterne – commercio, energia e difesa – che hanno sostenuto la crescita europea dopo la fine della Guerra Fredda. Queste condizioni, però, sembrano venute meno nell’era del globalismo selvaggio. Quali sono le sue considerazioni in merito?

Dott. Bruno: La globalizzazione degli ultimi decenni ha effettivamente indebolito alcuni pilastri della crescita europea. Il rapporto di Draghi individua correttamente la necessità di un nuovo approccio coordinato a livello europeo in questi ambiti. La questione energetica è particolarmente rilevante, considerando la transizione verso un'economia verde. L'Europa non può più dipendere da fonti energetiche esterne e deve accelerare la sua transizione verso la decarbonizzazione, non solo per motivi ambientali, ma anche per ragioni di competitività economica e sicurezza.

Intervistatore: Draghi parla anche della necessità di una politica industriale più coordinata e di investimenti massicci. Pensa che l'Unione Europea sia pronta a fare questo salto?

Dott. Bruno: L'Unione Europea ha dimostrato in passato di poter reagire con forza in situazioni critiche, come abbiamo visto con la risposta al Covid-19 attraverso il Recovery Fund. Tuttavia, questa volta la sfida è ancora più complessa e richiede un impegno di lungo termine. Coordinare le politiche industriali dei diversi Stati membri è un compito arduo, soprattutto considerando le diverse priorità nazionali. Ma se l'Europa vuole rimanere competitiva rispetto a giganti come Stati Uniti e Cina, è essenziale che si muova in questa direzione, con decisioni rapide e investimenti mirati.

Intervistatore: A proposito di sovranismo e protezionismo, il rapporto evidenzia come queste ideologie siano ormai anacronistiche in un mondo globalizzato. Qual è il suo punto di vista?

Dott. Bruno: Sono completamente d'accordo con l'analisi del rapporto. Il sovranismo, con il suo rifiuto di cooperazione e integrazione, è una visione limitata e poco lungimirante. La pandemia di Covid-19 e la crisi climatica hanno mostrato chiaramente come le sfide attuali siano globali e richiedano risposte condivise. Non esiste una soluzione isolata per problemi come il cambiamento climatico o la sicurezza sanitaria. O tutti i paesi collaborano per raggiungere obiettivi comuni, o nessuno ne uscirà vincitore. La sovranità, in questo contesto, deve essere ripensata come una responsabilità collettiva.

Intervistatore: Tornando alla questione della competizione globale, Draghi suggerisce che l'Europa può fungere da modello alternativo rispetto a Stati Uniti e Cina. Come vede questo ruolo dell'Europa?

Dott. Bruno: L'Europa ha un potenziale unico per essere un modello di sviluppo alternativo. Il cosiddetto "effetto Bruxelles", ovvero la capacità dell'Unione di influenzare le regole globali grazie alla sua forza regolatoria, è un esempio di come l'Europa possa essere una guida in molti settori. L'UE ha dimostrato di poter conciliare un'economia di mercato aperta con forti politiche sociali, una combinazione che la Cina, con il suo modello autoritario, e gli Stati Uniti, con il loro passato neoliberale, non sono riusciti a realizzare. Se l'Europa riuscirà a coniugare innovazione, sostenibilità e coesione sociale, potrà davvero fungere da esempio per il resto del mondo.

Intervistatore: Quali sono le principali sfide che l’Europa deve affrontare per realizzare questa visione?

Dott. Bruno: Le tre grandi trasformazioni identificate dal rapporto sono senza dubbio le sfide chiave: innovazione, energia e sicurezza. Innovazione significa trovare nuovi motori di crescita in un'economia sempre più digitale, mentre la transizione energetica impone all'Europa di mantenere i prezzi competitivi riducendo al contempo la dipendenza dalle fonti fossili. Infine, la sicurezza, sia in termini di difesa che di resilienza economica, richiede un'autonomia che ancora manca. L’Europa deve investire in una politica comune della difesa e nella protezione dei suoi interessi strategici.

Intervistatore: Un’ultima domanda. Secondo lei, il governo italiano, con la sua retorica di "prima gli interessi nazionali", riuscirà a integrarsi in questo progetto europeo o si posizionerà in contrasto?

Dott. Bruno: La retorica di mettere "prima gli interessi nazionali" è in parte comprensibile, ma non deve trasformarsi in un pretesto per l’isolazionismo. L’Italia è un paese fondatore dell’Unione Europea e ha tutto l’interesse a partecipare a un progetto comune. La competizione globale richiede unità, non divisioni. Il governo italiano deve trovare un equilibrio tra la tutela degli interessi nazionali e la cooperazione europea. Solo in questo modo potrà garantire prosperità e sicurezza ai propri cittadini.

Intervistatore: Grazie mille, Dottor Bruno, per il suo tempo e le sue preziose analisi.

Dott. Bruno: Grazie a voi, è stato un piacere discutere di questi temi fondamentali per il futuro dell'Europa.

 

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