L'ultima estate (racconto) Guardia '82 Brunori Sas Antonio Bruno Guardia '82 Brunori Sas

L'ultima estate

C'è qualcosa di inevitabile nelle sere d'agosto. Un senso di compiutezza mista a malinconia, come se ogni tramonto fosse un saluto non solo alla giornata, ma a tutta un'estate. A quella parte di noi che, nonostante gli anni e le disillusioni, vorrebbe ancora credere che tutto sia possibile. Anche l'amore.

Luca se ne stava seduto sulla sabbia, con una Peroni in mano, a guardare il mare che si infrangeva lento. Gli anni passano, eppure certi luoghi restano uguali, come fotografie un po' sbiadite ma sempre pronte a evocare emozioni. Dieci anni prima, in quello stesso angolo di spiaggia tra il lido Le Dune e il lido Tabù, Luca costruiva castelli di sabbia, ignaro che un giorno avrebbe dovuto imparare a costruire altro: sogni, promesse, illusioni. Eppure, a dieci anni, tutto era facile. La sabbia, le onde, il sole. L'amore, invece, era una parola vuota, che non sapeva neanche pronunciare.

Ora aveva venticinque anni, e la sabbia sotto le dita non aveva più lo stesso sapore. Le estati non erano più infinite, le notti non bastavano più a cancellare i pensieri. Ed eccola lì, lei, proprio come dieci anni fa. Allora non la guardava neanche, troppo preso dai suoi giochi innocenti. Ma ora era impossibile non notarla. Il tramonto si rifletteva nei suoi occhi come una promessa non mantenuta, e Luca sentì quel solito nodo in gola che arriva quando ti accorgi che qualcosa sta per cambiare, di nuovo.

Lei non lo guardava, almeno non subito. Era circondata da amici, risate, il profumo di carne alla brace e quell'odore familiare di libertà che solo l'estate riesce a dare. Eppure, qualcosa nei suoi movimenti sembrava dirgli che lo aveva notato. Magari da lontano, magari solo con la coda dell'occhio. Non c'è bisogno di parole, a volte, per sentire la presenza di qualcuno che, come te, è alla ricerca di una risposta.

Luca prese la chitarra e cominciò a strimpellare una melodia malinconica, di quelle che nascono senza preavviso, quando il cuore decide di parlare direttamente alle mani. Non cantava per impressionare, né per attirare attenzione. Ma la musica, si sa, è una di quelle cose che, anche senza volere, finisce sempre per richiamare qualcuno.

Lei si avvicinò, con quella grazia che hanno le persone che sanno di essere osservate, ma fingono di non accorgersene. Si sedette accanto a lui, senza dire nulla. Per un po', rimasero così, in silenzio, a guardare il mare che lentamente si scuriva. Poi, con una voce che sembrava quasi provenire da un altro tempo, lei disse: "Mi ricordo di te."

Luca: scusa, incredulo. "Davvero?"

"Sì," continuò lei, "tu eri quello con i braccioli arancioni, che non guardava mai nessuno. Sempre perso nei tuoi castelli di sabbia."

Luca si è sentito colpito da quella rivelazione. Non aveva mai pensato che qualcuno, tanto meno lei, potesse ricordarsi di quel bambino assortito nei suoi giochi. "E tu eri quella che non portava mai il costume intero", rispose con una risata nervosa.

Lei mi spiace. "Già, eravamo così diversi, eppure eccoci qui."

Ci sono momenti in cui le parole smettono di servire, e quel momento è arrivato per loro. Il tempo sembrava sospeso, mentre la notte cominciava a calare. L'acqua fredda della doccia del lido Tabù li avvolse come una scossa di vita. Non era solo il freddo a farli tremare, ma quella consapevolezza improvvisa, quella paura e quella voglia di sentirsi vivi, anche se solo per una notte.

Il 31 agosto. L'estate stava per finire. Ma mentre l'acqua gelida scorreva sui loro corpi stretti, c'era la certezza che qualcosa stessi iniziando. Forse era l'amore, forse era solo la vita che, a volte, decide di sorprenderti proprio quando meno te lo aspetti.

E così, con il mare che riportava a riva palloni sgonfi e ricordi dimenticati, Luca capì che l'amore non è qualcosa che si può comprendere o imparare. È solo qualcosa che accade, quando il tempo è giusto. O quando, come in quell'ultima notte d'estate, il tempo sembra smettere di esistere.

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