"L'amore non aspetta" (racconto) Antonio Bruno PROMETTIMI

"L'amore non aspetta"


Alessandro camminava lento tra le strade acciottolate del centro storico di Lecce, le mani in tasca, lo sguardo basso, perso nei suoi pensieri. Era cresciuto in una famiglia dove l'apparenza contava più della sostanza, e sua madre aveva sempre spinto perché diventasse qualcuno. Non per lui, ma per lei. Le serate passate a eventi mondani, sorrisi forzati, conversazioni vuote. “Sei speciale, Ale, ma devi farti notare”, gli ripeteva sempre. Solo che lui non voleva. Desiderava soltanto vivere la sua vita, senza essere spinto verso una fama che non gli apparteneva.

Poi c’era Giulia. Lei era l’unica che riuscisse a vedere oltre la maschera che sua madre gli aveva cucito addosso. L'aveva incontrata un pomeriggio d'estate, nella piccola libreria all'angolo della piazza, tra libri ingialliti dal tempo e il profumo di pagine nuove. Era lì, seduta a terra, con il viso nascosto da una cascata di riccioli castani, intenta a leggere. La sua risata, leggera come una melodia, l'aveva incantato.

“Ti ho detto aspetta, non l’hai voluto fare…” le aveva detto una sera, davanti al mare che baciava le mura della città. Lei lo guardava, i suoi occhi profondi come il cielo notturno, mentre il vento caldo di settembre scompigliava i suoi capelli. “Mi hai detto vattene, non me ne voglio andare…” aveva continuato Alessandro, confuso e tormentato, mentre sentiva il loro mondo cadere a pezzi.

Giulia non gli aveva mai chiesto nulla. Non voleva la sua fama, né il suo successo. Voleva solo lui. Ma Alessandro era intrappolato in una gabbia che non sapeva come aprire. E così, ogni volta che provava a spiegare, si ritrovava a perdersi. “Eppure adesso, davanti a me, tu gridi ‘amore, son qui per te!’”, le aveva detto, cercando di stringerla, di farla restare. Ma lei, con una dolcezza disarmante, aveva risposto solo con un sorriso triste. Sapeva che a volte, amare qualcuno significa lasciarlo andare.

Le notti senza Giulia erano lunghe. Alessandro passeggiava per la città, spiegando ai passanti un sogno che non esisteva più. La loro storia era come l'acqua che scorreva sotto i ponti, silenziosa e impalpabile, eppure vitale. “Sai cos’è l’acqua?”, gli aveva chiesto lei un giorno, ridendo. Ma lui non aveva capito. Non allora. Solo adesso capiva che l'acqua era tutto ciò che li circondava, quella vita che li aveva immersi e avvolti senza che se ne accorgessero.

Ora, solo, Alessandro osservava il mondo intorno a lui. I turisti che scattavano foto, i bambini che correvano, le coppie che si tenevano per mano. “Loro dicono tutto e tu non capisci niente,” pensava, ricordando le parole di Giulia. Lei aveva capito tutto, e lui non aveva capito nulla. Era sempre così.

L'amore, pensava, non si impara. Non ci sono manuali, né regole da seguire. “Ma credi sul serio, scusa, che per amare ci sia bisogno di sapere come si ama?” Giulia gliel'aveva detto tante volte, ma lui era troppo concentrato su ciò che stava perdendo per ascoltare davvero. Eppure, c'era ancora speranza. Forse, da qualche parte nel futuro, ci sarebbe stato un nuovo inizio per loro. Perché, alla fine, abbiamo solo tre cose: qualcosa da fare, qualcuno da amare, qualcosa in cui sperare.

Il problema era che Alessandro aveva sempre legato una parte di sé a tutto ciò che perdeva. E ora si sentiva vuoto, come se ogni pezzo di lui fosse andato via insieme a Giulia. “Non avresti dovuto farlo,” si rimproverava. Avrebbe dovuto tenere qualcosa per sé, qualcosa di intatto. Ma era troppo tardi, o forse no. Forse c'era ancora una possibilità, un filo tenue che nemmeno riusciva a immaginare.

Passeggiando tra le mura antiche di Lecce, sentiva un nodo alla gola. Era lì che si fermavano le tristezze, e non c’era modo di liberarsene. Ma l'amore non aspetta, l'amore arriva. E quando lo fa, scardina tutto, ti travolge, ti riempie di promesse e di sogni.

Una sera, mentre il sole tramontava dietro il campanile del Duomo, vide Giulia. Era lì, come un sogno, un miraggio che prendeva vita. Il cuore gli balzò in petto. “Benvenuta nel mio posto preferito,” le disse, avvicinandosi.

Lei lo guardò, senza dire nulla. Gli occhi pieni di mille parole non dette, eppure chiarissime.

“Pensavo volessi solo un’amica,” sussurrò lei.

“Io e te non saremo mai soltanto amici,” rispose Alessandro, prendendole la mano.

Il silenzio cadde su di loro, ma era un silenzio denso di significato. Forse avevano perso tanto, forse avevano sbagliato ancora di più, ma ora erano lì, insieme. E tutto il resto non contava più.

Antonio Bruno


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