"Il Giorno di Riserva" (racconto) Antonio Bruno Rossetto e caffè Sal Da Vinci
"Il Giorno di Riserva"
Ho ritrovato il passo della vita libera, quella che avevo perso per strada
senza nemmeno accorgermene. È successo così, senza preavviso, come quando
smetti di guardare l'orologio e lasci che il corpo ti dica quando è ora di
fermarsi. Ho smesso di correre dietro agli appuntamenti, a tutto quello che
sembrava urgente ma, in fondo, non lo era. E ho iniziato a vivere in un modo
nuovo, o forse, in un modo antico: incontro chi capita, senza aspettative,
senza progetti. E in ogni volto che incrocio, in ogni sguardo che mi sorride,
ti vedo.
Sì, tu sei dappertutto. Sei negli occhi delle persone che passano, nel vento
che mi accarezza la pelle e mi fa rabbrividire, costringendomi a indossare una
felpa. Sei nel profumo dell’aria, in quel tepore che avvolge la stanza quando
il sole cala e io mi abbandono al silenzio. Sei già con me, anche se non ci
sei.
Noi due, tu e io, siamo sopravvissuti. È così che mi sento quando penso a
tutto quello che abbiamo superato, alle cadute, ai rimpianti, alle volte in cui
sembrava che tutto ci crollasse addosso. Sopravvivere non è solo una questione
di istinto. È un’arte. E noi, senza nemmeno rendercene conto, siamo diventati
maestri. Perché ai sopravvissuti tocca un compito preciso: tenere duro. E poi,
per quel che si può, continuare a vivere.
Ma non è facile, non lo è mai. Perché, in fondo, non riesco mai a sentirmi
completamente felice dove sono. È come se ci fosse sempre un altrove dove la
vita fosse più mia, più vera. Dove io fossi più me stesso. Forse è solo una
fantasia, una di quelle idee che ci costruiamo per non accettare l’imperfezione
del presente. O forse è solo la paura di fermarsi. Perché, quando ti fermi,
inizi a vedere le crepe, i difetti, tutto quello che non funziona.
Ecco, forse ci vorrebbe un giorno di riserva. Un giorno in più, uno solo,
per recuperare tutto ciò che non abbiamo avuto il coraggio di affrontare. Per
fare quella telefonata che abbiamo rimandato troppe volte, per dire ciò che
avremmo dovuto dire ma che non abbiamo mai trovato le parole giuste. Per
arrivare di corsa sotto casa tua, con il cuore in gola, e chiederti scusa. Per
dirti che, nonostante tutto, io ci sono ancora. E che ti voglio ancora. Ma quel
giorno di riserva non esiste. E allora restiamo così, sospesi tra quello che
siamo e quello che avremmo potuto essere.
Lo so, l’amore da solo non basta. Ci siamo arrivati dopo tanto tempo, dopo
tutte quelle sere in cui abbiamo creduto che bastasse sentirci innamorati per
stare bene. Ma l’amore ha bisogno di altro. Di empatia, di cura, di pazienza,
di fiducia. Di voglia di restare, anche quando tutto sembra andare storto. Ecco
perché così tante coppie si perdono. Perché si amano, sì, ma non riescono a
trovare l'equilibrio tra tutto quello che l'amore non riesce a colmare.
E alla fine, mi accorgo di questo: più vuota è la vita, più ci aggrappiamo a
tutto quello che possiamo comprare. Weekend costosi, esperienze luccicanti.
Tutto pur di non guardare in faccia il vuoto che ci portiamo dentro. Ma poi ci
sono quelle piccole cose che non hanno prezzo. Una conversazione che ti fa
sentire vivo, un libro che ti fa vedere il mondo con occhi nuovi, una melodia
che ti riempie di emozioni. Sono queste le cose che arricchiscono davvero, che
danno un senso al tempo che passa.
Forse, alla fine, è questo che cerchiamo. Qualcosa di autentico, qualcosa
che duri. Qualcosa che non sia solo un momento di felicità, ma un modo di
essere, di vivere. E forse, un giorno, riusciremo a trovarlo. Tu ed io,
insieme.
Antonio Bruno
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