Ciò che si oppone a un'ideologia è la riflessione

 

Ciò che si oppone a un'ideologia è la riflessione

Mattia Feltri, nel suo articolo pubblicato dal quotidiano LA STAMPA di oggi 3 agosto 2023 si rivolge alle due signore del POTERE Giorgia Meloni ed Elly Schlein per ricordare loro di un tempo in cui uomini e donne che avevano financo abbracciato le armi, aderendo alla forma più estrema della competizione per la conquista del potere, dicevo uomini e donni IN GUERRA PER LA CONQUISTA DEL POTERE, trovarono il modo di conversare, di scrivere insieme. Ho avuto un passato da clericale, conosco l’insidia dell’appartenenza religiosa, ed è per questo che oggi, come il mio maestro Humberto Maturana, non voglio essere di nessun luogo per essere di ogni luogo. Sembra impossibile, ma io posso essere osservato per convincersi che è possibile.

Mi spiego meglio. Non essere di nessun luogo significa non essere fedele a nessuna ideologia, ho potuto osservare i comportamenti miei e di altre persone, e da questi comportamnti ho tratto questa astrazione: solo se non sono fedele a nessuna ideologia posso pensare a tutto, perché non ho risposte preconfezionate alle mie domande, ma devo fermarmi a osservare, capire.

Ho seguito il suggerimento del mio maestro e ho cominciato a riflettere su ogni osservazione che andavo via, via facendo nel corso dello svolgimento del mio vivere e queste osservazioni, e conseguenti riflessioni, mi hanno portato ad accettare un’astrazione del mio maestro che è quella che segue: ciò che si oppone a un'ideologia è la riflessione, se non c'è riflessione, c'è l'ideologia.

Pablo Echaurren abbandonò l’ideologia e iniziò a riflettere, fecero altrettanto Liliana Cavani, Franca Chiaromonte, Ersilia Salvato, Luigi Manconi e Sandro Curzi.

Chissà se le due signore del POTERE Giorgia Meloni ed Elly Schlein, leggendo queste mie parole, non comincino a riflettere anche loro.

Buona riflessione

BUONGIORNO MATTIA FELTRI
Rebibbia Rhapsody
La memoria è dissenterica: non trattiene più, nulla. Ma io ho fra le mani un libriccino di cui non mi sono scordato: si chiama Rebibbia Rhapsody, è uscito nel 1996 per Stamp a Alternativa, casa editrice di sinistra, scritto da Pablo Echaurren, pittore e scrittore che fu in Lotta continua, con Valerio Fioravanti, terrorista nero condannato per la strage di Bologna. Echaurren aveva conosciuto Fioravanti a Rebibbia quando Gianni Borgna, assessore della giunta di sinistra di Francesco Rutelli, gli propose di coinvolgere i detenuti in un progetto artistico. Dopo la condanna a Fioravanri, in un'intervista a Letizia Paolozzi Echaurren raccontò che gli venne da piangere. Parole che ha pagato, in, molti gli hanno tolto il saluto. Ma in seguito nacque un comitato - "E se fossero innocenti?", e cioè Fioravanti e sua moglie Francesca Mambro- di cui facevano patte, fra gli altri, Liliana Cavani, Franca Chiaromonte,, Ersilia Salvato, Luigi Manconi, Sandro Curzi. Non so se a Giorgia Meloni questi nomi dicano qualcosa, quando rifiuta l’antifascismo per un confusissimo senso di rivalsa, o a Elly Schlein, quando rifiuta ogni revisionismo (la storia è revisionista oppure non è). Non sto parlando della verità processuale di Bologna sto parlando, e riprendo Manconi nella postfazione di quel libriccino„ di un tempo in cui il discrimine fra, destra e sinistra si era, civilizzato. Invece di spararsi ci sì parlava. O si scrivevano i libri insieme, si riscriveva la storia. Ci provarono tanti altri: Walter Veltroni, Luciano Violante, Pinuccio Tatarella. Anche oggi non ci si spara, ma solo perché la tragedia ha ceduto il passo alla commedia.

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