Verso l’uguaglianza dei cittadini del sud

 

Verso l’uguaglianza dei cittadini del sud

Gianluca Passarelli ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI, oggi 7 agosto 2023. Ma chi è Gianluca Passareli? scopriamolo dalla presentazione che fa di se stesso: «Sono Professore in Scienza Politica alla Sapienza di Roma. Lo sono diventato “senza padri né madri”, in un paese di padrini. E da “ggiovane”, in un paese di anziani.” https://www.gianlucapassarelli.it/gianluca/»

Nel suo articolo il Prof. Passarelli affronta il tema della eguaglianza tema a me caro, come sanno quelli di voi che abitualmente leggono le mie note. Questo valore mi è particolarmente caro perché è in linea con il mio orizzonte ideale LIBERTA’ – UGUAGLIANZA E FRATERNITA’.

Quello che è sotto gli occhi di tutti è invece la discriminazione degli italiani che vivono come me al sud. Quindi è mia opinione che il tema vero sia la discriminazione dei cittadini del sud, ad opera della Comunità nazionale.

Io sono riconoscente per quello che lo Stato ha fatto per me. Mi ha permesso di accedere alla scuola pubblica sino al diploma con tasse assolutamente sostenibili per la mia famiglia. Poi ho potuto scegliere di frequentare una delle facoltà all’Università con un carico di tasse universitarie sostenibile, e poiché la facoltà che scelsi Agraria, all’epoca della mia iscrizione non c’era a Lecce, ho potuto frequentare a Bari con la spesa di 15mila lire al mese per alloggiare in un collegio Universitario ottenendo anche dei pasti a 300 lire alla mensa universitaria. Tasse, vitto e alloggio che rappresentavano un costo sostenibile per la mia famiglia.

Lo Stato mi ha dato la possibilità di partecipare ai concorsi pubblici e, dopo essere riuscito a superarne uno, mi ha garantito un lavoro a tempo indeterminato che mi ha consentito di acquistare una casa e mettere su famiglia.

Il periodo in cui è accaduto tutto questo va dal 1963 al 1984 ovvero in 21 anni ho ricevuto dallo Stato Italiano un’istruzione e poi un lavoro.

Con tutto il rispetto per il prof. Passerelli, io penso che il tema della discriminazione dei cittadini del sud è LA CONSEGUENZA DEL PARADIGMA UNICO “neoliberismo economico”, CHE LE MULTINAZIONALI VINCITRICI DELLA GUERRA DELLE ELEZIONI PER LA CONQUISTA DEL POTERE hanno IMPOSTO DOPO CHE IL POTERE POLITICO E’ STATO MESSO KO DALLA SCOPERTA DELLA MALAGESTIONE DENOMINATA TANGENTOPOLI.

Chi ha vinto le elezioni da tangentopoli ai giorni nostri, ha sempre difeso le ragioni del primato dell’economia affermando che LO STATO NON PUO’ DARE LAVORO, CHE SI DOVEVA MERITARE IL LAVORO DOPO AVER VINTO LA GUERRA DELLA SCUOLA DOVE SI DOVEVA ESSERE IL PIU’ BRAVO DI TUTTI.

Chi legge i miei scritti sa che non preferisco la nostra cultura della competizione in quanto ho desiderato, dopo averla abbandonata, di praticare la cultura della collaborazione che io reputo funzionale all’affermazione dei valori del mio orizzonte ideale libertà, uguaglianza e fraternità.

E’ del tutto evidente che la cultura che pratico sarebbe la soluzione per attuare l’uguaglianza non solo in Italia, ma nell’intero Universo Mondo.

Allo stesso tempo, non essendo praticata ancora la cultura della collaborazione, osservo che la nostra cultura della competizione può riportare lo Stato a fare per tutti i cittadini italiani, quindi anche per quelli del sud, ciò che ha fatto per me. Voglio dire che lo Stato può, in 20 anni, com’è accaduto a me, dare un’istruzione e un lavoro a tutti i cittadini italiani, senza distinzione di luogo di residenza.

Per ottenere l’uguaglianza dei cittadini del sud nella nostra cultura patriarcale della competizione, si tratterebbe di tornare AL PRIMATO DEL POTERE DEI CAPI POLITICI, STRAPPANDOLO DI MANO ALLE MULTINAZIONALI che lo agiscono imponendo la concorrenza, sottomettendole al fine di ottenere una istruzione e un lavoro per tutti i nati. IL TUTTO in un tempo MASSIMO di 20 anni dalla prima elementare.

C’è un manipolo deciso di donne e uomini, sgomitatori sociali, che BRAMANO IL POTERE CHE VOGLIONO VINCERE LA GUERRA DELLE ELEZIONI CONTRO LE MUTINAZIONALI CHE OGGI LO DETENGONO?

Nella nostra cultura patriarcale della competizione per ottenere di non essere discriminati si deve vincere la guerra della elezioni per poi discriminare chi perde quella guerra, escludendoli.

Nella cultura della collaborazione, che pratico io, si pratica l’uguaglianza che non può essere imposta per legge, né da un partito, né da capi religiosi, PUO’ ESSERE PRATICATA SOLO PER LIBERA SCELTA.

In attesa della cultura della collaborazione chi è che vuole vincere e sottomettere il POTERE DELLE MULTINAZIONALI?

Buona riflessione

Lunedì 7 agosto 2023
UN TEMA RIMOSSO DALLA POLITICA E DAL DIBATTITO PUBBLICO
Rimettiamo sui nostri scaffali La questione meridionale di Gramsci
GIANLUCA PASSARELLI Politologo
La questione meridionale campeggiava altera in ogni biblioteca italiana, da nord a sud tra le classi popolari fra i ceti medio borghesi ed anche nelle boiserie di rango, Era l'argomento centrale di ogni discussione politica, il tema economico per eccellenza il cruccio della sinistra social-comunista e un attento avamposto della classe dirigente democristiana che non lesinava attenzioni e politiche pubbliche pur non risolutive.
Una lettura obbligata per capire, uno scritto obbligatorio per chi si apprestasse a calcare le scene politiche, le redazioni la vita pubblica. Non v’era discussione, conferenza, in cui non apparisse citato direttamente evocato. criticato o elogiata utilizzato quale incipit grimaldello retorico, sfoggio. Anche nelle piazze e nelle sezioni di partito, la questione meridionale era implicitamente ed esplicitamente la questione, con la L maiuscola. Un testo e un tema a volte trasformati in una specie di passe-partout per mostrare di essere del giro giusto per non essere fuori luogo e fuori tema perché davvero la Questione era egemonica culturalmente e politicamente. Senza soluzione di continuità da nord a sud dall'estrema destra all'estrema sinistra. Con il passare degli anni e l'ubriacatura per il libero mercato, per l'adesione acritica alla globalizzazione, il tema è stato derubricato a lettura vintage passatista se non vecchia inutile ideologica, nemica del nuovo corso modernista anche a sinistra. Soprattutto a sinistra
Un testo scomparso
Il testo gramsciano è scomparso da decenni dalle letture del personale politico, espulso dalle scuole quasi fosse "divisivo-, considerato un contributo vetusto da lotta politica del Novecento, residuale mentre nel mondo gli studi gramsciani proliferano. Agli studenti pre-1989 si assegnavano temi sulla divisione del Paese sui ritardi del sud, sui rimedi le cause le problematiche. Oggi si rincorre il merito, senza partire dai bisogni per riprendere Claudio Martelli.
Non si ri-legge Gramsci perché il sud è stato mortificata il nord ha vinto e quindi ha espunto la divisione del Paese dall'agenda pubblica e perché la classe politica ha introiettato il dato della separazione tra Settentrione e Meridione.
Due Italie divise e inconciliabili, mentre l'intero Stivale vivrà solo se unito e solidale. Dunque meglio non parlarne non scriverne, non far leggere agli studenti ai giovani, ai sindaci di argomenti che turbino le cadenze. Immaginare oggi, con il tentativo di riscrittura della storia patria messo in campo dalla destra neofascista, cosa patirebbe un docente delle scuole medie che impartisse tale lettura fa rabbrividire.
Una frattura da sanare
«La nuova Italia aveva trovato in condizioni assolutamente antitetiche i due tronconi della penisola meridionale e settentrionale che si riunivano dopo più di mille anni»,scriveva Gramsci. Se ne parla poco e comunque senza incidere sulle scelte politiche, mentre la Questione permane e persiste. Sotto spoglie identiche e mutanti attori, l’arretratezza del sud rimane. Anche se si tratta di diversi sud, della spoliazione delle aree interne dei piccoli comuni spina dorsale disossata da politiche centraliste e città centriche e quindi nordiste. Al netto di esperienze e aree meridionali che mostrano indicatori socio economici esemplari e al pari con il resto dell’ltalia. I dati sono implacabili come fotografato e analizzato da lstat Svimez e altri autorevoli istituti di ricerca e pubblicazioni di economisti e scienziati. Migrazione a senso unico sud-nord, desertificazione sociale prosciugamento dei servizi essenziali, destrumentrazione demografica e abbandono di avamposti pubblici. Mentre servirebbero azioni speciali almeno per un lustro con risorse maggiori investite nel sud strumenti finanziari e umani. Invece si persevera nel processo di depauperamento dalle scuole alle poste dalle strade ai presidi sanitari dagli investimenti pubblici alle risorse private. Un costante disfacimento di cui non si intravede l'arresto.
Nuovo meridionalismo
La soluzione non risiede nel piagnisteo, nel ribellismo, nelle rivendicazioni urlate nella rievocazione di presunti fasti di sedicenti movimenti (neo) borbonici — che Gramsci ovviamente avrebbe detestato «le paterne amministrazioni di Spagna e dei Barboni nulla avevano creato», sebbene tali oscillazioni concettuali siano deprecabili e rischino di assolvere i responsabili contemporanei in taluni passaggi appare evidente un chiaro elemento di sottrazione di risorse che ricorda una sorta di neo-colonialismo (colonie di sfruttamento, per Gramsci), in cui le risorse primarie della periferia sono sottratte con poco plusvalore per i produttori e indirizzate nelle aree industriali già ricche che le trasformano e inondano i mercati del Mezzogiorno. Una persistente crisi cui ha contribuito una significativa parte della classe dirigente meridionale al netto di nobili intenti, di casi eccezionali ed eccellenti pur presenti È però evidente che il livello medio degli esponenti politici è molto peggiorato dagli anni Ottanta con grave nocumento per i territori per le istituzioni regionali governate non sempre secondo criteri di efficacia ed efficienza
Meno cacicchi, più sviluppo
In tutto questo sfacelo i partiti languono, tra rassegnazione e complicità. I gruppi dirigenti locali offrono fedeltà alle direzioni nazionali le quali in cambio trasudano indulgenza e disinteresse La spirale sfiducia frustrazione mancanza di ricambio e di qualità alimenta le turbine del populismo e ingrossa le fila dell'astensione se non dell'apatia. Migrazioni e campi fertili per le organizzazioni criminali risorse che rischiano di finire in mano a mafie speculatori e sfruttatori. L'occasione propizia per rilanciare il sud, per tentare di mitigare le distanze oggi crescenti è giunto con una crisi come sovente accade. La strumento adottato dalla commissione europea il Pnrr (Gianfranco Viesti, Riuscirti il Pnrr a rilanciare l'Italia- Donzelli editore), è un'opportunità rara e imperdibile, irrinunciabile pur non panacea. Un piano Marshall per il sud Europa ma per l'Italia e il sud in particolare il presidente Mario Draghi riuscì a raggiungere un equilibrio ragionevole stante le forze parlamentari in campa ma il 40per cento destinato al sud è ancora troppo poco e sarebbe stato utile arrivare almeno al 45per cento. Ad oggi dati Openpolis «il vincolo di destinazione del 40per cento delle risorse Pnrr al sud risulta mediamente rispettato», ma le recenti fibrillazioni e le incertezze del ministro al ramo appaiono esiziali per una reale prospettiva di cambio di paradigma Non è colpa di Cavour né solo del famelici gruppi industriali del nord, quanto di una debole prospettiva meridionalista. Mancano alle viste Croce o De Sandis, Spaventa o Labriola, Benedetto Croce o Giustino Fortunata, Sturzo, fino a Cassano.
La destra neofascista
Il governo Meloni non ha tra le sue priorità il sud e non bastano le scampagnate del ministro alla mistificazione storica che propone opere faraoniche e fatue perché non conosce il territorio avendolo dileggiato per decenni il dicastero alle Politiche per il maree per il sud appare quasi un portafoglio turistico, una scempiaggine esotica e residuale, senza capacità di incidere né di decidere.
Ci vorrebbe una vera azione di coesione territoriale per ridurre a cifre fisiologiche l'abisso della disuguaglianza di risorse opportunità e infrastrutture ossia avere una sola Repubblica Unita. La Germania ci ha provato in forma massiccia e, sebbene sia ancora lontana dall'azzeramento del gap (fonte Lavoce), c'è stato un forte recupero, perché la distanza tra le geografie è stata posta al centra al vertice delle politiche pubbliche. Si tratta del ritiro dello Stato, la sua resa, perché la classe dirigente considera il sud irrimediabile, irredimibile perduto, una causa inutile un posto dove non investire risorse di alcun tipo. Tanto meno politiche.
Il sud catturato dal nord
La Questione meridionale è stata catturata il suo significato snaturato, la sua valenza deturpata e il suo impatto quasi azzerato. Rimpiazzata dalla questione settentrionale come in un classico esempio di apartheid razziale e concettuale. Comparve all'inizio degli anni Ottanta sventolata e monetizzata dalla lega nord (l'Autonomia è un modo surrettizio della mai rinnegata secessione), ma maneggiata con troppa cura e indulgenza anche da intellettuali, ceto politico e sinistra. Il sud era ed è, considerato troppo complicato, un ginepraio di cacicchi, connivenze, arretratezze da cui è meglio stare lontani. In realtà, quel complesso di risorse e ricchezze problemi e nefandezza rischia di tornare sul tavolo nazionale più pesante di prima. II sud è una grande opportunità un grande sogno per l’ltalia «Il Mezzogiorno non ha bisogno di leggi speciali e di trattamenti speciali. Ha bisogno di una politica generale estera e interna che sia ispirata al rispetto dei bisogni generali del paese e non di particolari tendenze politiche regionali», sempre Gramsci. Il divario che appare incolmabile non sarebbe immane se il sud diventasse nuovamente centrale nel pensiero e nell'azione politica. Ricostruire l'egemonia. Rimettiamo negli scaffali e sulle scrivanie una bella copia della Questione meridionale.

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