Ma cosa accade in Cina? Soprattutto che c’entra San Cesario di Lecce con I DEBITI della Cina?

 

Ma cosa accade in Cina? Soprattutto che c’entra San Cesario di Lecce con I DEBITI della Cina?

In Cina lo Stato ha deciso di costruire le case per tutti i cinesi. Una buna cosa vero? Certamente si, per farlo I CINESI hanno chiesto i soldi alle banche dell’occidente ricco, e le banche hanno chiesto i soldi ai risparmiatori garantendo redimenti del 15% annui.

Questo meccanismo ha prodotto oltre 20 trilioni di dollari di debiti contratti in gran parte dalle amministrazioni locali della Cina, come ho già detto, per finanziare sviluppi immobiliari che hanno assunto dimensioni enormi nelle periferie delle città cinesi, solo che tutte queste case sono state costruite in assenza di reali compratori. Se non c’è chi compra le case, non si possono realizzare i profitti per ripagare i debiti con gli interessi a chi ha investito.

Hanno fatto i progetti per costruire le case, hanno chiesto i solti per costruirle alle banche, queste ultime le hanno chieste ai risparmiatori garantendo alti interessi, SENZA AVERE I CINESI CHE VOLEVANO ACQUISTARE LE CASE. SI TRATTAVA DI UNA SPECULAZIONE!

La mancata vendita dei nuovi alloggi sta ora riportando alla dura realtà gli sviluppatori immobiliari, le società di costruzioni e le banche che hanno dato fiato a questo incredibile fenomeno speculativo.

Cosa sta succedendo?

1- I CINESI NON RIESCONO A VENDERE LE CASE ENON INCASSANO SOLDI

2- LE BANCHE NON RUCEVONO I SOLDI PIU’ GLI INTERESSI CHE I CINESI SI ERANO IMPEGANTI A RESTITUIRE

3- I RISPARMIATORI NON RICEVONO I LORO SOLDI COMPRESI DI INTERESSI

4- SICCOME IL PANICO IMPERVERSA I RISPARMIATORI CHIEDONO I LORO SOLDI

5- LE BANCHE CHE NON HANNO RICEVUTO I SOLDI DAI CINESI NON SANNO COME RESTITUIRLI

QUELLO CHE HO DESCRITTO VA SOTTO IL NOME DI BOLLA FINANZIARIA

Tutto questo coinvolge TUTTO IL MONDO, quindi anche i cittadini di San Cesario.

Le Borse europee, come quella tedesca e la nostra borsa italiana hanno perso circa il 4%, perché i rapporti economici con la Cina sono rallentati e c’è una fase di ulteriore rallentamento.

QUINDI NOI ITALIANI E’ VERO CHE ABBIAMO AVUTO LA PERDITA ASSOLUTAMENTE GESTIBILE DEL 4% MA ABBIAMO IL PROBLEMA ECONOMICO DEL VENIRE MENO DELLA LOCOMOTIVA CINESE CHE TIRAVA IN SU I PRODOTTO INTERNO LORDO DI TUTTO IL MONDO.

La soluzione, come nelle precedenti crisi, è TUTTA IN CAPO ALLA CINA CHE DOVREBBE stampare moneta e affrontare una dura ristrutturazione dei valori del mercato immobiliare, che porterà pesanti perdite per chi vi è rimasto coinvolto. Ma bisogna che la Cina lo faccia presto, se aspetta troppo il momento Lehman può arrivare all’improvviso.

Intervista all’economista di Harvard Rogoff
“Troppi debiti. Le conseguenze possono essere dolorose per tutti”
Pechino aveva alimentato la sua crescita con enormi dosi di liquidità, perché è un Paese dirigista con tante imprese pubbliche
Tutto questo avviene, in un pianeta sconvolto da una guerra drammatica: finché non finirà, nessuno potrà dirsi tranquillo
di Eugenio Occorsio
«Purtroppo sta verificandosi quanto,
con altri economisti come Larry
Summers, avevamo immaginato da
tempo: il “superciclo del debito”, lo
stesso che aveva messo in ginocchio
gli Stati Uniti nel 2008 e l’Europa nel
2010, ora si abbatte sulla Cina. Le
conseguenze possono essere molto
dolorose per tutti». Kenneth Rogoff,
classe 1953, docente di Public policy
ad Harvard, uno dei più prestigiosi
macroeconomisti del mondo, guarda
con allarme ai dati in arrivo da
Pechino. Un deja vu: il superciclo del
debito è quello che porta a far
crescere troppi crediti “facili” nei
momenti buoni dell’economia.
Professore, apprendiamo da lei
di questa specie di maledizione sulle
economie mondiali: ma com’è
possibile che il “superciclo” ci abbia
messo tanto per approdare al
capolinea cinese?
«C’è stato qualche ritardo per la
pandemia e poi la guerra, eventi
assolutamente straordinari che
hanno falsato la “tabella di marcia”,
ma non poteva essere altrimenti. Per
difendersi dai contraccolpi prima
della crisi americana e poi di quella
europea, la Cina aveva alimentato la
sua economia, facilitata dal fatto di
essere un Paese dirigista con
moltissime imprese pubbliche, con
enormi dosi di debito. Non a caso,
mentre Usa ed Europa si
arrovellavano in crisi spaventose, la
Cina proseguiva la sua corsa. Vi siete
mai chiesti perché? Ora
inevitabilmente i nodi vengono al
pettine».
Il punto di caduta, come in
America, coincide con una bolla
immobiliare. Come mai?
«Proprio così, ma anche in Europa se
ci pensate l’edilizia è un settore
guida, solo che essendo un’economia
più matura viene “superato” dai
servizi e dal manifatturiero
d’eccellenza, e così eventuali crisi
risultano compensate. In Cina, lo
spazio medio per cittadino era di 7,1
metri quadrati nel 1990 e ha
raggiunto i 48,7 metri quadri nel
2022, più o meno il “living space” di
molte economie avanzate. Buon per
loro, certo, ma questo è stato
ottenuto al costo di un massiccio
indebitamento che renderà
inevitabile per almeno i prossimi due
decenni una contrazione dell’attività
di costruzione, e anche di tutto il
connesso settore dello sviluppo
infrastrutturale. A catena, ciò porta
all’emergere di vulnerabilità pesanti
nell’occupazione, nella finanza, e
ovviamente nell’economia pubblica,
specialmente a livello di autorità
locali. A tutto questo si aggiungono la
frenata dell’export dovuta alla
deglobalizzazione e i negativi fattori
demografici».
La Cina, ormai ufficialmente in
deflazione, dovrà adattarsi anche
alla recessione?
«Intendiamoci, le capacità cinesi di
resistere a una crisi economica sono
ampiamente sperimentate. Solo che
stavolta il mix di frenata della
crescita ed esplosione della bolla
dell’indebitamento è davvero senza
precedenti. Il settore immobiliare,
ricordiamolo, è pari al 23% del Pil, e
arriva al 26% se contiamo anche
l’import. Ed è stato accompagnato
nella sua crescita, come tutta
l’economia, da massicci interventi
statali che hanno comportato
l’assunzione di enormi masse di
debito. Debiti privati e pubblici si
sono integrati, e ora di fronte ai
cambiamenti geopolitici, soprattutto
come ricordavo la retromarcia della
globalizzazione alla quale si è
accompagnato il rallentamento
dovuto all’inflazione mondiale, tutto
si è dissolto con una velocità
impressionante».
In due giorni, i due colossi
immobiliari per antonomasia,
Evergrande e Country
Garden,hanno dato forti segnali di
stress, anche se il primo ha
puntualizzato di aver “solo” chiesto
la protezione del Chapter 15 in
America. La Zhongrong, un
venditore di prodotti finanziari con
l’equivalente di 108 miliardi di
attivo, non sta meglio: la crisi si
generalizza?
«Temo di sì. La teoria del “superciclo
del debito” sta prendendo il posto
della “stagnazione secolare”, che
peraltro non si è mai vista. In questo
caso, invece, le ripercussioni saranno
pesanti in tutto il mondo».
Per singolare coincidenza (o
forse no?) gli Stati Uniti
“celebrano” in questi giorni il “soft
landing”, sono cioè usciti dalla
bufera dei rialzi senza recessione.
«È vero che gli Stati Uniti hanno
“outperformed”, sono cioè andati
molto meglio delle previsioni dei
mercati. Forse una piccola parte del
merito va all’Inflation reduction act,
che contiene – inutile negarlo – forti
elementi protezionisti perché
sussidia investimenti sostenibili in
America fatti da aziende europee che
avrebbero altrimenti investito in
Europa. Quello che non è affatto
chiaro è però se questi investimenti si
dimostreranno economicamente
efficaci quando i sussidi verranno
meno».
Però almeno l’inflazione, su
entrambi i lati dell’oceano, sembra
rallentare. Durerà?
«È vero, l’inflazione “headline”, cioè il
tasso complessivo, è sceso.
Preoccupa però il tasso “core”, cioè
quello che non tiene conto
dell’energia bensì di tutto il resto
dell’economia che ha ormai
inglobato i rialzi, originati
paradossalmente proprio
dall’energia che adesso è scesa, e
difficilmente ridurrà i prezzi. Come
ho spiegato a Milano quando venni
vostro ospite in marzo (all’evento di
presentazione del nuovo
Affari & Finanza, ndr) gli investitori
non devono aspettarsi che i tassi
d’interesse, sia in America che in
Europa, comincino troppo presto a
scendere, e meno che mai che
arrivino ai livelli “ultra low” raggiunti
dopo le due crisi di cui parlavo, 2008
e 2020. L’inevitabile normalizzazione
è in pieno svolgimento. Tutto questo
avviene, non dimentichiamolo mai,
in un pianeta sconvolto da una
guerra drammatica: finché non
finirà, nessuno potrà dirsi
tranquillo».
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