IL CIBO E’ DI TUTTI, NON PUO’ DIPENDERE DAL MERCATO

 

IL CIBO E’ DI TUTTI, NON PUO’ DIPENDERE DAL MERCATO

Nella prima pagina del quotidiano L’UNITA’ do oggi 25 agosto 2025, c’è in evidenza il titolo:

IL CIBO E’ DI TUTTI, NON PUO’ DIPENDERE DAL MERCATO

Dalle mie osservazioni e dai miei studi è emersa un proposta concreta da utilizzare come PARADIGMA, che è IL SALENTO. Di seguito la mia missiva del 2016 alla Federazione Nazionale dei Dottori in Agraria e Forestali e a seguire una sintesi dell’idea progettuale

Lecce 26 maggio 2016

Caro Luigi,

che bel Convegno quello dello scorso 25 maggio. Grazie di avermi invitato e, quindi per ciò stesso, di essere stato messo nelle condizioni di acquisire delle informazioni per me utilissime. Grazie ancora per la mia elezione a Consigliere Nazionale della Federazione Italiana Dottori in scienze Agrarie e Forestali, è per me un grande onore ricoprire tale incarico e non nascondo un senso di smarrimento, l’esser io “agronomo terra terra”, in mezzo a voi miei Magister e Giganti dell’Agronomia.

Tante cose avrei voluto dire circa il tema del cibo e, mi rendo conto, di non aver detto tutto quello che avrei desiderato dire. E allora mi sono detto che le mie "povere parole" era meglio che le scrivessi a te, sempre attento a tutto e a tutti, sensibile osservatore della realtà.

La mia idea è che acqua e cibo siano un diritto. Scorrono davanti ai miei occhi i dati che ha messo a disposizione il Vice Presidente della Fidaf Dottore Agronomo Andrea Sonnino della Fao e, prendendone atto, sono sempre più convinto che acqua e cibo siano un diritto di tutta l’umanità.

Le conclusioni del dott. Andrea Sonnino sono:

· La produzione attuale di alimenti è sufficiente a soddisfare le necessità di tutto il genere umano;

· Gli alimenti prodotti sono però usati in modo inefficiente e distribuiti in maniera iniqua, per cui il fenomeno della fame non è stato ancora sconfitto;

· La produzione alimentare è aumentata a costo della erosione delle risorse naturali, che ne costituiscono la base.

E quali altre conclusioni ha tratto?

· L’offerta mondiale di alimenti deve aumentare del 60% prima del 2050;

· Nello stesso tempo si devono conservare le risorse naturali e fare fronte al cambio climatico;

· Bisogna quindi produrre di più con meno;

· L’innovazione in agricoltura è essenziale per raggiungere la sicurezza alimentare in modo sostenibile.

La domanda è?

Si possono ottenere questi obiettivi che costituiscono la vita o la morte dell’umanità attraverso il “LIBERO MERCATO”?

La mia risposta è un secco no!

La conferma mi viene anche dal vertice dei Ministri Europei dell’Agricoltura del 2011 imposto dalla volatilità dei prezzi agricoli. Ricordo i titoli dei giornali di allora:

Uno scudo contro la volatilità dei prezzi - Trasparenza dei mercati e fondo anticrisi nell' Action Plan varato al recente vertice di Parigi. - Ma serve anche più produttività: un progetto di ricerca per rilanciare il grano duro.

C’è una grande volatilità dei prezzi agricoli perché la produzione mondiale di cibo non è un dato trasparente.

Sappiamo che ci sono persone umane che non hanno abbastanza cibo, conosciamo il loro numero e la loro collocazione geografica ma non sappiamo di quale e di quanto cibo hanno bisogno e soprattutto non sappiamo chi lo produrrà.

Mi sembra il minimo di informazioni necessarie, anzi indispensabili, a chiunque abbia in animo di soddisfare un bisogno vitale come quello che nessuna persona debba più "soffrire la fame" e ancora che nessuna persona debba più "morire di fame”.

Poi c’è la logistica ovvero chi, dove, come e quanto produce e chi, dove, come e quando distribuisce a tutte le persone dell'umanità.

Sino ad oggi c’è da prendere atto di un fatto, ovvero che da quando esiste l’agricoltura, ricordo a me stesso che sono passati 12mila anni, nessun “LIBERO MERCATO” e nessuna ideologia ha avuto il risultato di non avere persone denutrite o che muoiono di fame.

Ci vuole quindi un organismo Mondiale che, secondo me, si dovrebbe occupare di tutto questo e al quale vadano destinate le risorse finanziarie per garantire tutto questo a tutta l’umanità.

L’ho detto al Presidente Sonnino e ho aggiunto che la mia poteva sembrare una riedizione di una ideologia dell’ultimo secolo dello scorso millennio.

Ricordo a me stesso che “dare da mangiare agli affamati e da bere agli assetati” non è una ideologia e nemmeno una religione.

Secondo me dare a tutti cibo e acqua è dare la vita alle persone che costituiscono l’umanità.

Ancora grazie di tutto

antonio bruno dottore agronomo

UN CASO DI STUDIO IL SALENTO

Gli organismi viventi nascono, di norma, in un ambiente già dato. Ambiente nel quale devono semplicemente trovare l’adattamento ottimale. Ma gli stessi organismi, nel corso del tempo, interagiscono con l’ambiente che propone istante dopo istante, delle perturbazioni che determinano nell’organismo una trasformazione ed un adattamento. E questo adattamento agisce a sua volta sull’ambiente che a sua volta di trasforma. Tutto questo fa dire che gli organismi, istante dopo istante, imparano a sviluppare una strategia di sopravvivenza inedita.

Il Mondo cambia e gli organismi viventi cambiano, cambiando il Mondo attorno a sé, e in alcuni casi rendendolo migliore anche per gli altri.

Un esempio è il castoro. Il castoro costruisce la propria diga e così facendo modifica l’habitat che lo circonda, creando le condizioni che consentono ad altre specie di vivere. Nel linguaggio tecnico diciamo che il castoro è un costruttore di nicchie.

Nella condizione attuale del Salento leccese, potremmo sostenere che i proprietari del Paesaggio Rurale del Salento leccese dovrebbero essere come il castoro. Dovrebbero costruire nicchie.

Se fino ad oggi i proprietari del Paesaggio Rurale del Salento leccese erano visti come complemento utile ma non necessario, leggerlo attraverso la metafora del castoro permette di comprendere la sua capacità generativa per l’intero ambiente che ci circonda.

Dal Settecento a oggi, ogni qual volta si è realizzata una rivoluzione industriale questa ha determinato il passaggio di lavoratori e di coloro che operavano in un certo settore ad un altro settore. La prima rivoluzione industriale ha spinto alla fuoriuscita di forza lavoro dall’agricoltura alle fabbriche. Il sovrappiù generato dalla rivoluzione industriale è andato così a creare il secondario, ossia il settore industriale. La seconda rivoluzione industriale, agli inizi del Novecento, ha invece creato il settore dei servizi, il terziario. Oggi viviamo nel tempo di una nuova rivoluzione industriale e dobbiamo chiederci dove finirà il sovrappiù sia di lavoro sia di produttività che le nuove tecnologie del digitale e dell’intelligenza artificiale stanno per determinare.

Dobbiamo chiederci dove andremo ad allocare questo sovrappiù di forza lavoro e di produttività.

C’è chi avanza una prospettiva di neoconsumismo: si dovrebbe spingere affinché questo sovrappiù diventi un volano per la domanda pagante, con lo svantaggio di deumanizzare la società. Ci basta? Non credo proprio. C’è infatti un’altra prospettiva che fa entrare in gioco il Paesaggio Rurale, pensato come luogo che genera valore sociale nella forma di beni ambientali e del cibo.

Proprio perché le nuove tecnologie consentono un avanzamento rispetto ai bisogni elementari, dobbiamo usare questi avanzamenti per aumentare la fruibilità di beni ambientali e del bene cibo.

Beni di cui c’è un bisogno estremo. Ma per far questo torniamo al punto di partenza: ci vuole un soggetto capace di innovazione ambientale ed alimentare e questo soggetto possono essere i proprietari del Paesaggio Rurale del Salento leccese?

La mia risposta non può essere che negativa.

Gli imprenditori agricoli iscritti alla camera di Commercio di Lecce sono circa seimila e solo mille di questi sono vere e proprie aziende che producono per il mercato.

L’azione di questa Aziende agricole incide sul 20 o al massimo 30 per cento dei 200mila ettari della Provincia di Lecce quindi su 40mila o al massimo 60 mila ettari. Ed i restanti 140mila ettari?

Come sappiamo tutti sono abbandonati perché i proprietari hanno un’età che sfiora gli 80 anni oltre che per la dimensione della proprietà che per il 60% non raggiunge l’ettaro e che nella stragrande maggioranza non supera i due ettari e mezzo.

C’è chi afferma che la strada per questi ultimi sarebbe la cooperazione. Francamente non credo che persone che sfiorano gli ottant’anni abbiano tra le loro priorità quelle di costituire cooperative agricole.

Allora bisogna pensare in prospettiva. E soprattutto dobbiamo cominciare a immaginare un Paesaggio Rurale che dia prosperità.

La prosperità deve essere inclusiva, non escludere. E proprio le sfide della “Prosperità inclusiva” aprono quella dei beni comuni, che comprende i digital commons, le piattaforme, le infrastrutture e le reti.

E se cominciassimo a pensare il Paesaggio Rurale del Salento leccese nella sua qualità di bene comune? Ecco vi propongo di farlo, facciamo questo gioco, ovvero pensiamo per un istante che il nostro Paesaggio Rurale non è più proprietà di alcuni privati ma diventa un bene comune ovvero proprietà della Comunità. E’ chiaro che subito vengono fuori delle domande.

Quale tipo di governance vogliamo dare a questi nuovi beni comuni?

A tal riguardo, voglio fare riferimento alla Commissione sulla Giustizia Economica ha diffuso un discussion paper titolato The Digital Commonwealth. È un documento significativo, ma anche rivelatore.

Rivela che tutti avvertiamo l’esigenza di una governance per i digital commons, ma su quale debba essere il modello di governance per gestire i digital commons c’è ancora molta incertezza.

La mia proposta è che, su questo fronte, proprio i cittadini del Salento leccese e le loro associazioni dovrebbero buttarsi a capofitto, occupandosi della definizione di questa governance.

Un’altra area di costruzione di nicchia riguarda le intelligenze artificiali. L’intelligenza artificiale, oggi, o è sviluppata in una modalità market driven o in una modalità state driven: o è guidata dalla logica del profitto o da una logica statale (il modello cinese, per intenderci).

Per quanto riguarda il Paesaggio rurale secondo me la logica del profitto che è stata applicata in tutti questi decenni non ha funzionato. Basta fare una passeggiata nel nostro territorio per accorgercene.

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