Cesario un diacono africano


Foto di Alessio Marenaci 
Poco o nulla sappiamo della sua infanzia: agiografi e studiosi - in queste notizie di seguito riportate - hanno espresso opinioni in maniera diversa, talvolta contrastanti. Cesario nacque nell'Africa settentrionale, precisamente a Cartagine, verso 1'85 d. C.. Era figlio di un mercenario e di una nobildonna che, secondo la tradizione, discendevano dalla "Gens Julia", la rinomata famiglia Giulia. I genitori decisero di chiamarlo Cesario per dimostrare la loro devozione ed appartenenza all'imperatore, denominato anche Cesare. Il nome "Cesare" deriva dal latino Caesar (Caesarius e Caesaria in età imperiale), adattamento dell'etimo etrusco aisar con il significato di "grande", "divino". Secondo lo storico e agiografo Mons. Francesco Lanzoni, l'africanità del martire può essere un'invenzione, o una pura ipotesi dell'autore, o una tradizione volgare da lui raccolta e consacrata al suo lavoro. Oppure potrebbe congetturarsi che la passione di Cesario sia stata creata dalla penna di uno scrittore africano, profugo in Italia dalla persecuzione vandalica. Lo studioso Albert Dufourcq dice che la Passione è stata scritta nell'epoca bizantina; in questo periodo Roma e Cartagine erano sorprese di trovarsi "sorelle" sotto il dominio del Basileus (imperatore) di Bisanzio e tra la costa africana e quella della Campania ogni giorno si moltiplicavano relazioni di tutti i generi, mille legami si intrecciavano: da qui ha origine la credenza che il diacono Cesario abbia percorso proprio questa strada per arrivare a Terracina, ossia la stessa che attraversavano i soldati, mercanti e viaggiatori. Ritornando al racconto, i suoi avi si stanziarono a Cartagine durante la riorganizzazione dei territori africani da parte di Giulio Cesare, il quale proprio in quella città fondò una colonia romana in cui si erano trasferiti dei cittadini romani alleati con la madrepatria e quindi sotto il controllo di Roma. Questa colonia prosperava e traeva profitto dal collegamento e dall'alleanza con Roma imperiale ed il bimbo, essendo figlio unico, si trovava nella condizione di poter ereditare una cospicua eredità, senza alcuna necessità di dividerla o frazionarla.
La sua famiglia si convertì al cristianesimo per la fervente predicazione degli apostoli di Gesù nella zona. Il giovane Cesario, dopo aver compreso i contenuti della dottrina cristiana, rimase molto affascinato dalla figura di Gesù e dal suo messaggio di salvezza. Volendo diventare tutt'uno con Cristo, prese il voto del diaconato. Nel Cristianesimo primitivo il Diacono (dal greco Steucovog - dalconos, ovvero servitore) era colui che si poneva nella comunità al servizio del prossimo, in modo autorevole e ufficialmente riconosciuto. Ben presto quella del diacono divenne una vera e propria figura ministeriale, che si affiancò alla figura del vescovo e del presbitero. Il diacono non rappresenta Cristo quale sommo sacerdote e non offre il sacrificio eucaristico, ma rappresenta Cristo come colui che è venuto « non per essere servito ma per servire ». Il Diaconus è l'immagine viva del Cristo che serve, che per amore si china a lavare i piedi dei suoi discepoli, che si fa carico delle sofferenze dei più deboli, che proclama la parola del Regno di villaggio in villaggio, che si fa vicino a chiunque sia minacciato dalla tristezza e dall'angoscia e che offre la sua stessa vita in sacrifico. Il compito di Cesario era quello di essere un servitore della Parola di Dio, della mensa dei poveri e di quella eucaristica. Sorretto da questa fede, con grande meraviglia dei suoi genitori, rinunziò al suo patrimonio e si dedicò all'evangelizzazione.

Brano Tratto da Libro illustrato sulla vita di San Cesario, o Cesareo, diacono e martire di Terracina: "CAESARIUS DIACONUS" / Testi e illustrazioni di Giovanni Guida, 2015. (Studio della Passio Sancti Caesarii diac. et Iuliani presb. Terracinae mart.)

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