A San Cesario dobbiamo fare la rivoluzione riflessiva

 


A San Cesario dobbiamo fare la rivoluzione riflessiva

Prima della pandemia vivevamo insensibili, ciechi a molte cose tra queste le relazioni con gli altri, l'importanza dei legami familiari, il consumismo e la cura dell'ambiente.

Come nell'epidemia il coronavirus ha reso visibili altri mali nel Paese, ci ha mostrato una povertà che molti di noi credevano non esistesse più. Ma la povertà, dove non esistono le condizioni per vivere nel benessere, è sempre stata lì, davanti ai nostri occhi, lei è la figlia della nostra insensibilità e cecità.

Da questo gruppo e dal mio blog oltre che nelle conversazioni propongo un cambiamento verso uno stile di vita più collaborativo. È necessaria una rivoluzione? Credo di sì, ma una rivoluzione senza armi, o solo con due armi: la riflessione e laconversazione.

Quando negli anni 60 ho iniziato la scuola pubblica, la nostra popolazione di San Cesario era povera; la psiche di allora era diversa dalla psiche di oggi, era la psiche del prossimo, del collaborare, del chiedersi cosa serve al prossimo, noi bambini uscivamo a giocare per strada. La collaborazione tra noi è stata spontanea, era lo spirito delle case ina. A scuola ho imparato l'educazione civica, e sapevo di appartenere a una comunità, c'era un senso di cittadinanza che si era perso nel tempo del fascismo. Invece la psiche di oggi è individualistica, competitiva, di ricerca del successo. Questa pandemia ci coglie lì, in quella psiche e ci mostra dove siamo.

Il tallone d’Achille di San Cesario, ovviamente, ci ha rivelato che siamo vulnerabili perché viviamo nella mancanza di consapevolezza, nel prendere sul serio la nostra appartenenza sociale, nel fatto che siamo una comunità di convivenza nella quale entriamo nella disonestà.

È la psiche del potere, è una psiche della lotta competitiva opportunistica, non è uno sguardo alla qualità del fare, ma all'opportunità, e con quello sguardo all'opportunità arriva la disonestà. Perché è vero che uno deve avere una condotta opportuna, ma in una competizione l'occasione è negare l'altro, ed è soprattutto cieco opportunismo, perché a chi è in competizione non importa dell'altro. Che ne siamo consapevoli o no siamo immersi in questo.

Gareggiare è voler vincere a tutti i costi, e da questo nasce la violenza, che altro non è che il fatto che faccio spazio a me stesso e sgomito per far andare fuori strada l'altro. La violenza è stata installata come un modo per affrontare i conflitti, e per affrontare i conflitti non si usa più la parola, il discorso, è come se la violenza fosse l'argomento anche se sappiamo bene che la violenza non può essere ammessa in nessuno spazio. Perché sappiamo che la violenza porta più violenza. Questo applauso alla violenza mi stupisce. Siamo esseri umani e ci differenziamo dagli animali perché emergiamo nel linguaggio e abbiamo la condizione fondamentale che è la capacità di riflettere. I dittatori usano la violenza per sottomettere il popolo, ma la violenza non è amica della democrazia o della collaborazione.

La democrazia è un modo di vivere insieme che si basa sul rispetto reciproco e sul desiderio di stare insieme facendo ciò che si fa in collaborazione. Se non vogliamo stare insieme, se non ci rispettiamo, non ci sarà democrazia in nessun caso; dal momento in cui noi viviamo in una democrazia dal momento in cui scegliamo di vivere nell'onestà, emergerà il rispetto reciproco e la collaborazione. Invece siamo in competizione, governo e opposizione, siamo in quel gioco che è sempre l'aggressione reciproca. La democrazia non funziona bene nella nostra Comunità, perché non parliamo, non riflettiamo. Se penso che un certo progetto seguito da un gruppo, diciamo l’Amministrazione Comunale e il Sindaco in carica, non sia appropriato, non dovrei avere una relazione con la nostra Amministrazione Comunale e con il Sindaco in termini di opposizione, ma dovrei avere comportamenti di collaborazione, e parlare con loro e riflettere.

Io propongo a tutti di staccarci dalle ideologie, anche se le ideologie rappresentano i principi a cui le persone di San Cesario aderiscono perché un problema non si risolve con l'ideologia, perché l'ideologia è sempre un dogmatismo, infatti chi segue un ideologia in genere dice: “questi sono i miei principi e quindi non possono essere toccati”. Quindi se ho un ideologia non ascolto l'altro, perché penso che stia violando i miei principi, e ciò che è richiesto è che vogliamo vivere onestamente.

Insisto, anche se sembra folle, l'onestà non è barare, è essere disposti a riflettere quando c'è difficoltà e se abbiamo opinioni diverse, non credere di possedere la verità e riflettere insieme su ciò che faremo. Per questo voglio una rivoluzione riflessiva, dobbiamo riflettere in tutte le circostanze in cui c'è disaccordo, e se vogliamo convivere possiamo sempre trovare un accordo.

Liberamente adattato da:

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