FINALMENTE CI SONO LE MISURE VERE PER LA TUTELA DEL LAVORO E DEL REDDITO

 

FINALMENTE CI SONO LE MISURE VERE PER LA TUTELA DEL LAVORO E DEL REDDITO

GIORGIA SERUGHETTI ricercatrice in Filosofia politica all'Università di Milano-Bicocca che si occupa di genere, teoria politica e migrazioni, ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI oggi 25 luglio 2023 in cui in estrema sintesi sostiene LA TESI secondo cui “LA DESTRA RADICALE che ha avuto IN ITALIA la capacità di trarre alimento elettorale dalle crisi sociali e dallo scontento che producono, offrendo in risposta una politica dell’identità fondata su difesa della patria, della famiglia, dell’ordine e dei valori tradizionali” NON TROVA SUCCESSO QUANDO ESISTE L’ALTERNATIVA.

Secondo la prof.ssa SERUGHETTI L’ALTERNATIVA HA SUCCESSO ALLE ELEZIONI QUANDO SI RISPONDE ALLE CRISI SOCIALI E ALLO SCONTENTO CHE PRODUCONO CON MISURE VERE DI TUTELA DEL LAVORO E DEL REDDITO.

Come non essere d’accordo con la prof.ssa SERUGHETTI?

Tutti noi che abbiamo letto queste parole vogliamo MISURE VERE DI TUTELA DEL LAVORO E DEL REDDITO.

Che importanza ha chi le metterà in atto?

La prof.ssa Serughetti ha chiare le idee di quale siano le misure vere di tutela del lavoro e del reddito e a questo punto non le resta che elencarle affinché i prescelti facciano delle conversazioni intorno a queste importantissime soluzioni IN PARLAMENTO che significa IL LUOGO IN CUI SI PARLA – IL LUOGO IN CUI SI CONVERSA perché dalle conversazioni emergono gli ACCORDI.

Dimenticavo di chiedere alla prof.ssa perché mai non le abbia già elencate? Sono un segreto? Queste soluzioni per caso si ha paura che siano poi oggetto di plagio? Forse per renderle pubbliche la prof.ssa Serughetti attende di registrarle alla SIAE per non perdere i diritti d’autore?

Le mie domande sono retoriche. La nostra cultura patriarcale della competizione non consente la collaborazione tra chi concorre per IL POTERE.

Ma possibile che la prof.ssa Serughetti e tutti gli altri impegnati in questa opera DI DELEGITTIMAZIONE RECIPROCA non si accorgano che rappresentano in tutto la minoranza dei cittadini che va a votare?

Buona riflessione

UNA STRADA PER L’OPPOSIZIONE
I “patrioti” non vincono se la sinistra fa la sinistra
GIORGIA SERUGHETTI
filosofa
In Europa è arrivato il tempo dei patrioti,
annunciava Giorgia Meloni nel
videomessaggio di dieci giorni fa a
sostegno della campagna elettorale di Vox.
Nel sogno dei conservatori europei, guidati
dalla leader di Fratelli d’Italia, la Spagna si
annunciava come il nuovo laboratorio di
normalizzazione e istituzionalizzazione della
destra radicale. Non è andata così. Il partito di
Santiago Abascal non solo ha ottenuto un
risultato inferiore alle aspettative, ma ha perso 19
seggi, fallendo nell’obiettivo di proporsi come
junior partner in una coalizione di maggioranza
guidata dal partito popolare. E il voto spagnolo ha
assunto inevitabilmente un significato più vasto:
per gli equilibri europei, per i sogni di alleanza tra
popolari e conservatori a Bruxelles e Strasburgo, e
per il progetto politico di Meloni. «La Spagna frena
l’onda Meloni» titolava La Vanguardia, quotidiano
catalano, commentando i risultati. Perché Giorgia,
con il suo spagnolo fluente, ha impresso
nuovamente il marchio dei suoi slogan contro
l’immigrazione, i diritti civili, l’ambientalismo
cosiddetto «ideologico» sulla campagna dei suoi
alleati. E porta perciò, come questi ultimi, il peso
della sconfitta.
Non è facile capire quale governo uscirà dalle
urne. Tutti maggiori i partiti – Vox a parte –
possono a ragione vantare di aver vinto qualcosa:
i popolari perché hanno ottenuto la maggioranza
relativa dei seggi, i socialisti perché hanno
resistito all’onda, la sinistra perché cresce. Si può
però immaginare che, in campo conservatore,
una prima lezione appresa sia che il radicalismo
di alcune posizioni di destra non paga, non
sempre, non in tutti i paesi, non sul lungo periodo
– come Meloni ha già imparato sul versante
interno. Soprattutto, sembra che in Spagna non
abbia funzionato la formula di successo
sperimentata altrove dai partiti della destra
radicale: la capacità di trarre alimento elettorale
dalle crisi sociali e dallo scontento che producono,
offrendo in risposta una politica dell’identità
fondata su difesa della patria, della famiglia,
dell’ordine e dei valori tradizionali. Non funziona
questa formula, o funziona in modo imperfetto,
quando un’alternativa esiste. Quando esiste una
sinistra che fa la sinistra, e alle medesime crisi
risponde con misure vere di tutela del lavoro e del
reddito. Per cominciare. Non funziona, di contro,
anche quando i partiti della destra radicale sono
scalzati da forze in apparenza più moderate
capaci di assumerne argomenti e stili. Che è ciò
che ha fatto il leader vincente Alberto Núñez
Feijóo, spostando a destra l’agenda dei popolari,
«melonizzando» il partito sui temi culturali e
offrendo una nuova sintesi di liberismo e
conservatorismo. La sconfitta di Vox non segna di
per sé un cambio di direzione del vento. Forse non
è il tempo del governo per i «patrioti», ma
nemmeno di sonni tranquilli per i progressisti.

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