Le spiegazioni non servono, qual è l’emozione? Quella è la causa.

 

Le spiegazioni non servono, qual è l’emozione? Quella è la causa

Carlo Trigilia Professore emerito di sociologia economica dell'Università degli Studi di Firenze, ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI oggi 9 luglio 2023 in cui sostiene che UN ALTRO RIFORMISMO SIA POSSIBILE.

Il Prof Trigilia dopo aver descritto il RIFORMISMO PRAGMATICO come “l'avvicinamento alle politiche economiche e sociali de- regolative del centrodestra “e perciò causa delle discriminazioni sociali, sostiene che si possa praticare UN NUOVO RIFORMISMO che realizzi “una redistribuzione non assistenzialista che non frena la crescita e sostiene l'economia di mercato”.

Giuro che leggendo questa frase ho provato le vertigini.

REDISTRIBUZIONE NON ASSISTENZIALISTA è davvero un ossimoro interessantissimo. Voglio dire che siccome la ricchezza va redistribuita per avvicinare i meno ricchi ai più ricchi, chi di noi ha la responsabilità dovrebbe semplicemente operare in questa direzione.

Invece il Prof.Trigilia scrive che LA REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA DEBBA FAVORIRE LA CRESCITA E SOSTENERE L’ECONOMIA DI MERCATO.

Un rompicapo che dispero si possa risolvere. Non può risolversi perché il neoliberismo, di cui l’economia di mercato è conseguenza, essendo la causa delle discriminazioni per effetto della competizione economica che viene definita “libera concorrenza”, se viene favorito con la redistribuzione del reddito che dovrebbe servire ad ottenere l’uguaglianza, continuerà a determinare discriminazioni. Ed è questo che accade oggi ed è accaduto anche in passato.

Come può la redistribuzione favorire l’economia di mercato, se è proprio l’economia di mercato la causa unica delle diseguaglianze e in definitiva è ciò che determina le discriminazioni?

Questo parallelismo tra economia di mercato e redistribuzione del reddito non potrà mai essere risolto con UNA CONVERGENZA PARALLELA.

Il Prof. Trigilia così descrive IL NUOVO RIFORMISMO:

“Una strada che si basa su un ambiente istituzionale lontano dalle sirene della democrazia maggioritaria. E che ha nella concertazione con le rappresentanze del lavoro e nella centralità del partito rispetto alla personalizzazione della leadership i suoi punti di forza.”

Come è possibile constatare nella nostra vita quotidiana le spiegazioni non servono, dobbiamo invece chiederci: qual è l’emozione? Una volta individuata l’emozione possiamo essere certi che quell’emozione è la causa di quel determinato comportamento. Allora qual è l’emozione che determina il comportamento delle persone che non vanno a votare alle elezioni?

Come dimostrato il neoliberismo è la conseguenza della nostra cultura patriarcale, che è la causa delle doglianze di chi non va più a votare, perché ha preso atto che qualunque partito vinca le elezioni, se non desidera abbandonare la nostra cultura patriarcale, ripeterà monotonamente gli stessi comportamenti delle persone del partito che hanno governato sino ad allora.

Conseguentemente se davvero si desidera far avvicinare le persone alla elaborazione di un progetto comune per la redistribuzione della ricchezza, si può desiderare di abbandonare la nostra cultura patriarcale. Una vota che lo si sia fatto emergerà spontaneamente la cultura della collaborazione.

Buona riflessione

PRAGMATICI E MASSIMALISTI il Partito democratico si ricordi clic un altro riformismo è possibile
CARLO TRIGILIA sociologo
Il rischio per il nuovo Pd è di essere troppo poco "pragmatico" o di esserlo troppo? Molti autorevoli osservatori spesso ospitati sul corriere e sul Foglio non hanno dubbi.
Il pericolo per il Pd - e più in generale per il paese — è di imboccare con la nuova segreteria una strada che lo allontana dal "riformismo pragmatico- e lo porta dritto al "massimalismo" che tanto male ha fatto all'Italia.
La preoccupazione non è infondata, come argomenta Angelo Panebianco (sul Corriere di mercoledì scorso). Tuttavia, andrebbero affrontati due nodi critici. Il primo riguarda i risultati conseguiti dal riformismo pragmatico del passato.
Dal punto di vista del partito sono disastrosi: sei milioni di voti persi, dimezzato (fino a meno del 20 per cento) il voto delle classi popolari.
Non meglio vanno le cose dal punto di vista sistemico. L'incapacità del Pd di affrontare la sfida delle disuguaglianze crescenti (meglio sarebbe scrivere DISCRIMINAZIONI) è stato infatti il motore principale dell'astensionismo e del "grande esodo" dell'elettorato popolare verso nuove formazioni populiste e sovraniste come del resto in altri paesi.
Ma è questo riformismo del passato l'unico possibile per un partito di sinistra?
E qui veniamo al secondo nodo critico. Molti osservatori, preoccupati per i rischi del massimalismo aderiscono di fatto a una visione del riformismo che si potrebbe sintetizzare con una formula antica: extra ecclesiam nulla salus. L'ecclesia in questo caso è il pensiero unico sul riformismo.
Come se il solo tipo di riformismo possibile in una democrazia avanzata sia quello stile terza via, sperimentato con l'avvicinamento alle politiche economiche e sociali de- regolative del centrodestra, e subendo quindi l'influenza del neo-liberismo. Un riformismo che si distingue dalla destra soprattutto sulla dimensione culturale (diritti civili). Non a caso viene erroneamente identificata l'esperienza della socialdemocrazia (anche quella nordica e della Spd dopo Schroder) con questo riformismo. Ma non è così. Tale esperienza, pur con tutti i suoi problemi e le sue peculiarità, mostra un riformismo diverso e più efficace capace di rispondere alle sfide con una redistribuzione non assistenzialista che non frena la crescita e sostiene l'economia di mercato, e così difende le stesse istituzioni democratiche sotto attacco.
Una strada che si basa su un ambiente istituzionale lontano dalle sirene della democrazia maggioritaria. E che ha nella concertazione con le rappresentanze del lavoro e nella centralità del partito rispetto alla personalizzazione della leadership i suoi punti di forza.
Bene dunque ricordare i rischi del massimalismo, ma senza identificarli con il mero allontanamento dal vecchio riformismo che non ha portato bene al Pd e al paese.
Un altro riformismo è possibile e sulla capacità di imboccare questa strada e non di riprendere la vecchia va valutato oggi il Pd.

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