Per non discriminare non serve la legge, serve dare ascolto a tutti

 


Per non discriminare non serve la legge, serve dare ascolto a tutti

Nadia Urbinati, titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York, ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI oggi 4 luglio 2023, in cui descrive le discriminazioni presenti in Francia ed in USA e aggiungo io, discriminazioni da cui noi cittadini italiani non siamo esenti. In estrema sintesi la Prof.ssa Urbinati indica la causa di queste discriminazioni nella frase che si può leggere di seguito:

“l'ideologia del "merito cieco" erode alla radice questi programmi di integrazione” ovvero vanifica il dettato della legge che stabilisce che tutti i cittadini hanno eguali opportunità.

Quando ero studente circolava una frase di George Orwell sulla legge:

La legge è uguale per tutti, ma per alcuni è più uguale degli altri.

La storia della Francia e degli USA e anche la storia del nostro Paese è una storia di discriminazione di classe, di lavoro, etnica, razziale: o sei di colore o sei europeo. Quindi, ovviamente, questa è la nostra storia. Ma, allo stesso tempo, c'è un tentativo di impedire che ciò accada. Questi Paesi con la legge hanno cercato di ottenere una convivenza sociale armoniosa, di non discriminazione. È emerso invece, che tutti questi Paesi di fatto siano generatori di discriminazioni, perché ciò è determinato dalla formazione di coloro che hanno responsabilità nel campo del potere politico e manageriale. Il tema della discriminazione è molto insidioso perché, in questi momenti storici, apparteniamo a una cultura discriminatoria e la legge non è riuscita a ottenere una cultura che realizzi l’armonia tra tutti i cittadini.

Per continuare la mia riflessione desidero confrontare questa nostra esperienza umana con quella delle api che, attraverso la trofolassia, si nutrono e si scambiano ormoni che modulano la crescita. L'alveare è integrato nella trasformazione corporea e nell'alimentazione reciproca. Invece noi esseri umani ci coordiniamo, non nel modo che ho descritto e che mettono in atto le api, ma attraverso la ragione e i sentimenti.

Proprio partendo da questo presupposto vorrei che riflettessimo tutti sul fatto che, un valore trascendentale che può evitare le discriminazioni è l'onestà. Voglio dire che scegliere qualcosa è legittimo e coerente con ciò che vogliamo vivere, ma il nostro grande problema oggi è la disonestà. A volte non ci rendiamo conto che siamo ciechi, che non possiamo vedere, non perché abbiamo danni agli occhi. Ciò che ci rende ciechi, che ci riduce a non vedere nello spazio della convivenza o ciò che ci rende sordi, senza che ci siano danni al nostro udito, sono i desideri in cui non si è onesti, quindi desideri in cui siamo DISONESTI attraverso i quali si vuole approfittare di qualcosa a proprio vantaggio.

È in questo SPAZIO DI “NON ONESTA’” O MEGLIO DI DISONESTA’ CHE APPARE L’ESCLUSIONE DELL’ALTRO, LA DISCRIMINAZIONE.

La fonte della discriminazione dovuta alla disuguaglianza è SEMPRE una teoria o - MEGLIO - SONO SEMPRE LE TEORIE, sono sempre certe premesse di base: questo bambino non sente, quindi siccome è inutile io non lo vedo proprio! Questa persona non può muoversi, deve camminare con un bastone, quindi io non ho alcuna ragione di vederla, perché dal momento in cui deve camminare con un bastone, non vedo il suo cammino, la sua realizzazione come persona come membro della comunità, lo escludo.

Invece se vogliamo vivere insieme dobbiamo essere onesti, non mentire, trattarci come uguali anche se siamo diversi, come equivalenti anche se siamo diversi. Siamo membri della comunità, quindi siamo tutti partecipanti a tutte le cose che vengono generate nella Comunità di cui facciamo parte.

Cerco di riassumere partendo da uno dei presupposti fondamentali della nostra Costituzione: l'uguaglianza. Dire che siamo uguali vale anche nella differenza, siamo uguali perché siamo membri di una comunità e vogliamo esserne membri e le differenze che ci sono tra noi sono semplicemente modi diversi di vivere insieme.

Dopo questo ragionamento possiamo desiderare di dare priorità alla convivenza, alla riflessione e al rispetto. C'è chi dice che bisogna dare voce alle persone discriminate, io non sono d'accordo. Le persone discriminate hanno voce, il problema è che storicamente ci siamo rifiutati di ascoltarle e abbiamo pensato di dover parlare per loro.

Possiamo desiderare di conversare con tutte le persone che sono diverse da noi, perché è solo nella conversazione che emergono gli accordi che portano ad una convivenza sociale armonica e fonte di benessere per tutti.

Buona riflessione

LA CONVERGENZA DI DUE MODELLI
Il George Floyd della Francia che la rende simile agli Usa
NADIA URBINATI politologo
Unite nell'utopia rivoluzionaria, Francia e Stati Uniti sono state tradizionalmente distanti nella concezione della cittadinanza: una religione civile di assoluta eguaglianza nel primo caso; una religione civile di attenzione alle differenze nel secondo. La triade "libertà eguaglianza fraternità" respinge politiche di "azione affermativa" verso etnie svantaggiate. Molto diversa la logica dei liberal americani ben rappresentata dal presidente Lindon B. Johnson (e ora da Joe Biden) «Non si può prendere una persona che, per anni, è stata bloccata da catene, liberarla, portarla sulla linea di partenza di una gara e poi dirle "Sei libero di competere con tutti gli altri", e credere ancora giustamente di essere stati completamente corretti».
A questa idea gli Stati Uniti hanno ancorato per decenni la teoria della giustizia e le politiche federali. Ma le cose stanno cambiando e la distanza tra le due repubbliche si accorcia. La Francia ha il suo George Floyd (il ragazzo nero ucciso dalla polizia di Minneapolis due anni fa senza un motivo evidente), e i giudici statunitensi propongono il modello francese di cittadinanza senza colore (color blind) nella recente decisione della Corte Suprema di cancellare la legittimità dell’affermative action nell'ammissione degli studenti alle università. I giudici ripetono quel che le autorità francesi dicono giustificando l'uccisione di Nahel Merzouk francese di origini nord africane, la legge è uguale per tutti senza pregiudizio. In entrambe le repubbliche i cittadini che fanno parte di minoranze razziali sono e si sentono discriminati. Ma il problema viene negato, non può esistere, perché la legge dice che non deve esistere. Molti afro-americani e molti francesi nordafricani hanno negli anni lottato per trovare "silenziosamente" il loro posto nelle rispettive società. È la “promessa repubblicana" di integrazione ha funzionato fino a quando l'affermative action" (USA) e le politiche sociali (Francia) sono state capaci di far ottenere a molti un'istruzione superiore e un lavoro migliore. Politiche attente, a modo loro, alle condizioni ambientali. Ma l'ideologia del "merito cieco" erode alla radice questi programmi di integrazione. Le differenze razziali non contano, ha dichiarato il responsabile della polizia francese rispondendo alle critiche le condizioni di vita degli afro-americani non devono contare nell'ammissione all'università, ha decretato la Corte Suprema. Il fatto è che la «legge uguale per tutti», ha scritto la giudice di minoranza nella decisione della Corte. è «una regola superficiale di daltonismo in una società endemicamente segregata dove la razza ha sempre contato e continua a contare». L'imparzialità per legge è una Pellicola troppo sottile per neutralizzare le diseguaglianze sociali: alimenta semmai rabbia razziale e odio di classe

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