Le elezioni non sono la democrazia

 

Le elezioni non sono la democrazia


SALVATORE BRAGANTINI componente del Consiglio di Amministrazione dell’Università degli Studi di Milano; Presidente non esecutivo di Indaco Ventures SGR, gestore di fondi alternativi; Amministratore di Sherpa Srls, campagne pubblicitarie e servizi per l'Outdoors ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI oggi 22 luglio 2022 in cui dimostra che le priorità dell’informazione della Tv, della carta stampata e di internet sono fissate dagli algoritmi degli Over the top, Apple, Google, Meta e Microsoft, attenti solo al profitto che ammonta all'85% della torta pubblicitaria; giornali e siti campano del residuo 15% di questa e delle vendite, in edicola o in abbonamento.

Sempre secondo BRAGANTINI tutto ciò rappresenta UN PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA.

E’ del tutto evidente che per SALVATORE BRAGANTINI la DEMOCRAZIA SONO LE ELEZIONI e che secondo lui il pericolo è quello che a vincere le stesse siano quelli che controllano i mezzi di informazione, primi tra tutti la TV.

Il ragionamento di SALVATORE BRAGANTINI è il seguente:

“Siccome quelli che hanno il potere controllano le TV, loro vinceranno le elezioni.”

Non sono d’accordo con SALVATORE BRAGANTINI perché è mia opinione che LA DEMOCRAZIA NON SIANO LE ELEZIONI.

Le elezioni sono UNA GUERRA VIOLENTA senza esclusione di colpi, in cui MANIPOLI DECISI DI DONNE E UOMINI sgomitano per conquistare IL POTERE, ESCLUDERE I VINTI E SOTTOMETTERE TUTTO IL RESTO DELLA COMPAGNIA BELLA.

Se è questo il presupposto da cui parte SALVATORE BRAGANTINI per svolgere il suo ragionamento, ad essere in pericolo NON E’ LA DEMOCRAZIA, ma le fortune dei partiti che oggi sono stati vinti alle elezioni ed esclusi dal potere.

Ne consegue che SALVATORE BRAGANTINI non è contento che al potere ci siano i cittadini che, in questo presente storico, l’hanno conquistato con le elezioni.

Ma lo stesso ragionamento non lo facevano forse I VINCITORI DI OGGI QUANDO ERANO ESCLUSI DAL POTERE STRETTAMENTE IN MANO A CHI OGGI SI VEDE ESCLUSO?

Ciò premesso desidero parteciparvi, ancora una volta, COME E’ IL MODO DI VIVERE CHIAMATO DEMOCRAZIA.

Vivere in democrazia è un atto di responsabilità pubblica che nasce dal desiderio di vivere sia nella dignità individuale che nella legittimità sociale che implica come un modo di vivere quello del riconoscimento reciproco di legittimità e nel reciproco rispetto, e falliamo nel nostro tentativo solo quando non realizziamo questo modo di vivere, mentre affermiamo che vogliamo vivere in esso.

E’ del tutto evidente che le elezioni non sono LA DEMOCRAZIA.

Buona riflessione

GIORNALISMO E PROFITTI
L’informazione con gli algoritmi mette in pericolo la democrazia
SALVATORE BRAGANTINI
economista
La democrazia è sotto scacco
ovunque; conosciamo i suoi
nemici esterni, ma trascuriamo la
crisi dell'informazione qualificata,
che la erode dall'interno; sta dietro
Brexit e la persistenza del
fenomeno Trump. Partiamo dal basso. La
nostra destra al governo si dipinge come
underdog(underdog s. f. e m. Chi, partecipando da sfavorito a una competizione, sportiva o extrasportiva (per es., elezioni politiche), riesce a sovvertire i pronostici) ma in Rai non sfondava per il suo
basso livello: non fai buona Tv con Pippo
Franco. La sua pochezza culturale non le ha
impedito di occupare per decenni metà della
Tv. In quegli anni i canali berlusconiani han
plasmato a propria somiglianza l'opinione
comune, per poi mutarne i connotati politici.
Ora che le sedicenti vittime di ieri governano,
questo equilibrio dell'orrore (est-eticamente
parlando, s'intende) è rotto. Anche Rai3,
scriveva qui Lisa Di Giuseppe, sarà come
Retequattro. La destra domina la Rai perché
governa, Mediaset perché la possiede; non sarà
una mosca Bianca a cambiare tutto. Dacché
esiste la Tv, se non dal fatal ventennio,
nessuno ha goduto di così totale plauso sullo
schermo azzurrino. È vero, i favori Rai non han
protetto i governi in carica dalle sconfitte
elettorali, ma ora lo squilibrio in Tv è
lampante. E lì l'assurda allergia della destra ai
dati scientifici fa gravi danni, ad esempio sul
grande tema del cambiamento climatico.
Fortuna che ci sono i giornali, si dirà, ma i
giovani, che poco li leggono, s'informano su
Internet, e allargandosi il quadro peggiora. Il
17 luglio sul Corriere Milena Gabanelli e
Francesco Tortora, in base ad accurate ricerche,
han confrontato la nostra situazione e quella
dei grandi paesi europei, i cui siti privilegiano
rispetto ai nostri la politica estera. Il giorno
dell'elezione di Erdogan il pezzo più
apprezzato su Corriere.it era la (bella)
intervista a Novak Djokovic; quando i russi
presero Bakhmut, vi primeggiava un'intervista
all'ex portiere della nazionale Albertosi. Lode
alla franchezza del Corriere, ma fa male che i
siti privilegino, in base alle sole preferenze dei
lettori, le curiosità rispetto ai fatti di rilievo. È
dura cambiarle, ma occorre farlo, anche dando
più peso all'estero, che in genere appare sui
cartacei dopo 10-12 pagine. È un'impresa, ma
non c'è alternativa; la situazione peggiorerà
sempre finché le priorità saranno fissate dagli
algoritmi degli Over the top, Apple, Google,
Meta e Microsoft, attenti solo al profitto. Essi si
pappano l'85% della torta pubblicitaria;
giornali e siti campano del residuo 15% di
questa e delle vendite, in edicola o in
abbonamento. Perciò il maggior pericolo per la
democrazia sta in un altro dato della ricerca: il
42% non si abbonerà mai a un sito, vuole solo
l'informazione gratis. Se il prodotto è gratis, si
sa, il prodotto sei tu; la democrazia, nata con le
Gazzette, declina se in troppi non pagheranno
mai l'informazione ancorata ai fatti.

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