Gramsci, Pasolini e Fellini sono esempi da seguire?

 

Gramsci, Pasolini e Fellini sono esempi da seguire?

EMANUELE FELICE che è professore ordinario di politica economica presso la Libera università di lingue e comunicazione IULM di Milano, dove insegna Economia della cultura e Storia economica, nel suo articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI di oggi sabato 17 giugno 2023, descrive l’Italia intrappolata in una teoria economica basata sulla concorrenza.

Il prof. Felice contrappone a questa cultura “BASATA SULLA CONCORRENZA”, una cultura perdente che identifica in quella di Gramsci e Pasolini, o di Fellini.

Mi sono chiesto se questo scritto del prof. Emanuele Felice rappresenti un invito a creare le regole della convivenza e a vivere nel rispetto e nell'onestà reciproci, parlando tutti insieme, non a partire da una teoria, ma dallo scopo di vivere nel modo che ho precedentemente descritto.

Dopo la lettura dell’articolo ho osservato che l’alternativa alla “CULTURA BASATA SULLA CONCORRENZA” proposta nello scritto del Prof. Felice, è rappresentata da tre persone: Gramsci, Pasolini e Fellini. Nessuno dei tre ha mai governato l’Italia e quindi davvero non capisco a cosa si riferisca il prof. Felice quando pone questi tre nomi come quelli che in passato hanno contraddistinto l’Italia.

Invece concordo con il prof. Emanuele Felice circa l’origine della crisi del nostro Paese e questo perché i miei studi e le mie osservazioni mi hanno fatto giungere alla conclusione che l'origine di tutta questa nostra crisi è nelle teorie economiche. Specificamente nelle teorie che giustificano la discriminazione.

La nostra crisi può essere percepita nella misura in cui, ad esempio, qualcosa viene discusso e concordato, e alla fine della conversazione qualcuno dice: “noi, tali, siamo contrari a questo”.

Se siamo opposizione, non siamo riflessione.

Invece tutti dobbiamo poter parlare senza dipendere da alcuna teoria e finché ciò non accadrà non risolveremo, non vivremo una convivenza democratica.

Dopo il fascismo non abbiamo recuperato la democrazia. C'era un'intenzione, uno scopo, ma forse non abbiamo capito la democrazia ed è per questo che non siamo riusciti a generarla. A volte dicono che in democrazia tutto è valido, ma non è vero.

In Italia nessuno oggi può proporre un’esperienza del passato, una cultura del passato come modello, come paradigma della democrazia, e quindi sono improponibili anche gli esempi scritti nel suo articolo dal prof. Felice, mi riferisco specificamente a Gramsci, Pasolini e Fellini.

In questo senso secondo me per gettare le basi di un Italia più democratica dobbiamo partire dalle cose fondamentali che sono l'onestà, il rispetto reciproco, l'apertura riflessiva, la collaborazione, l'abbandono delle teorie, la riflessione sui fondamenti, e l'accettazione quando ci sembra che i fondamenti convalidino ciò che vogliamo preservare nella convivenza democratica.

Io l’ho scritto ma devo dire che lo scrivo solo io, sarebbe bello se tutti i professori universitari (che sono scienziati e non solo donne e uomini di cultura) iniziassero a scrivere queste indicazioni dei comportamenti adeguati a queste nostre circostanze. Li invito formalmente a farlo!

Buona riflessione

CULTURA E POLITICA Berlusconi ha sconfitto pure l'egemonia gramsciana
EMANUELE FELICE economista
Diffidate dei dettagli: gli storici dovranno lavorare molto su una figura come Berlusconi, nei decenni a venire, sull'imprenditore e il politico documenti alla mano. Per ora noi possiamo tracciarne i contorni essenziali. Berlusconi è stato l’anti Gramsci. Colui che ha posto fine all'egemonia culturale della sinistra. Al punto da imperniare di sé della sua visione, perfino gli avversari, anche i più ostili (si pensi a Beppe Grillo). Certo, favorito in questo dallo spirito dei tempi l'individualismo mercatista. Ma lui quello spirito l'ha esaltato fino a farne il tratto nazionale. Beninteso all'inizio non c'era nulla di male a ingaggiare una battaglia contro il monopolio Rai. Fu anzi un merito. Il problema è che per il suo successo, l'alternativa berlusconiana è assurta a nuova egemonia. E così l'Italia agli occhi della cultura mondiale non è stata più il paese di Gramsci e Pasolini, o di Fellini ma di Berlusconi. Curiosa nemesi. Come in un perfetto schema gramsciano dopo la battaglia culturale Berlusconi ha vinto quella politica. E qui non solo in Italia. E’ stato il primo in Occidente fra i nuovi leader populisti, a fondare un partito personale. Dl più. Il primo a praticare la democrazia illiberale. l'attacco ai poteri indipendenti, dall'informazione alla magistratura, in nome di una connessione fondativa fra leader e popolo. E ancora. Si paventa oggi, in Europa, un’alleanza fra i popolari e l'estrema destra. Anche di questo Berlusconi è stato il pioniere, in occidente. Fra gli italiani forse solo Mussolini nel secolo scorso ha avuto un impatto simile sulla politica mondiale Ma se Berlusconi è stato un vincente sul piano culturale e politico, oltre che per quel che riguarda le fortune personali, ebbene egli ha perso la battaglia per gli italiani più importante. Non è riuscito a far progredire il paese. Invero proprio con lui il declino si è acutizzato, amplificato. Berlusconi era sceso in politica promettendo un nuovo miracolo italiano. E abbiamo avuto l'opposto un paese più povero e arretrato rispetto agli altri partner europei Perfino meno libero. È stata questa la conseguenza della sua stessa impostazione: meno etica pubblica, e <<meno tasse per tutti>>, meno investimenti nei beni collettivi, a cominciare da istruzione ricerca. E poi un capitalismo corporativo e politico. Non era di questo che aveva bisogno l'Italia. Specie dopo l’entrata nell'euro noi avremmo dovuto cercare di avvicinarci agli standard dei paesi più avanzati d'Europa. Berlusconi ci ha messi invece sulla strada opposta una che conduce alla marginalità, all'immiserimento economico e civile, l’esatto contrario della sua narrazione.

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