Non è che uno vale uno… è che UNO VALE L’ALTRO

 

Non è che uno vale uno… è che UNO VALE L’ALTRO

È solo questione di tempo e il governo della Signora Giorgia Meloni arriverà al capolinea. Una volta che ciò si verifichi è del tutto evidente che ad ottenere il POTERE sarà il Partito Democratico e, se non interverranno altri capi in pectore con il coltello nascosto dietro la schiena per “FARLA FUORI”, ad essere il CAPO sarà la Signora Elly Schlein.

È accaduto così a Fratelli d’Italia e alla Signora Giorgia Meloni e prima di lei al Movimento 5 stelle con il Signor Giuseppe Conte.

Nella nostra cultura patriarcale della competizione i cittadini si stancano prestissimo DEI POTENTI CHE HANNO MESSO SUL PIEDISTALLO e conseguentemente, quelli che vanno a votare, cambiano partito e CAPO con la curiosità di vedere “l’effetto che fa”. È il voto di opinione che il professore CARLO TRIGILIA sociologo in un suo articolo su DOMANI del 31 maggio u.s. ha sintetizzato nel motto “PROVIAMO E VEDIAMO”.

Questo è il ragionamento che fa Umberto Uccella che prevede la sostituzione della Signora Giorgia Meloni con la Signora Elly Schlein concordo con lui sul fatto che vi sia l’altissima probabilità che ciò che sostiene nel suo articolo sul Quotidiano di Puglia di ieri 4 giugno 2023 si verifichi, ed è altrettanto evidente che tale visione sia adeguata alla nostra cultura patriarcale della competizione.

È la tattica della strategia “ALLA CONQUISTA DEL PALAZZO” che vede succedersi al POTERE tutti i partiti che escludono tutti gli altri ed esercitano il dominio sino a quando vengono travolti dal NUOVO CAPO.

Un cittadino che vota LA DESTRA è consapevole di tutto questo e, senza ipocrisie, accetta questa cultura, anche se si lamenta SEMPRE E COMUNQUE perché chiunque conquisti il POTERE non è adeguato alle sue aspettative.

Un cittadino che vota sinistra (ATTENZIONE CHE VOTA SINISTRA - NON I CITTADINI CHE SI DICONO DI SINISTRA E FANNO PARTE DELLA RISTRETTA CERCHIA DI QUELLI CHE LOTTANO PER LA CONQUISTA DEL POTERE) spera nell’affermazione dei valori LIBERTA’, UGUAGLIANZA E FRATERNITA’.

Questo cittadino non va più a votare perché è consapevole di una realtà che si è verificata storicamente e che è riassumibile nel detto “TUTTE LE VACCHE SONO NERE”.

Noi cittadini che professiamo e viviamo nei valori LIBERTA’, UGUAGLIANZA E FRATERNITA’ siamo consapevoli che la nostra cultura patriarcale della competizione per la conquista del potere è come la notte in cui è noto a tutti che tutte le vacche sono nere. Cioè di notte non si riesce a distinguere il colore degli oggetti, quindi nell’ipotesi ci si trovasse di fronte a una mandria di mucche, non si riuscirebbe a distinguerne il colore.

Se non desideriamo di abbandonare la nostra cultura patriarcale invece del motto dei 5stelle “UNO VALE UNO”, potremo certamente constatare che per quanto riguarda chi dovrà COMANDARE L’ITALIA “UNO VALE L’ALTRO”

Buona riflessione

IL ROMPICAPO DELLA SINISTRA E L’ALTERNATIVA ALLA DESTRA
( “Nuovo Quotidiano di Puglia” domenica 4 giugno 2023).

Il risultato della recente tornata di elezioni amministrative, per il PD ed il centrosinistra, ha rappresentato una sconfitta netta. Non c’è giro di parole che possa servire ad attenuarne la gravità. Intanto, permane un problema di fondo che attiene allo schieramento di progresso in primis, ma che riguarda la vita democratica nel suo insieme: un astensionismo che, da tempo, va di gran lunga oltre il livello di guardia. Non è un dettaglio. Perché coincide con un’asimmetria crescente tra la vita delle persone ed il funzionamento del nostro sistema politico. L’estraneita’ che avverte una parte sempre più consistente di elettorato verso le forme della politica è diventata questione dirimente di prima grandezza. Soprattutto per la sinistra. Proprio perché l’allontanamento dal voto è intimamente connesso con la condizione sociale dentro la quale vivono grandi masse di donne, di giovani, di lavoratori e di precari. Sono le fasce più deboli che si sentono escluse e reagiscono. Da un lato, appunto, con l’astensione dal voto, oppure, dall’altro, cercando protezione in quella destra pronta a scommettere sugli effetti della crisi e ad incutere paure ancestrali verso un mondo sempre più complesso e interdipendente. In soldoni, in questa doppia lettura, c’è la ragione dell’astensionismo e, nello stesso tempo, quella della sconfitta della sinistra. Le ragioni, per dirla con Gramsci, della perdurante assenza di “connessione sentimentale” della sinistra con il proprio popolo.
Il PD ha compiuto una svolta. Ma una svolta è un processo politico, non un colpo di mannaia che separa il passato dal presente e dal futuro. E sorprende che molti osservatori saltino a piè pari questa banalissima verità. E insistano su una presunta deriva massimalistica del partito. Che, addirittura, inseguirebbe il M5S per adottarne le sembianze. A questi osservatori non del tutto disinteressati, sfugge - a bella posta- la portata dei risultati delle comunali, proprio a partire dai capoluoghi di provincia in cui si è votato di recente. Con tutti i suoi limiti e i grandi problemi che ha dinnanzi, infatti, il PD è primo partito. E stacca nettamente anche Fratelli d’Italia. Oltre che, naturalmente, tutte le altre forze. Ma, sia laddove il centrosinistra vince, sia dove perde, il PD risulta sostanzialmente solo, se si escludono, luogo per luogo, le civiche di supporto ai candidati sindaco. Il M5S, infatti, nel voto si liquefa, mentre il cosiddetto terzo polo risulta quasi del tutto non pervenuto. In discussione, dunque, non è soltanto il PD, la sua funzione ed il suo profilo identitario. Questioni decisive, intendiamoci. Ma è l’assetto complessivo dello schieramento di progresso che è chiamato in causa. Certo, spetta al PD la ricerca paziente delle alleanze necessarie a costruire un’alternativa a questa destra. Ma gli altri non ne sono esenti. Non ne è esente il M5S, che tende ad appropriarsi di un’identità impropria al solo scopo di far concorrenza a sinistra. Ed il terzo polo deve decidere se l’avversario è questa destra al governo oppure se continua in quelle acrobazie tra destra e sinistra che sono causa non ultima del processo di progressivo dissolvimento che sta subendo. Da queste domande cruciali non se ne esce. Soprattutto, non le si evita richiamando il sistema proporzionale puro con cui si voterà alle prossime elezioni europee. A nessuno sarà consentito di prendersi quest’anno di tempo per non sciogliere il nodo del “con chi” e del “per che cosa”. A cominciare dal PD, naturalmente. Non esiste una politica dei due tempi. Prima il partito e, poi, la coalizione. Profilo identitario, programmi, comune battaglia di opposizione e costruzione dell’alternativa sono pezzi che stanno sulla stessa scacchiera. Elly Schlein ha cominciato con pazienza un lavoro per dare sbocco politico alle questioni sul tappeto. Intanto per rispondere alla domanda delle domande: come si recupera un rapporto con quel mondo della sinistra che abbandona il campo o, addirittura, si rifugia a destra, verso sponde sovraniste, o verso forze di caratura populista? Ricette pronte non ce ne sono. Ma a nessuno che non abbia pregiudizio può sfuggire che tende già a delinearsi un nuovo corso del PD. È stato grande il peso negativo della tragedia del renzismo e quello dell’incertezza del dopo-Renzi. Ma una ricollocazione che risponda alle domande decisive cui accennavo c’è ed è nettissima. Ma ciò che mi sorprende, talvolta, è il carattere spicciativo con cui anche commentatori amici trattano questa fase della ricostruzione del PD. Ma, davvero, c’è forza politica della sinistra europea e mondiale in grado di dire, numeri alla mano, come si traduce per i lavoratori la transizione ecologica dell’economia? Davvero, senza un plastico bello e pronto su come ogni posto di lavoro transita in un nuovo posto di lavoro, non si possa avere alcuna patente di credibilità? Sono anni, che passata la sbornia neoliberista, la sinistra si cimenta con questo rompicapo. Ed ora si vorrebbe che Elly Schlein lo definisse in un attimo? Suvvia, siamo seri! Il tema è squadernato dinnanzi a noi ed è l’oggetto fondamentale dell’attenzione dell’intero mondo della politica e dell’intellettualità democratica europea e occidentale. Così, al pari del tema delle politiche redistributive, del welfare e delle loro profonde interconnessioni con le scelte di equità fiscale, con la produttività e con il superamento della precarietà del lavoro. D’altro canto, è proprio qui che si costruisce l’alternativa. Ed è qui che si risponde alla giusta esigenza di corrispondervi non solo in termini di combinazioni politiche, ma, soprattutto, con i contenuti.
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