Ma di quale cultura conversiamo?

 

Ma di quale cultura conversiamo?

Ho letto l’articolo di Marco Damilano sul quotidiano DOMANI di oggi domenica 28 maggio 2023. Il giornalista scrive di PARTITI CHE FANNO – O DOVREBBERO FARE – CULTURA senza specificare cosa intende per cultura.

Fa due esempi uno di Ettore Bernabei alla RAI anni ‘60 e l’altro di Angelo Guglielmi, sempre alla RAI nel 1987 per indicare IL FALLIMENTO di questi due tentativi. Infine alla luce di questi esiti negativi presagisce lo stesso identico epilogo per i partiti di destra che occupano oggi la RAI.

In effetti la TV è una conversazione che vede coinvolti i cittadini che la guardano, ma non è la sola conversazione. Soprattutto, secondo Marco Damilano, l’esito negativo della cultura proposta da Bernabei e da Gugliemi, è dimostrato dalle sconfitte elettorali dei partiti DC (Bernabei) e PCI (Guglielmi).

La cultura è la conversazione infinita tra gli esseri umani. Infatti ci siamo resi conto che a distinguerci è il fatto che noi non solo sappiamo, ma sappiamo di sapere e siamo connessi al mondo da una costante e circolare relazione osservatore osservato che si esprime in un accoppiamento strutturale (*). Ne deriva che la cultura si propone di fatto come una conversazione infinita ed è l’amore a collegare il mondo e il vivente in termini biopsichici.

Ciò premesso siccome l’amore è il reciproco riconoscimento di legittimità e il reciproco rispetto e siccome sia Bernabei che Guglielmi, si proponevano con le loro conversazioni RAI, di far vincere LE ELEZIONI AI LORO PARTITI, le conversazioni che ne scaturirono non avevano le caratteristiche dell’amore ma della manipolazione ai fini del proselitismo per la conquista del POTERE ed è evidente che qualunque tentativo di manipolazione prima poi viene scoperto perché È UNA VIOLENZA.

La sconfitta di Bernabei e di Guglielmi è la sconfitta della cultura DEL POTERE, la sconfitta della cultura DELL’EGEMONIA che continua ad essere la stella polare di ogni manipolo deciso che lotta per conquistare le tanto agognate poltrone.

Leggendo l’articolo di Marco Damilano alla luce di queste mie considerazioni, sia la DC che il PCI hanno conquistato il POTERE e hanno occupato le poltrone DELLA CULTURA RAI. Quindi la sinistra non ha mai smesso di praticare la nostra cultura patriarcale della competizione.

E allora forse dovremmo coordinarci tutti, destra, centro e sinistra, per decidere se continuare IN QUESTA CULTURA o se invece desiderare di abbandonarla.

Una volta che si abbandoni la nostra cultura patriarcale emergerà spontaneamente la nostra cultura della collaborazione.

Buona riflessione

(*) Accoppiamento Strutturale. Descrive il tipo di interazione tra due sistemi o tra sistema e ambiente (medium) che non intacca l'identità di ciascuno dei sistemi coinvolti. Attraverso interazioni ricorrenti i due sistemi strutturalmente accoppiati adattano reciprocamente la proprie strutture. In questo modo un sistema può integrare le perturbazioni provenienti dall'altro sistema nei propri processi. L'interazione può avvenire allo stesso tempo tra due sistemi e tra l'ambiente che li ospita entrambi. In questo caso si parla di co-evoluzione.

EGEMONIA SPRECATA
Ma la sinistra occupava poltrone senza fare più cultura
MARCO DAMILANO
i progetti culturali di massa ce 1r) ne sono stati solo due, nell'intera storia repubblicana, a mezzo televisivo. Il primo è nel segno di Ettore Bernabei, dal 1961 direttore generale della Bai democristiana che inventò la tv di Stato costituzionale. La stampa di destra lo considerava quasi un cripto-comunista Nel 1964 Indro Montanelli in una inchiesta sul Corriere della Sera (Il teleschermo avvelenato") lo accusò di «faziosità politica» per i programmi sulla Resistenza e pure per le inquadrature «Quando è in scena Togliatti viene fuori un imperatore romano. Scelba invece sembra un questurino». Intervenne la Radio Vaticana per difendere Bernabei nel «clima di generosa e travagliata collaborazione• tra i cattolici e socialisti, il primo centrosinistra Il secondo progetto porta il nome di Angelo Guglielmi con la sua Raitre nel 1987, voluta va detto, dall'allora poco più che trentenne uomo comunicazione del Pci Walter Veltroni, che aveva il servizio pubblico nel dna familiare. Nulla a che vedere con l'attuale Raitre, ma quando a destra parlano di egemonia culturale da smantellare pensano ancora a quella stagione. fuori tempo massimo perché finita da tempo. I due progetti erano grandiosi sul piano culturale. ma si tramutarono in sconfitte epocali, in politica. il lungo regno di Bernabei alla Rai si concluse con il si degli italiani al divorzio nel referendum del 1974, Pasolini scrisse che la tv della Dc aveva scristianizzato il paese. La Raitre di Guglielmi mostrò le tele-piazze. che però ne11994 non sospinsero la sinistra vinse Berlusconi. Si chiama eterogenesi dei fini. La destra che va all'attacco delle istituzioni culturali e della Rai farebbe bene a ricordare questi precedenti. La dimostrazione che l'egemonia logora chi ce l'ha. Ma per la sinistra la lezione è molto più amara e rimossa. Da anni la sinistra ha smesso di fare cultura, ha occupato posti sulla base di uno schieramento spesso geografica bastava stare sul fronte opposto a Berlusconi e tanto bastava per evitare un pensiero critico su mercato. lavoro, uguaglianza, coesione sociale, diritti e doveri, ingiustizia. Prevalevano, invece, conformismo, pigrizia adeguamento alle mode, subalternità culturale, appagamento, nessun tentativo non dico di cambiare, ma almeno di conoscere la realtà. Apparati al posto delle idee. gruppi editoriali in disarmo, ritornelli, banalità. vanità. Un guscio vuoto. Ora la destra va all'assalto di quel guscio vuoto con l'obiettivo inconfessabile non di cambiarlo, ma di ereditarlo. Sarà l'habitat naturale perché in comune c'è l'assenza di un pensiero. La sinistra aveva i posti, senza fare più cultura, ora dovrà riprendere a fare cultura, senza avere più i posti. Sarà difficile, ma c'è una società pronta a esprimersi. soltanto a vederla (arrivare
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