Per il salario minino ci vuole un progetto

 

Per il salario minino ci vuole un progetto

Emanuele Felice è l’autore dell’articolo che ho letto oggi 1° maggio 2023 sul quotidiano DOMANI; è professore ordinario di politica economica presso la Libera università di lingue e comunicazione IULM di Milano, dove insegna Economia della cultura e Storia economica e nel 2017, a soli 40 anni, ha ottenuto quattro abilitazioni come professore ordinario (in Politica economica, Economia applicata, Storia economica, Storia contemporanea).

Il Prof. Emanuele Felice fa sua la proposta di un prescelto ovvero quella del salario minino che nella proposta datata ottobre 2022 veniva fissato a 9,5 euro lordi e che oggi con l’inflazione sarebbero 10 euro.

Come non essere d’accordo?

A San Cesario di Lecce, c’era una volta un emporio gestito da i Signori Cerundolo, originari di Avellino che dopo aver fatto i commercianti ambulanti aprirono un emporio nel mio paese. Mia nipote Chiara che ha fatto le elementari a San Cesario di Lecce, in un discorso con mia figlia citava l’emporio Cerundolo, come la salvezza anche fuori tempo massimo, per l’acquisto del materiale che le serviva nelle attività scolastiche.

Ma l’emporio Cerundolo era la meta di tutte le donne del mio paese per gli acquisti più svariati. Ciò premesso da qualche mese l’emporio Cerundolo ha chiuso e abbiamo a San Cesario di Lecce la bellezza di due empori dei Cinesi.

Ieri al mio amico Maurizio Negri (siamo diventati amici grazie a una conversazione fatta sulla pagina Facebook del quotidiano Domani) ho ribadito che ci vuole un progetto coerente, capace di tenere insieme redistribuzione e crescita per favorire L’OCCUPAZIONE.

Sempre all’amico Maurizio Negri ho ribadito che l’iniquità (ovvero la condizione dolorosamente e decisamente sfavorevole), è mia opinione che nasca sempre da una discriminazione giustificata da qualche teoria.

Sulla base di questa osservazione, ho più volte messo nero su bianco una critica al concetto di progresso basato sull'individualismo, il consumismo e la competizione, che secondo me è fonte di disuguaglianza perché si basa sul competere, sul discriminare, sul cercare di essere migliori degli altri attraverso categorie che lo giustifichino sotto l'idea di progresso. È una teoria che genera disuguaglianza.

Dalle evidenze che ho osservato e dai miei studi posso asserire che il progresso non viene dalla competizione, ma da una prospettiva costruttiva che consente la collaborazione con gli altri facendo qualcosa che ha valore per la comunità.

Quindi affinché si realizzi il SALARIO MININO GARANTITO A TUTTI il Prof. Emanuele Felice dovrebbe iniziare lui stesso, o convincere TUTTI I PRESCELTI AD DARE INIZIO a delle conversazioni collaborative con tutti quelli che lo desiderano, per formulare IL PROGETTO coerente, capace di tenere insieme redistribuzione e crescita per favorire L’OCCUPAZIONE DI TUTTI GLI ITALIANI, ovvero per dare un lavoro a tutti.

Buona riflessione

COME FARE OPPOSIZIONE
Una battaglia comune per salario minimo e dignità
EMANUELE FELICE
economista
C’è un tema molto concreto su cui le
opposizioni possono cominciare a
unire le forze: la dignità del lavoro.
Le destre vogliono allargare
ulteriormente le maglie della
precarietà e tenere bassi i salari,
indebolendo il ruolo dei sindacati: e lo
propongono, per decreto, proprio il Primo
maggio. Peggio. Mentre crescono i morti per
lavoro (3 al giorno, in media, di cui 2 in servizio), il
governo ha introdotto il subappalto a cascata e
vorrebbe depotenziare le ispezioni sul lavoro,
affidandole alle stesse imprese controllate: con il
probabile risultato di ridurre i controlli e fare
aumentare ancora di più i morti. Queste misure
strizzano l’occhio a un sistema produttivo fatto di
scarsi controlli e illegalità diffusa, che pensa di
poter competere, o sopravvivere, pagando poco i
lavoratori e aggirando le norme. Estremizzano
una visione diffusa fra le nostre classi dirigenti,
che perdura da decenni. Certo è una via facile, per
le imprese e per il sistema paese, ridurre i salari, o
le tasse, invece di investire sull’innovazione e su
tutto quel che comporta (istruzione, ricerca,
un’amministrazione efficiente).
Ma è una via sbagliata, perché di fronte a chi ha
costi del lavoro incomparabilmente più bassi noi
possiamo competere solo sulla qualità, non sui
prezzi. E per questo abbiamo bisogno di
lavoratori ben formati, e ben pagati, e stabilizzati,
che lavorano meglio e sanno implementare le
innovazioni. Non solo: i salari alti sono un
incentivo affinché le imprese, e tutto il sistema
paese, investano in nuove tecnologie (come è
sempre avvenuto, nella storia economica). Del
resto, l’Italia viene da 30 anni di compressione
salariale, come nessun altro paese europeo. Non è
servita: siamo anche l’economia cresciuta meno
di tutto il mondo avanzato. Oggi nel
centro-sinistra c’è una consapevolezza diversa.
Tutte le forze di opposizione riconoscono la
necessità di istituire un salario minimo. Fra le
proposte, quella di Andrea Orlando per il Pd
ancora la retribuzione ai contratti nazionali più
rappresentativi, settore per settore, e fissa un
salario davvero minimo solo dove questo non è
possibile (9,5 euro lordi, a ottobre 2022; oggi con
l’inflazione sarebbero 10): ha il vantaggio di
valorizzare il ruolo dei sindacati e scongiurare
così il rischio che, in alcuni settori, proprio il
salario minimo porti a un abbassamento dei
salari medi.
Andrebbe affiancata da una legge sulla
rappresentanza sindacale, che dia finalmente
attuazione all’articolo 39 della nostra
Costituzione contrastando i sindacati gialli, e da
una battaglia comune per chiedere i rinnovi dei
contratti, proporzionati all’inflazione. Questo è
uno di quei casi in cui politiche per lo sviluppo e
politiche per l’equità vanno insieme. E la
convergenza di tutte le opposizioni può mettere
in seria difficoltà le destre e la loro narrazione.
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