Il fallimento della proposta di clericali e comunisti

 

Il fallimento della proposta di clericali e comunisti

Franco Monaco, che è stato dal 1986 al 1992, su nomina del cardinale Carlo Maria Martini, Presidente dell'Azione Cattolica Ambrosiana, associazione della quale è stato membro del Consiglio Nazionale fino al 1995 e che ha ricoperto l’incarico di Parlamentare della Repubblica, ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano Domani di oggi 30 giugno 2026.

In questo scritto chiede al Pd, partito nel quale collabora, una discussione che approfondisca le ragioni della crisi del suo partito per affrontare adeguatamente i “tempi nuovi”.

Monaco nel suo scritto ha sottolineato quanto indicato da Gianfranco Pasquino <<restituire la sovranità ai cittadini elettori, lo “scettro al principe” >>.

Tutto questo però nel presupposto che ha informato tutto lo scritto di Monaco che in definitiva è dell’opinione che “RESUSCITARE I PARTITI DI UNA VOLTA” sia un’illusione.

È evidente che si tratta di una riflessione di un intellettuale che appartiene al mondo clericale e che ha collaborato con la cultura comunista nel governo del Paese, registrando l’inadeguatezza della proposta a cui è appartenuto e che ha contribuito a realizzare.

Le ragioni del fallimento di quella proposta le enumera nel suo articolo che posso sintetizzare in una sua osservazione che è sotto gli occhi di noi tutti:

“depotenziamento dei soggetti cui è affidata la mediazione politica e istituzionale tra cittadini e governo: partiti, parlamento, consigli regionali e comunali”

L’affermazione di Monaco mette in chiaro che clericali e comunisti in definitiva hanno contribuito all’esclusione dei cittadini italiani dalla partecipazione attiva alle decisioni sulla redistribuzione della ricchezza attraverso il governo dell’Italia.

La partecipazione ed il coinvolgimento dei cittadini, pur dichiarato, in tutte le salse ed in ogni occasione, come IL FONDAMENTO dell’azione politica dei clericali e dei comunisti, di fatto è stato smentito dal voto che gli stessi hanno dato a favore di ciò che Monaco stesso descrive così:

“il paradigma di una democrazia maggioritaria e di investitura. Si pensi al Mattarellurn alla elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di regione, alla istituzionalizzazione delle coalizioni, alla indicazione di un candidato premier sulle liste. Al limite della compatibilità costituzionale.”

L’analisi del passato, sia per i clericali che per i comunisti, deve avere come faro i valori fondanti di quello che dovrebbe rappresentare il LORO ORIZZONTE IDEALE ovvero libertà, uguaglianza e fraternità. Questi valori sono stati abbandonati nel passato determinando appunto il depotenziamento della partecipazione dei cittadini alle decisioni sulla redistribuzione della ricchezza dell’Italia. Clericali e comunisti con la loro azione politica, con le loro decisioni in parlamento e negli enti locali hanno decretato ed imposto il paradigma della cosiddetta democrazia maggioritaria e di investitura che è mia opinione non abbia nulla di democratico.

Per quanto mi riguarda suggerisco ai clericali ed ai comunisti ma anche a tutti i nostri concittadini che hanno la responsabilità della redistribuzione della ricchezza oltre che ai concittadini che hanno in animo di chiedere alle elezioni tale responsabilità, di mettere in pratica la democrazia, che è un modo di vita basato sul reciproco riconoscimento di legittimità e sul reciproco rispetto. Per farlo possono desiderare di abbandonare la nostra cultura patriarcale. Una volta che l’avranno fatto emergerà la cultura della collaborazione che è l’unica in grado di CONSERVARE LA DEMOCRAZIA.

Buona riflessione

NOI E LA PRIMA REPUBBLICA L'illusione di resuscitare i partiti di una volta
FRANCO MONACO ex deputato
Ha ragione Luigi Zanda: è tempo di una vera discussione nel Pd. Zanda è persona seria ha avuto responsabilità di rilievo. Sempre leale e collaborativo con i segretari che si sono avvicendati alla guida del partito ma sempre ragionando con la sua testa. Sul Domani ha messo in fila passaggi critici e ai suoi occhi, specifici errori non abbastanza elaborati: le scissioni di Bersani e di Renzi la legge elettorale, le liste bloccate e la loro gestione (esse quantomeno avrebbero dovuto sortire una rappresentanza parlamentare di eccellenza). Il taglio dei parlamentati la cancellazione del finanziamento pubblico dei partiti i limiti dello statuto del Pd associati alle deroghe occasionali ad esso. Se non leggo male tale pur parziale rassegna di criticità muove da un punto di vista: quello di un fiero parlamentarista che non si rassegna al tramonto della centralità di partiti.
Spero di non forzare notando che si tratta del meglio del primo tempo della Repubblica. Zanda tuttavia conosce benissimo il limite cui si era spinta la degenerazione. Non dovremmo essere immemori delle ragioni di quella svolta in negativo: ciò che sopravviveva dei partiti era più un ostacolo che non un veicolo della volontà dei cittadini (i vertici, spesso consociativamente dietro le quinte, si spartivano i sindaci a monte del voto). In positivo, proponendosi due obiettivi:
a) restituire la sovranità ai cittadini elettori, lo “scettro al principe” (Pasquino)
b) propiziare una democrazia competitiva e dell'alternanza nella convinzione che le degenerazioni traessero origine anche da una “democrazia bloccata”.
È in quel frangente che si afferma il paradigma di una democrazia maggioritaria e di investitura. Si pensi al Mattarellurn alla elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di regione, alla istituzionalizzazione delle coalizioni, alla indicazione di un candidato premier sulle liste. Al limite della compatibilità costituzionale.
Di qui la fortuna di certe locuzioni sdrucciolevoli tipo "democrazia governante" o -decidente' (Violante), che oggi viene comodo usare a una destra insofferente ai limiti e ai bilanciamenti che sono il cuore del costituzionalismo democratico.
I più lucidi e consapevoli misero in conto un costo nell'equilibrio tra rappresentanza e governabilità. In concreto, un depotenziamento dei soggetti cui è affidata la mediazione politica e istituzionale tra cittadini e governo: partiti, parlamenta consigli regionali e comunali. Forse non si mise nel conto una dinamica di più lungo periodo che, complici altri fattori, con il tempo avrebbero favorito una deriva anti-parlamentarista e persino populista Cui si devono alcuni degli errori o comunque dei cedimenti segnalati qui da Zanda. Pietro Scoppola - uno studioso che in quella stagione ebbe una parte di rilievo - pubblicò un libro dal titolo "Dalla Repubblica dei partiti alla Repubblica dei cittadini". E certo Scoppola non è sospetto di populismo. La verità è che quel paradigma della democrazia maggioritaria e di investitura avrebbe dovuto forgiare in tempo i partiti e le istituzioni Non ci si riuscì, per una molteplicità di ragioni (e responsabilità) che non ci è dato neppure di accennare.
Trovo giusto lo stimolo di Zanda con tre avvertenze
1) che si approfondiscano le ragioni 'teoriche" e pratiche di certi errori:
2) che le si contestualizzi nel tempo del tramonto della prima Repubblica
3) che non ci si illuda che sia agevole resuscitare grandi partiti quali quelli che abbiamo conosciuto.
Una discussione anche retrospettiva di questa portata non può essere elusa. Era stata abbozzata a monte delle primarie intorno alla carta dei valori Pd, ma è stata colpevolmente interrotta per mediocri ragioni di parte tra chi, come Art. 1, doveva giustificare il rientro mettendo a verbale l'insuccesso della propria avventura minoritaria e chi voleva reiterare il modello e il verbo del lingotto veltroniano. Entrambi a dir poco datati come se, da allora nulla fosse successo in Italia e nel Mondo

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