Il desiderio dei POTENTI? Essere amati

 

Il desiderio dei POTENTI? Essere amati

Corrado Formigli nel suo articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI di oggi domenica 11 giugno 2023 così conclude:

“Mancava invece Elly Schlein. E forse, in quell’assenza, c’è il suo primo atto di presenza.”

I potenti d’Italia sono tutti insieme appassionatamente MENO UNA, alla corte della grande liturgia dei dominatori.

Formigli in pratica ci vuol dire che la Signora Elly Schlein, CAPA del Partito Democratico, nulla ha a che fare con i potenti d’Italia, tanto da declinare i loro inviti alla CORTE DEL POTERE.

Ho sorriso e ho pensato che Formigli a quasi sessant’anni crede ancora a babbo Natale.

La Signora Elly Schlein è nel processo della competizione sia per la conquista della poltrona più alta nel partito (il potere del partito democratico) che per la conquista del palazzo (il potere di presidente del consiglio) e, conseguentemente, fa ciò che fanno tutti quelli che legittimamente competono per il potere. Inoltre una volta (e se) che la Signora Elly Schlein otterrà il potere, è molto probabile che avrà i comportamenti di tutti i suoi predecessori sintetizzabili nell’esclusione dei VINTI (anche dalla Tv come fanno i vincitori di oggi) e il dominio su tutto il resto della Compagnia bella che si sottometterà.

La prima competizione è ancora in corso, voglio dire che il potere nel partito democratico è sempre oggetto di una competizione costante. Lo affermo perchè storicamente questo partito ha avuto nove capi e la Signora Elly Schlein è la decima. Ricordo a me stesso che dalla nascita del Pd nell’ottobre del 2007, si sono succeduti Walter Veltroni, Dario Franceschini, Pierluigi Bersani, Guglielmo Epifani, Matteo Renzi, Matteo Orfini, Maurizio Martina, Nicola Zingaretti ed Enrico Letta.

Da questo punto di vista la Signora Giorgia Meloni è più saldamente in sella perché a destra il capo se lo tengono sino a quando non dovesse accadere qualcosa che lo fa percepire ai più come perdente.

La descrizione che fa Formigli della sottomissione al potere dei giornalisti e dei maggiorenti del paese non rappresenta una novità, c’è sempre stata, come tutti sappiamo all’infuori di Formigli che non lo sa oppure che, pur essendone a conoscenza, in questo tempo sia vittima di una clamorosa perdita di memoria.

Sino a quando i comportamenti saranno informati dalla nostra cultura patriarcale, ci sottometteremo al potere, anche se questo non ci piace, anche se questo non piace a nessuno, nemmeno a chi ha il potere che vorrebbe essere amato o amata e non essere usato al fine dell’ottenimento di un qualche beneficio.

Buona riflessione

LA DESTRA E L’INFORMAZIONE
Rai e masseria
Così funziona la propaganda di governo
CORRADO FORMIGLI
La prima scena è un prodromo estivo e fugace. Edizione mattutina del Tg1, è l’8 agosto 2022 e colui che presto diventerà ministro della Difesa, Guido Crosetto, apostrofa duramente il giornalista Senio Bonini che, in tema di Pnrr, gli obietta che FdI in Europa ha votato cinque volte contro: «Lei faccia il conduttore e non si schieri». Poco più di un mese dopo, Meloni&Crosetto, gli inseparabili, vanno al governo. La teoria del giornalista-figurina, del conduttore trasparente, diventa robusta pratica quotidiana. Vince lo spirito dell’opposta fazione: vuoi criticare? Candidati nel Pd. Sennò, fai il quarto uomo: tutt’al più, decidi i minuti di recupero. E siamo così alla seconda scena, che ormai è un lungometraggio: la sostituzione della conferenza stampa con TeleGiorgia. Resta indimenticabile la sua passeggiata dentro un palazzo Chigi versione Versailles con video Instagram, annunciazione del più grande taglio delle tasse della storia repubblicana (ma è un fake), Consiglio dei Ministri adibito a cartonato ed energico trillo di campanellino. E che dire del video a Chigi col presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, dove si annunciano 2,2 miliardi per l’alluvione senza l’ombra di un giornalista, un taccuino, una domanda, un sospiro? E poco importa che di quei 2 miliardi, al momento i sindaci inondati dicano di averne visti forse la metà. Servirebbe chiederlo alla premier. E invece, dopo il disastro comunicativo di Cutro, il silenzio. Oppure, la passerella. Così, mentre il cinegiornale della Nazione celebra i corpi militari d’assalto atti a “bonificare” una nave turca manco ci fosse a bordo Bin Laden e inneggia all’asta dei Bot più eccellente della Storia, Bruno Vespa manda Tele Manduria a reti unificate. Il teleconduttore principe di Raiuno che organizza nella sua masseria un evento con tutto il governo, buona parte dell’imprenditoria italica, anche pagante pur di avere strapuntino e segnaposto al banchetto del potere. Il sindacato giornalisti minaccia esposti e lo accusa di sudditanza al governo. Perché chez Bruno si fa lobbying, si fanno affari, si sponsorizza il vino del padrone di casa. Telecamere sguainate, annunci di piani galattici in Nord Africa, applausi, amministratori col piattino in mano. Infine, secondo intervento della premier, stavolta dentro la rubrica del Tg1 intitolata 5 Minuti, by Vespa. Dove il padrone di casa, smessi i panni del lobbista-imprenditore e indossati quelli del giornalista del servizio pubblico, nel posto che fu di Biagi, davanti ai mirabolanti numeri della crescita sciorinati dalla premier sgrana gli occhi e infine esclama: «E non è un fuoco di paglia!». Striscia su Raiuno regalata al Bruno nazionale da Fuortes, a futura memoria. E confermata nell’eterno presente di questa destra senza opposizione. Anzi, c’era pure quella, su Tele Manduria. Accomodato in masseria, Giuseppe Conte cercava la postura più adatta a chi contesta, ma con un pizzico di classe e del buon rosé. Mancava invece Elly Schlein. E forse, in quell’assenza, c’è il suo primo atto di presenza.

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