LA POLITICA E’ LA PACIFICAZIONE

 


LA POLITICA E’ LA PACIFICAZIONE

Ho letto l’articolo del Professore GIANFRANCO PASQUINO accademico dei Lincei pubblicato sul quotidiano “DOMANI” di oggi domenica 23 aprile 2023.

Ci ho riflettuto e le mie osservazioni mi hanno fatto raggiungere l’opinione che una persona che dice di essere di sinistra, in realtà mi comunica che ha un desiderio ardente, e allo stesso tempo INCONSCIO: che sia data SOLO ED ESCLUSIVAMENTE LA RESPONSABILITA’ DI REALIZZARE IL BENESSERE DI TUTTA L’UMANITA’ ai concittadini a cui si affida con le elezioni il GOVERNO DELL’ITALIA.

Sempre dalle mie osservazioni è emerso che I CONCITTADINI CHE SI DICONO DI DESTRA CHIEDONO CHE SIA DATO IL POTERE A CHI DEVE GARANTIRE ORDINE ED EFFICIENZA CON L’ESCLUSIONE DEI PERDITEMPO CHE SI PERDONO IN CHIACCHERE DI UGUAGLIANZA OVVERO CI COMUNICANO CHE CHI HA IL POTERE DEVE GARANTIRE CHE SIA ACCETTATO L’ASSIOMA CHE SEGUE: SE IO SONO EFFICIENTE E TU NON SEI EFFICIENTE NON SIANO UGUALI!

Tutto il resto della compagnia bella rappresenta una graduazione di questi due aneliti, di questi due desideri.

Per la persona che dice di essere di sinistra, LA PACIFICAZIONE AVVERRA’ QUANDO SARA’ REALIZZATO IL BENESSERE PER TUTTA L’UMANITA’.

Per tutto il resto della compagnia LA PACIFICAZIONE AVVERRA’ QUANDO SI GARANTIRA’ OGNI BENESSERE AGLI EFFICIENTI CHE MERITANO E CONSEGUENTEMENTE QUANDO TUTTI GLI ALTRI ACCETTERANNO DI NON ESSERE EFFICIENTI E QUINDI NON MERITEVOLI.

La politica è la pacificazione.

Solo che il prof. Pasquino non si esprime su quale di queste due modalità di pacificazione dovrebbe essere preferita dai cittadini.

Buona riflessione

RESISTENZA E LIBERAZIONE: LA POLITICA LA CONTINUAZIONE DELLA GUERRA CON ALTRI MEZZI
GIANFRANCO PASQUINO accademico dei Lincei
C'è chi sostiene che la "la pacificazione avverrà" quando entrambe le parti condivideranno la tesi che la Resistenza comportò una guerra civile.
In verità, la guerra civile cominciò quando le squadre fasciste si avventarono sui lavoratori, sui sindacati e sui partiti e dirigenti di sinistra.
Questa sequenza spiega anche, non necessariamente assolve, perché in alcuni contesti poco prima e dopo il 25 aprile, alcuni partigiani procedettero a "punire" i fascisti e i loro fiancheggiatoti.
Non so quanti abbiano letto il fondamentale volume di Claudio Pavone, appunto “Una guerra civile” (Torino, Bollati Boringhieri 1991), ma Pavone scrive di tre guerre nella Resistenza.
Oltre alla guerra civile fra partigiani e fascisti, furono combattute due altre guerre un patriottica e una di classe.
La seconda guerra patriottica.Ovvio che i partigiani combattessero anche, in alcuni contesti, soprattutto contro i nazisti, invasori e occupanti. Fu una guerra, in termini moderni, di liberazione nazionale nella quale i fascisti si schierarono con i nazisti, divenendo più che collaborazionisti, veri e propri traditori della patria In questo senso è accettabile parlare di morte della patria quando i fascisti costituirono lo stato fantoccio noto come Repubblica di Salò.
La terza guerra fu una guerra di classe. Molti fra i partigiani, nient’affatto esclusivamente i comunisti, volevano dare una vita uno stato dei lavoratori, molto diverso da quello che si era inchinato a Mussolini. Molti di loro, ripeto non soltanto fra i comunisti, ritenevano indispensabile cambiare la struttura di classe dello stato italiano e, in senso più lato, i rapporti sociali per eliminare ogni traccia di fascismo e qualsiasi possibilità di suo ritorno. Senza volere troppo forzare le sue parole, uno dei grandi Costituenti, Piero Calamandrei, giurista esimio del Partito d'azione, offrì indirettamente sostegno a quelli che erano gli obiettivi di rinnovamento profondo perseguiti dalla guerra di classe, affermando che la Costituzione era «una rivoluzione promessa in cambio di una rivoluzione mancata. A lungo, non solo fra i partigiani si parlò a (s)proposito di Resistenza tradita. La parola d'ordine "attuare tutta la Costituzione" mirava proprio a dare sostanza a quegli obiettivi di rinnovamento sostanziale della società italiana, obiettivi che sono efficacemente delineati nell'articolo 3 della Costituzione.
Insistere nel sottolineare che la Resistenza è stata quasi essenzialmente una guerra civile e che è la destra finalmente al governo che generosamente offre la pacificazione manipola la molto più complessa verità storica. Tenta di fare dimenticare i crimini compiuti contro gli italiani dai fascisti solidamente sostenuti dai nazisti. Esclude dalle riflessioni l'obiettivo mancato del profondo rinnovamento di una società e delle organizzazioni: la chiesa, la burocrazia, le associazioni industriali che con il fascismo erano venute a patti e che del tutto consapevolmente cercarono, anche offrendo rifugio ai fascisti sconfitti, ma non epurati, di mantenere i privilegi acquisiti e di averne fatto pessimo uso con conseguenze che sono tuttora visibili nel dibattito e nell'azione politica. In un certo senso, vista la necessità di profondi mutamenti sociali e culturali, è vero che la Resistenza deve continuare
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