Quando ero bambino e poi giovane non eravamo come siamo diventati adesso

 

Quando ero bambino e poi giovane non eravamo come siamo diventati adesso

Marco Damilano nel suo articolo sul quotidiano DOMANI di oggi sabato 20 maggio 2023 descrive la psiche individualista, competitiva, di successo di persone che hanno avuto IL POTERE e lottano ancora per riaverlo. Questa psiche è di tutte le persone che competono per vincere, non solo il potere, ma il danaro, il successo ed è presente in tutti quelli che IN OGNI TEMPO HANNO LOTTATO E LOTTANO PER VINCERE. Voglio dire che anche uomini come Alcide De Gasperi, Pietro Nenni o Palmiro Togliatti avevano questa psiche.

Quando avevo 6 anni e sino a quando mi sono iscritto all’Università nell’anno accademico 1976/77, noi bambini prima, e giovani poi, ed i nostri genitori e nonni avevamo la psiche diversa da quella di oggi, era la psiche del vicino, del collaborare tra noi, del preoccuparsi di cosa avesse bisogno il vicino, noi bambini uscivamo a giocare per strada. La collaborazione era spontanea, era lo spirito di ogni piccolo paese e dei quartieri delle città. Frequentando la Scuola Superiore ho imparato l'educazione civica, e sapevo di appartenere a una comunità, c'era un senso di cittadinanza che oggi si è perso.

La psiche di oggi è individualista, competitiva, di successo. In pratica siamo tutti stati contagiati dalla psiche che un tempo avevano esclusivamente quelli che lottavano con gli altri per il potere o per la ricchezza o ancora per il successo.

Il tallone d’Achille degli uomini di potere così come li ha descritti Marco Damilano, ovviamente, è divenuto il nostro tallone d’Achille, il tallone d'Achille di tutti noi italiani, e ci ha rivelato che siamo vulnerabili per la mancanza di consapevolezza che ci impedisce di prendere sul serio la nostra appartenenza sociale, e che siamo una comunità che dovrebbe fondarsi sulla convivenza ed invece siamo entrati nella disonestà. La psiche del potere descritta da Marco Damilano non è limitata alle persone citate nel suo articolo di oggi, la psiche del potere, è una psiche della lotta competitiva opportunistica, non è uno sguardo alla qualità del fare, ma all'opportunità; e con quello sguardo all'opportunità, arriva la disonestà. Perché è vero che uno deve avere una condotta tempestiva, ma in una competizione l'opportunità è negare l'altro, ed è cieco opportunismo, perché dell'altro tutti alla fin fine se ne fregano. Tutti noi italiani, è in questa psiche che oggi 20 maggio 2023, siamo totalmente immersi.

L’articolo di Marco Damilano cosa descrive? Ci ho riflettuto ed è mia opinione che descriva una competizione. E che cos’è competere? Competere è voler vincere a tutti i costi, e da lì nasce la violenza, ovvero apro uno spazio e metto il gomito sull'altro. La violenza si è installata come modo di affrontare i conflitti. Per affrontare i conflitti non c'è più la parola di chi è disposto a discutere, la conversazione rispettosa. Oltre che in Tv dove assistiamo alla parola scagliata all’interlocutore come una pietra per colpirlo, anche nelle nostre discussioni quotidiane, tra cittadini, facciamo altrettanto. E’ come se la violenza fosse l'argomento, invece sappiamo bene che la violenza non può essere ammessa in nessuno spazio. La violenza porta altra violenza. Questa violenza applaudente mi stupisce. Siamo esseri umani e ci differenziamo dagli animali perché siamo nati nel linguaggio e abbiamo la condizione fondamentale che è la capacità di riflettere. I dittatori usano la violenza per sottomettere il popolo, ma la violenza non è amica della democrazia o della collaborazione.

La democrazia è un modo di vivere insieme che si basa sul rispetto reciproco e sul desiderio di stare insieme facendo quello che si fa in collaborazione. Se non vogliamo stare insieme, se non ci rispettiamo l'un l'altro, non ci sarà democrazia in nessun caso.

Dal momento in cui viviamo in una democrazia scegliamo di vivere in onestà, emergeranno il rispetto reciproco e la collaborazione.

Invece noi siamo in competizione, come questo accanimento nel voler distinguerci sempre, partendo dalle conversazioni del condominio sino a quelle dell’ONU, tra governo e opposizione, ed è per questo che siamo in quel gioco che è sempre l'aggressione reciproca.

La democrazia non ci sta a questo gioco al massacro in cui perdiamo tutti, perché non si parla, non si riflette.

Faccio un esempio per spiegare cosa intendo. Se penso che un certo corso seguito da un gruppo, diciamo il governo della Signora Giorgia Meloni, non sia appropriato, non dovrei agire in termini di opposizione, ma in termini di collaborazione, e parlare e riflettere.

Buona riflessione

LO SCONTRO CON CALENDA
È D’Alema
l’inconfessato
modello
di Renzi
MARCO DAMILANO
atteo Renzi e Carlo Calenda
sono i neuroni specchio della
politica, a ogni azione (con la
minuscola) dell’uno
corrisponde una reazione
dell’altro. Ma l’inconfessato
modello di riferimento di Renzi, non inganni
l’antipatia pubblica tra i due, è un altro. È
Massimo D’Alema. Divisi da tutto, i due
condividono uno strano destino, un’oscura
voglia di auto-demolizione. I loro fan,
consiglieri, spin doctor, lobbisti, giornalisti,
spesso traslocati dall’uno all’altro, li
considerano i più intelligenti, i più furbi della
compagnia, in nome del primato della politica.
Eppure entrambi hanno da giovani conquistato
Palazzo Chigi senza passare da un voto e sono
stati costretti a lasciarlo dopo un rovescio
elettorale (le regionali del 2000 per D’Alema, il
referendum del 2016 per Renzi), entrambi
hanno stretto un patto per le riforme con
Berlusconi (fallito), entrambi si sono fregiati di
una generica identità riformista e sono finiti
con un grande futuro dietro le spalle. Mancava
a Renzi la direzione di un giornale, che D’Alema
ebbe a quarant’anni con l’Unità, il vulnus è
superato. Ora Renzi, come il D’Alema del
tramonto, è alla ricerca di una maschera dietro
cui nascondersi, per fare e soprattutto per
disfare: il potere di far fallire le feste. Calenda si
è meravigliosamente prestato allo scopo: senza
l’alleanza dell’estate 2022 con Azione Italia Viva
sarebbe rimasta fuori dal Parlamento. In vista
delle europee del 2024 serve un’altra maschera.
Per costruire la gamba italiana del progetto che
punta a riscrivere la costituzione materiale
europea, passare dalla storica alleanza
popolari-socialisti all’asse Ppe-conservatori, con
il partito di Giorgia Meloni protagonista
dell’operazione. Una nuova maggioranza
Ursula prima in Europa, poi in Italia, come
avvenne nell’estate 2019, quando la Lega di
Matteo Salvini operò un suicidio politico,
restando fuori dall’accordone a Bruxelles e un
mese dopo fuori dal governo italiano. Anche in
questo caso Salvini potrebbe essere la vittima
designata del patto. Renzi ha bisogno di una
lista alle europee in grado di scavalcare lo
sbarramento del 4 per cento. Paolo Gentiloni
sarebbe il sogno, ma con Matteo ha già dato. La
nuova lista dovrà avere un profilo meno
liberale, perché Emmanuel Macron è in discesa
e a fine mandato, e più popolare, nel senso di
democristiano, che per Renzi è quasi un ritorno
a casa: sarà un po’ come per D’Alema ritrovarsi
con i compagni di Leu dopo aver predicato per
una vita contro il minoritarismo di sinistra.
Così a Renzi tocca affidarsi a Giuseppe Fioroni,
in attesa che arrivi un po’ di berlusconismo e
via verso una nuova avventura. Il sol
dell’avvenire centrista del fu rottamatore, figlio
se non di un dio almeno di un disegno minore,
come il suo principale rottamato.
Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona, barba e testo

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