La poesia di Angelo Scolozzi tra emotività e memoria

Un Angelo sensibile

febbraio 17, 2012 da redazione

La poesia di Angelo Scolozzi tra emotività e memoria

Odio la poesia tranne quando è poesia, quando cioè ogni verso è così ordinatamente composto e s’intreccia al ritmo delle parole plasmando un cordone ombelicale che ci ricollega alla terra. Allora tutti i meccanismi emotivi di concerto si rimettono in moto.
Angelo Scolozzi sa come usare questa macchina emotiva e lo fa col tempo giusto attraverso la poesia scongelando emozioni e sentimenti che mai aveva espresso prima.

Classe ’58, monello di strada come molti di noi ma dalla penna sensibile. La tua carriera di studente s’interruppe di colpo intorno ai 16 anni. Che cosa successe?
Eravamo in nove in casa, ero il maggiore e sentivo il bisogno di dare una mano.
Sei nato il 14 luglio, una data importante, e apri la tua raccolta, ciclostilata come i vecchi tempi, con una poesia dedicata a questo giorno che conclude così:  “Perché tra tanta gente bella e bianca, m’attrae soltanto quella brutta e scapigliata lì distesa?”
Per nove mesi abbiamo vissuto da e con nostra madre senza, in realtà, averla mai vista. Eppure appena nati il rapporto, affascinante e misterioso, è istantaneo. Credo sia l’odore a guidarci a lei e il filo invisibile dell’amore che non si recide alla nascita come un qualsiasi cordone.
Molti i temi sociali trattati in questo lavoro, dalla solitudine alla nevrosi, la famiglia, il bellissimo rapporto con le figlie, l’ipocrisia e , come ricordi tu in una poesia, una nuova consapevolezza: quella di donare.
Donare è il vero potere, è civiltà, è gratificazione, rafforza la certezza di non essere vissuto invano.
Almeno in un paio di passaggi ricorri al tema della morte. Ti fa più paura la sua falce affilata o il suo passo felpato?
Falce affilata o passo felpato la morte verrà, è una certezza, essa camminerà con noi sin dal primo giorno e credo sia questa consapevolezza a farci paura non la morte in se stessa. Certo qualche scossone ogni tanto spaventa. Ripenso a Valentina, Alfredino Rampi, al piccolo Tommaso Onofri. Non siamo forse morti un po’ tutti quei giorni pur restando vivi?
Veniamo al tema che mi riguarda da vicino. Trovo forte analogia col il mio lavoro musicale del ’92 ’Na classe elementare: la nostra vecchia scuola elementare e la nostra cara maestra sig.ra Giulia (che fu per tutti prima madre e poi insegnante, per lei sempre saremo “li piccini soi”). Ho l’obbligo di evidenziare l’ultimo passaggio di questa bellissima poesia: “Ed era bella, la più bella e il tempo non intacca il bello solo ne accentua maggiormente lo splendore”. Grazie Angelo!

Tonio Panzera

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