Le poesie di Angelo Scolozzi di San Cesario di Lecce

Prima di tutto vorrei ringraziare Nunzio Mariano, non solo un grande e stimato amico ma anche mio primo e più sincero lettore, senza il quale questa intervista non sarebbe stata possibile.

La poesia nata dalla vita

ottobre 31, 2014 da redazione

Restiamo Uniti è l’ultima raccolta poetica di Angelo Scolozzi, un insieme di poesie personali frutto dell’esperienza e dei ricordi di una vita. Dalla nascita all’infanzia, dai primi viaggi all’estero fino ad oggi, ogni cosa trova il suo posto fra versi suggestivi e carichi di nostalgia e alla poesia spetta il compito di conservare la memoria di gesti altrimenti perduti nel tempo.

Restiamo uniti
Dimmi chi sono, perché non lo so più;
prendiamoci per mano
per non perderci in questa nebbia
che non si diraderà
per ora,
stammi vicino perché torni
l’antico coraggio,
ricordami il passato
perché veda speranza nel futuro
se c’è ancora.
Apriamo le menti ed abbassiamo
Gli argini, perché tracimino
I pensieri che, uniti,
diventano macigni.

Quale miglior modo per iniziare a conoscerti se non partendo da una delle tue poesie più significative: “Restiamo Uniti”, che è anche il titolo della tua ultima raccolta poetica. Questo tuo lato letterario e poetico è un po’ il lato in ombra della tua personalità, un aspetto nascosto a chi ti conosce come un umile e grande lavoratore. Come è nata in te la passione per la poesia?
Ho sempre avuto questa passione. Le mie poesie sono scritte di getto, pensieri spontanei e autobiografici di un percorso di vita segnato e ostacolato dalla costante percezione di un malessere invisibile tipico del nostro tempo. Rileggendole a distanza di tempo a volte ne sono rimasto affascinato, altre le rinnegavo perché rappresentavano periodi particolari della mia vita. Così le ho nascoste per anni, affinché nessuno, leggendole, potesse vedermi privo della mia tradizionale corazza quotidiana, ma alla fine non posso rinnegare me stesso e la mia poesia, qualsiasi cosa rappresenti, è parte del mio essere.
Nelle tue opere è evidente l’attaccamento alla terra d’origine, al suo paesaggio e alla sua natura. Che ruolo hanno avuto in te, come uomo e come poeta, il tuo paese e la tua terra?
Senza dubbio un ruolo molto importante, la mia terra e il mio paese rappresentano le mie radici e, per certi versi, anche l’uomo che sono oggi. Per molto tempo sono stato lontano dal mio paese, avevo quattordici anni quando per la prima volta andai via e questo allontanamento, dettato dalla crisi economica e dalla ricerca di lavoro all’estero, non ha fatto altro che rafforzare il legame. Sentivo la mancanza della terra ogni giorno sempre più forte, tant’è che dopo tanto viaggiare non ho potuto fare a meno di tornare qui.
"Restiamo uniti" è il titolo della tua raccolta ultima poetica ma sembra anche un monito, un invito a non sentirci soli e trovare nell’altro la forza per “non perderci in questa nebbia che non si diraderà”.
Restiamo uniti non è soltanto una poesia, è un bisogno legato ad una momento poco felice che ho vissuto nella mia vita, un’esigenza che ha trovato voce fra i versi. Ognuno di noi affronta periodi negativi e difficili, fa parte della vita stessa ma solo restando uniti, ai propri cari e alla persone a cui vuoi bene, possiamo farcela e superare le avversità, anche perché nessun uomo, da solo, può fare grandi cose. Abbiamo bisogno di restare uniti.
La tua poesia affronta temi sociali e attuali come quello dell’abuso della tecnologia che allontana ognuno dal suo essere più profondo. Sei più nostalgico rispetto al passato o più diffidente di fronte al futuro?
Rimpiango il passato e gli umili tempi di una volta. Lo rimpiango soprattutto di fronte ad un futuro che mi spaventa a causa degli effetti che la tecnologia ha sulle persone. Bambini e adulti corrono il rischio di confondere la vera realtà con la realtà virtuale, con l’ovvia conseguenza dell’impoverimento dei rapporti umani. Racconto spesso ai miei nipoti come trascorrevo le mie giornate quando ero ragazzo, racconto loro i miei giochi e il modo in cui passavo il tempo libero ma i loro sguardi sembrano perdersi in qualcosa che non possono capire, vittime inconsapevoli di un futuro che non rispetta l’uomo. Io, per scelta, ho deciso di non seguire il passo dei tempi, ho scelto di far rivivere il passato nel futuro e questa è la mia più grande consolazione.
Cosa rappresenta per te la poesia? Credi possa essere d’aiuto all’uomo e al mondo d’oggi?
La poesia può senz’altro far riflettere, risvegliare le coscienze assopite ma la parte più importante spetta sempre a noi. Bisogna essere sensibili verso certi temi, bisogna capirli e completare con il nostro impegno il messaggio dei versi. Bisogna tradurre le poesie in azione.
Ti faccio una domanda un po’ personale. Perché hai scelto di non pubblicare e di voler tenere quasi nascosta questa tua essenza poetica?
Ho scelto di non pubblicare perché le mie poesie sono parte di me, raccontano la mia storia personale, sono frutto dei miei ricordi e delle mie esperienze. Ho un misto di pudore, di vergogna e insieme di paura per quello che scrivo, sento qualcosa di fortemente psicoanalitico che mi scopre agli occhi degli altri e mi spinge a tenere per me e per i miei cari tutto ciò che scrivo.
Senti di voler ringraziare qualcuno?
Prima di tutto vorrei ringraziare Nunzio Mariano, non solo un grande e stimato amico ma anche mio primo e più sincero lettore, senza il quale questa intervista non sarebbe stata possibile. Poi vorrei ringraziare i miei amici, la mia famiglia e soprattutto mia moglie dalla quale ho tratto la forza per superare gli ostacoli della vita.
Grazie Angelo per queste tue parole e complimenti per i tuoi versi così suggestivi. A nome di tutta la redazione de “l’alambicco” un caloroso augurio per tutto ciò che verrà. Ci salutiamo con un’altra delle tue poesie…

14 Luglio 1958

Là in fondo…
S’intravede un’abbagliante luce
Che mi attira, mi seduce;
eppure ne ho paura!
Forza soverchiante mi sospinge
A quel bagliore, mi scaccia
Dal mio mondo arcaico,
eppure tanto perfetto.
Recalcitro… Son vinto!
Bianche mani che abbagliano
Da sì forte luce stentatamente
Vedo, mi catturano!
Ho paura ma non piango,
mi contengo; con la forza
al pianto mi costringono.
Tra tanti che mi osservano
Ve ne sono, di occhi,
che gonfi di doloroso pianto
e lucidi di gioia, mi scrutano.
L’ultimo legame con l’intimo
Mio mondo mi recidono;
ho già un passato, ero…
perché tra tanta gente
tutta bella e bianca,
m’attrae soltanto quella
brutta e scapigliata lì distesa?

Luigi Patarnello
luigi@alambicco.com

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