Giovanni Saponaro, la purezza di un bambino

Domani non ci sarei dovuto essere a San Cesario e allora, per partecipare in qualche modo, avevo scritto questo pezzo. Domani invece ci sarò e approfitto per scrivere che continueremo a raccogliere fondi per i paesi che hanno subito nei giorni scorsi il terremoto. Buona lettura.


Il 30 agosto di sabato nel paese più bello del Mondo si canta, c’è allegria, la stessa che spandeva tutto intorno un figlio di questa terra: Giovanni Saponaro.
A San Cesario di Lecce, negli anni 70, Giovanni e il suo Fulvino Lancia erano i padroni della piazza, indisturbati, incontrastati, senza rivali, assieme a quelli che lo circondavano, tutti più grandi di me, tutti, per me, uomini che ammiravo e quindi da imitare.
La prima volta che l’ho incontrato è avvenuto in un Club, il primo ad essere stato fondato a San Cesario di Lecce. Il club si chiamava “I ragni Neri” ed aveva la sede al primo piano della costruzione che oggi ospita la pizzeria di Carmelo Margiotta “Zia Lisa” di fronte alla farmacia.
Quando salii avevo un certo timore reverenziale perché ritenevo che mi giudicassero poco più di un ragazzo. Ero accompagnato da un loro amico, ma adesso non ricordo proprio chi fosse.  Trovai Giovanni seduto accanto al bar del club  le cui pareti erano foderate con fogli di rame, lo stesso che acquistavo quando frequentavo la scuola media per fare incisioni. Io l’ho osservato e ho pensato che li, lui ci abitasse, che in realtà la sua casa fosse quella. Ebbi l’impressione che Giovanni fosse stabilmente in quel gruppo, in quella setta, in quella amicizia.
Già da allora era un esempio da imitare, un uomo (un ragazzo) pieno di vita, vorrei dire che la vita sprizzava in lui da ogni poro della sua pelle.
In piazza era seduto nel suo fulvino Lancia marrone, auto che era per tutti noi, più ragazzi, un mito, uno status simbol della libertà.
Ma in piazza la presenza di Giovanni era sempre e  comunque “creativa”. Era così coinvolgente al punto ,che una di quelle notti, accadde che si trasferirono sull’asfalto, le poltrone di un noto e amatissimo barbiere, che aveva il Salone che affacciava sulla piazza e li ci furono tantissimi che sperimentarono la comodità di quelle sedute.
Un’altra volta murarono proprio la porta di quel famoso Salone. Io ho pensato che l’avessero fatto per conservare quel luogo all’ammirazione dei posteri, come la Piramide di Cheope.
Insomma la piazza con Giovanni diveniva luogo di giochi e di scherzi, di emozioni e di sentimenti, di legami “GUASCONI” che io stesso non ho potuto, né forse saputo, sperimentare.
Fatto sta che quei legami nati da quella complicità assoluta, totalizzante, permangono, sono presenti nell’aria della piazza del paese più bello del Mondo. Soprattutto nei pressi del sedile di Via Angelo Russo di fronte al Panificio Rollo e a Via Roma (oggi via Don Oronzo Margiotta).
Se vi fermate quando passaste nei pressi di quel sedile potete ancora vederlo, si potete vedere Giovanni, seduto li, con quegli amici di sempre, con quell’affetto e con lo sguardo di attento e acuto osservatore.
Vi restituisco una cosa che mi è accaduta. Ero alla Gum con mia moglie, si ero in quell’ iper mercato che non c’è più anche se c’è ancora lo stabile, i parcheggi e i cancelli. Vedo una confezione di Nutella formato MEGA GIGANTE, ho una reazione di chi dice: “LA VOGLIO!”.  Giovanni si trovava a passare proprio in quell’istante in cui stavo dicendo a mia moglie che dovevo avere assolutamente quella Nutella e lui colse “IL FANCIULLINO” che si era risvegliato in me e, pieno di meraviglia e con un tono di ammirazione, aprendo sulla sua faccia un cordiale sorriso, disse a sua moglie che era con lui: ” Na uarda sta face come li vagnuni” che significa ”Guarda si sta comportando come un bambino!”.
Non c’era critica o giudizio in quello che aveva detto, era una semplice osservazione, una constatazione di un dato di fatto. Ecco, Giovanni diceva quello che pensava, aveva il coraggio di dirlo, l’orgoglio di dirlo. Giovanni aveva la purezza di cuore necessaria per poterlo dire.
Io il 30 agosto sarò lontano dal paese più bello del Mondo ed ecco il mio modo di partecipare alla festa per Giovanni, davvero mi spiace molto non esserci, ma ci sarò in spirito, lo stesso spirito del fanciullino che Giovanni aveva osservato, quel giorno, alla Gum.


Antonio Bruno


Una precisazione da Giovanni Pascali:

None Antonio, il fulvino marrone era mio, Giovanni Saponaro ha avuto un fulvino, ma era rosso e nero e la sua mitica macchina è stato il ferro da stiro della citroen. Ma tie sti picchi alla chiazza?

Commenti

Post popolari in questo blog

Gli esami di Stato del 1976

MESCIU ANTONIU LETTERE MEJU CU LU TIENI COMU AMICU...

Il pensiero filosofico di Humberto Maturana: l'autopoiesi come fondamento della scienza