Nu postu? Ritorno a casa in autostop, passaggio in ariasana verso San Cesario.


"Ora non è il momento di pensare a quello che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che hai." (Ernest Hemingway - Il vecchio e il mare)


Mi è capitato più volte in questi 15 anni da quando ho fatto ritorno nel paese più bello del Mondo di notare la stazione di servizio Agip che sta all’incrocio della Prefettura.
Mi spiego meglio. Se da San Cesario vai a Lecce superato il ponte della ferrovia e superato l’incrocio che porta prima alla “piccola” e poi alla Stazione ferroviaria; arrivi a quello che una volta era l’incrocio con Viale Gallipoli alla tua sinistra e poi in senso orario Viale Lo Re, Viale Otranto per finire in Viale Marche.
Tutto chiaro? Adesso ci hanno fatto un rondò e l’Agip non è più tale ma è divenuta Q8.

Perché mi sono così diffuso nel dire dov’è questa stazione di servizio? direte giustamente voi cari affezionati lettori di Cronache. E’ perché io negli ultimi 15 anni non ho mai visto nessun “sancisarianu” adolescente che mi ha chiesto “nu postu?”.
Non fraintendete, il posto altro non è che un passaggio chiesto a un conducente “sancisarianu” che in auto torna nel paese più bello del Mondo. Si tratta in definitiva di ragazzi che fanno l’autostop.
Non ce ne sono più da anni.
Eppure era davvero l’occasione per far incontrare le generazioni. Durante il periodo della scuola superiore negli anni 70 capitava spesso che non si entrasse a scuola per le ragioni più varie. Molto gettonato era il Vietnam nel quale in quegli anni imperversava una guerra degli Americani USA contro i Vietcong guidati da Ho Ci Min. Non c’era serata nel Telegiornale in Tv in cui mancasse il resoconto di quella guerra che avveniva sull’altra faccia della terra.
Si scioperava anche per altri motivi ad esempio perché mancava il gasolio del riscaldamento e la scuola era fredda. Si scioperava per il rinnovo del contratto di lavoro dei minatori del Sulcis. Si scioperava. Ecco diciamo che spesso si scioperava.
Allora invece di attendere la corriera della Sud Est nella stazione che allora era in Via Duca degli Abruzzi ecco che noi ragazzi andavamo a chiedere un passaggio per il paese più bello del Mondo appostandoci come falchi al margine della strada che confinava con la stazione di servizio facendo segni con il pollice verso l’esterno del corpo o con l’indice come quando si chiede la parola.
Accadeva che “li sancisariani” si fermassero e a quel punto aprissero il finestrino di destra. Ed ecco una corsa dei primi quattro che riuscivano a raggiungere l’auto e la richiesta del primo arrivato “a San Cesario?”. Molte volte erano più di quattro e il quinto intrepido, tentava di entarre anche lui. Il proprietario dell’auto però si scherniva, per i carabinieri, per non incorrere in una infrazione e quindi per non pagare una multa era costretto a lasciarlo li.
Il poveretto se ne tornava al ciglio della strada nella speranza di una nuova occasione.
Accadeva che ci fosse qualcuno che era diretto a Galatina e che ci avrebbe lasciato sulla Circonvallazione. Ma i più erano “sancisariani”.
Una volta entrati e superarti i primi attimi di imbarazzo ecco che arrivava inevitabile la domanda delle cento pistole ovvero “ te ci si fiju?” che sarebbe "chi è tuo padre?".
La risposta non era facile perché il cognome e il nome non servivano a granché. Dopo inutili tentativi solo con l’indicazione dell’indirizzo e “te lu ngiuru” si sarebbe raggiunto lo scopo di informare della nostra identità il generoso autista.
E poi l’aneddotica, le narrazioni delle parentele, delle amicizie comuni. Insomma vere e proprie relazioni inter generazionali che concorrevano alla conoscenza tra vecchi e giovani, tra lavoratori e studenti.
Avete letto? E i nostri figli? Ma certo come fanno a chiederci un passaggio se sono i nostri passeggeri. Voglio dire che o sono provvisti di mezzo di trasporto proprio oppure ci sono mamme volenterose e papà disponibili che provvedono al servizio taxi ogni giorno, oltre al solito servizio della sud est.
Nostalgico, non gliene va bene una di quelle che facciamo. E’ come se ti vedessi giovane e barbuto amico (avete notato che hanno tutti la barba salvo poi a depilarsi?) mentre numble numble mediti le mie parole.
Eppure ti assicuro che anche tornare a casa così è stata un avventura, tutta la mia vita è stata un’avventura, ogni istante vissuto, ogni persona incontrata, ogni storia ascoltata mi hanno reso ciò che sono al punto che mi vengono in mente le parole di Jorge Luis Borges «Non sono sicuro che io esista, in realtà. Sono tutti gli scrittori che ho letto, tutte le persone che ho incontrato, tutte le donne che ho amato, tutte le città che ho visitato».

Antonio Bruno

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